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Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici A. Londero, P. Avan, P. Bonfils L’acufene è una percezione uditiva «parassita» la cui natura può essere oggettiva o soggettiva. A volte si associa a un’iperacusia. Ogni acufene impone una valutazione diagnostica il cui scopo è quello di determinare un’eventuale eziologia specifica che richiede una terapia adeguata alla patologia sottostante, ma anche di escludere un’eventuale eziologia grave. Tuttavia, la maggior parte degli acufeni è di natura essenziale. L’evoluzione naturale del sintomo «acufene» dovrebbe portare all’adattamento e alla noncuranza. Attualmente, in assenza di un trattamento curativo degli acufeni essenziali, la presa in carico dei pazienti è ancora difficile e sottoposta a molte incertezze e insufficienze. È altrettanto importante che essa sia basata su ipotesi fisiopatologiche consistenti e validate sperimentalmente. In futuro si dovrebbe instaurare una collaborazione fruttuosa tra medici di orizzonti differenti (otorinolaringoiatri, neurologi, psichiatri, psicologi e audioprotesisti), eventualmente raggruppati in strutture multidisciplinari paragonabili a quelle dedicate ai pazienti con dolore cronico (i centri del dolore). I trattamenti attuali hanno l’obiettivo principale di favorire i processi naturali di adattamento. È il caso della tinnitus retraining therapy (TRT, Jastreboff e Hazell) e delle terapie cognitive e comportamentali. Il ruolo dei trattamenti farmacologici è limitato; i farmaci con autorizzazione di immissione sul mercato con un’indicazione che comporti la parola «acufeni» hanno un’indicazione che è ancora da chiarire. Oggi sono in corso di studio molte nuove modalità promettenti di presa in carico. © 2009 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.
Parole chiave: Acufeni; Acufenometria; Tinnitus retraining therapy; Terapia cognitiva e comportamentale; Neuro-feedback; Neurostimolazione corticale; Stimolazione magnetica transcranica ripetuta
Struttura dell’articolo ¶ Introduzione
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¶ Definizioni
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¶ Epidemiologia
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¶ Studio clinico degli acufeni Anamnesi Esame clinico Acufeni oggettivi Acufeni soggettivi Casi particolari
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¶ Trattamento Farmaci Tecniche protesiche, tinnitus retraining therapy (TRT) Stimolazione elettrica Terapia cognitiva e comportamentale (TCC) Prospettive future
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¶ Conclusioni
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■ Introduzione Il sistema uditivo è un sistema complesso di trattamento del segnale che comporta un sistema di trasmissione/amplificazione meccanica del suono (l’orecchio esterno e l’orecchio medio), un trasduttore (l’orecchio interno) e un insieme di strutture Otorinolaringoiatria
cerebrali, sottocorticali e corticali, che permettono la percezione cosciente, l’integrazione emotiva e la memorizzazione dell’informazione sonora [1]. L’acufene è una percezione uditiva di natura «parassita» le cui caratteristiche fisiche e psicoacustiche sono molto variabili. L’acufene può essere in rapporto con la percezione, da parte di un paziente con un udito in genere normale, di un rumore organico reale creato dal proprio organismo: si parla allora di «acufene oggettivo». Un tale acufene può essere registrato. Molto più frequentemente, l’acufene corrisponde alla percezione di un segnale percepito unicamente dal soggetto: si parla allora di «acufene soggettivo». L’acufene non può essere allora registrato perché non ha alcun rapporto con una fonte sonora interna o esterna. Comparendo nell’evoluzione di numerose patologie uditive o neurologiche, l’acufene soggettivo testimonia la presenza di una lesione o di una disfunzione che interessa una delle strutture del sistema uditivo periferico o centrale [2]. L’iperacusia è un’intolleranza ai suoni circostanti; è spesso associata all’acufene. Si fonda presumibilmente su basi fisiopatologiche vicine e aumenta il disagio dei pazienti portandoli a evitare i rumori dell’ambiente alla ricerca illusoria di un mondo silenzioso, in apparenza calmante, ma che aggrava il loro sintomo facendo percepire loro l’acufene più intensamente per l’aumento del rapporto segnale/rumore [3] . Ogni acufene richiede un iter diagnostico per determinare un’eventuale eziologia specifica che richiede una terapia adeguata alla patologia sottostante, ma anche per escludere un’eventuale
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I – 20-180-B-10 ¶ Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici
eziologia grave. Tuttavia, nella maggior parte dei casi l’otorinolaringoiatra (ORL) resta alla diagnosi di acufene essenziale o da postumi. L’evoluzione naturale del sintomo «acufene» generalmente porta all’adattamento e alla noncuranza. È quello che si osserva quotidianamente quando un paziente, che consulta un medico per una sordità, dichiara di presentare acufeni poco fastidiosi con i quali «vive» da lungo tempo una vita «normale». L’ORL è però spesso interpellato da pazienti che si consultano per acufeni divenuti intrusivi, che alterano in maniera più o meno considerevole la loro qualità di vita. Sono questi pazienti, a volte estremamente colpiti, che richiedono una gestione terapeutica specifica. Di fronte alla mancanza attuale di un trattamento eziologico efficiente, la presa in carico dei pazienti con acufeni essenziali è ancora difficile e sottoposta a molte incertezze e insufficienze. Deve comunque essere basata su ipotesi fisiopatologiche consistenti e validate sperimentalmente [4]. Questo approccio terapeutico è sviluppato meglio sulla base di una collaborazione fruttuosa tra medici e paramedici di orizzonti differenti (ORL, neurologi, psichiatri, psicologi, audioprotesisti, specialisti del sonno), eventualmente raggruppati in strutture multidisciplinari paragonabili a quelle dedicate ai pazienti con dolore cronico (i centri del dolore). In assenza di una terapia medica o chirurgica convalidata che permetta la scomparsa degli acufeni essenziali, la terapia ha come principale obiettivo quello di favorire i processi naturali di adattamento [5-8] . Nuove vie di ricerca dovrebbero permettere di proporre ai pazienti trattamenti eziologici che tendano ad agire direttamente sul sistema uditivo periferico dove generalmente ha sede il danno iniziale (lesione della coclea oppure del nervo uditivo) o sulle strutture cerebrali responsabili, in ultimo, della percezione acufenica invalidante [9].
■ Definizioni La definizione di acufene data nei dizionari è «sensazione uditiva percepita in assenza di qualsiasi stimolazione esterna all’organismo». Come indica il rapporto della società francese di ORL diretta da Meyer [2] , l’etimologia del termine è greca, composta a partire da akouein, ascoltare e phaïnein, apparire. Questo sottintende che l’acufene è un fenomeno uditivo aberrante, un evento straordinario che conduce colui che se ne lamenta ad avere una percezione sonora, generata interiormente, e che, anche se priva di senso, occupa la sua coscienza in maniera involontaria. Segnaliamo che il termine inglese corrispondente, tinnitus, è di origine latina, e precisamente dal verbo tinnire (suonare). Questa definizione suggerisce che la stimolazione sonora abnorme, o il substrato fisiopatologico dell’acufene, siano non soltanto interni all’organismo, ma di natura non acustica. Sfortunatamente, essa esclude qualsiasi percezione o manifestazione patologica secondaria alla presenza nell’ambiente di suoni dello spettro udibile (ovvero di infra- o ultrasuoni) o di campi elettromagnetici. Ecco perché, secondo la classificazione di riferimento di Shulman [10], il termine «acufene» può essere applicato: • alla percezione dei suoni creati nell’organismo sotto forma di onde di pressione acustiche trasmesse per via aerea o per via ossea a un sistema uditivo funzionale che non fa che percepire e analizzare questo segnale anormale. Si può, allora, trattare di uno scricchiolio articolare, di un soffio vascolare, di uno schiocco muscolare ecc. Si parla allora di acufene «oggettivo», perché il segnale sonoro percepito può essere registrato. Si collegano a questi acufeni oggettivi, la cui causa è situata fuori dal sistema uditivo, i casi molto rari di percezione di un’otoemissione acustica spontanea, poiché il segnale acustico aberrante è anch’esso registrabile, nel condotto uditivo esterno sotto forma di un’onda sonora nella gamma di frequenza compresa tra 700 e 8 000 Hertz [11-13]; • alla percezione uditiva che deriva da una disfunzione del sistema uditivo senza una stimolazione sonora interna o
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esterna. In questo caso si tratta di un’iperattività anomala oppure di una riorganizzazione funzionale patologica delle vie uditive periferiche e/o centrali che costituisce il correlato neurofisiologico della percezione uditiva descritta dal paziente [4, 14, 15]. Si possono, inoltre, scindere gli acufeni soggettivi in acufeni la cui causa è puramente otologica e in quelli la cui causa è otoneurologica [2]. La diagnosi differenziale degli acufeni si pone fin dalla loro definizione. È generalmente di base; citiamo: le allucinazioni che si verificano in un contesto psichiatrico dissociativo con attribuzione di un valore cognitivo, spesso minaccioso oppure mistico, alla percezione uditiva aberrante, le allucinazioni musicali (melodia strutturata intesa in modo ricorrente), non psichiatriche, che si manifestano spesso nei soggetti anziani che presentano una sordità grave e gli attacchi di epilessia temporale che iniziano con un’aura uditiva. L’anamnesi e la valutazione neurologica e psichiatrica permettono di riformulare rapidamente la diagnosi [2, 16-18].
■ Epidemiologia La percezione di acufeni in un ambiente sonoro molto attenuato è frequente e presente in circa il 70% dei soggetti normali [2, 3]. È un’esperienza sorprendente per l’ORL, che si mette in una cabina insonorizzata ad alta prestazione, percepire i propri acufeni, perfettamente inudibili in un ambiente sonoro normale. Qui ci occuperemo solo degli acufeni patologici, cioè percepiti in un ambiente sonoro normale della vita quotidiana e, quindi, originati da un disturbo funzionale. I dati epidemiologici pubblicati negli ultimi 10 anni sottolineano la forte prevalenza degli acufeni [19-23]. Nel Regno Unito il 10% della popolazione adulta percepisce un acufene. In Germania il 5% degli adulti interrogati dichiara di avere degli acufeni fastidiosi, l’1% degli adulti li considera invalidanti e circa lo 0,5% non può più avere una vita normale [19]. La quasi totalità dei pazienti interrogati (93%) afferma che l’elemento più nefasto è il disinteresse dei medici per il loro sintomo. Quasi il 40% dei pazienti avrebbe, in un dato momento, sofferto di iperacusia e più dell’85% ha una sordità associata all’acufene il cui grado è variabile e va dal semplice e banale scotoma sulle alte frequenze alla cofosi. In Francia, un’indagine ristretta a una popolazione della regione di Nizza ha fornito dei risultati simili [2]. Si può quindi ragionevolmente considerare che circa un decimo della popolazione adulta dei paesi sviluppati vive con degli acufeni. L’estrapolazione dei risultati europei alla popolazione francese dà le seguenti cifre: secondo il criterio di gravità ritenuto, 2-6 milioni di francesi avrebbero degli acufeni e, di questi, 300 000 sarebbero molto disturbati nella vita quotidiana, e più di 150 000 nuovi casi di pazienti con acufeni si dichiarano ogni anno. La forte prevalenza degli acufeni nella popolazione permette di collocarli nelle malattie di grande frequenza come l’ipertensione arteriosa (incidenza del 15% in Francia) o il diabete (incidenza del 4% in Francia) [2].
■ Studio clinico degli acufeni Ogni paziente con acufeni deve avere un esame otologico il cui scopo è quello di cercare un’eziologia del sintomo come un’eziologia trattabile, in particolare una patologia del sistema uditivo periferico. Questo studio clinico deve implicare un’anamnesi precisa, un esame clinico otologico e otoneurologico e gli esami complementari, tra i quali alcuni sono sistematici (audiogramma tonale) e altri realizzati in funzione del contesto clinico.
Anamnesi Raccolta dei segni funzionali La raccolta dell’anamnesi è una fase fondamentale della visita. Permette di escludere le diagnosi differenziali quali le Otorinolaringoiatria
Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici ¶ I – 20-180-B-10
allucinazioni uditive. Il paziente deve liberamente descrivere il suo acufene oggettivo o soggettivo. L’acufene può essere percepito o in un solo orecchio o in entrambi o in modo più diffuso e mal localizzato all’interno del cranio. La sua tonalità è variabile, percepita come un fischio, un ronzio o un sibilo con, talvolta, fluttuazioni importanti, in particolare quando il segnale è complesso. Si può utilizzare un confronto con dei rumori comuni. Può essere stimata l’intensità soggettiva dell’acufene [23]. L’anamnesi fornisce anche informazioni sulla data di comparsa dell’acufene; un acufene è definito come cronico se è presente da più di 6 mesi [2] . Devono essere precisati le circostanze della comparsa e il profilo evolutivo dell’acufene. Lo stesso vale per i fattori in grado di modulare la percezione dell’acufene come esposizione sonora, assunzione di farmaci, stress, fatica, alcuni movimenti orofacciali o cervicali, il sonno o il risveglio [24] . Infine, l’anamnesi permette di raccogliere la storia dei precedenti medici e chirurgici, in particolare otologici, del paziente [2]. L’acufene è, talvolta, l’unico sintomo uditivo, ma il più delle volte è associato ad altri sintomi correlati più o meno invalidanti. È il caso dell’ipoacusia, dell’iperacusia, delle vertigini o dei disturbi dell’equilibrio. Più dell’80% dei pazienti che si consulta per degli acufeni ha un audiogramma anormale. In caso di acufene unilaterale, generalmente si ritrova la perdita uditiva riscontrata dal lato dell’acufene. Esiste anche una relazione tra la tonalità dell’acufene e il profilo frequenziale della perdita uditiva associata [25]. Invece, l’intensità dell’acufene, valutata soggettivamente dal paziente, non sembra direttamente legata all’importanza del deficit uditivo; questa intensità (misurata in decibel hearing levels [dB HL]) supera solo di pochi decibel la soglia uditiva del paziente sulle frequenze dell’acufene. Questa debole intensità reale dell’acufene contrasta con il disagio maggiore a volte sentito dai pazienti. L’iperacusia [26, 27] colpirebbe fino al 40% dei pazienti con acufeni. Viene percepita come un’intolleranza, perfino come un vero dolore, in caso di stimoli sonori che possono essere considerati «normali» da soggetti sani. In alcuni casi l’iperacusia può provocare un fenomeno di ripiegamento del paziente in un ambiente sonoro artificialmente impoverito per l’uso sistematico di protezioni uditive (tappi, caschi) e per l’isolamento nei confronti di qualsiasi fonte rumorosa (telefono, rumori domestici, rumori del traffico ecc.). Si osserva talvolta, associato al’iperacusia, un comportamento fonofobico che associa reazioni di anticipazione e di evitamento di tipo ansioso di fronte ai rumori. L’iperacusia e la fonofobia sono distinte dal fenomeno fisiologico o fisiopatologico di reclutamento [28] che manifesta una disfunzione delle cellule ciliate esterne nei casi di sordità di percezione endococleari. Infine, si possono osservare delle vertigini, in particolare nelle patologie pressorie dell’orecchio interno, quali la malattia di Menière [29].
Questionari di valutazione [2, 30-34] Non esiste, ad oggi, alcun test che permetta una misurazione obiettiva dell’intensità percepita dell’acufene e del fastidio indotto. Questa grande difficoltà nel valutare la gravità del sintomo e le sue conseguenze hanno indotto a mettere a punto degli strumenti standardizzati: i questionari calibrati e validati di cui esistono diversi esempi, tanto in lingua inglese che in lingua francese. In lingua francese (Tabelle 1 e 2), si possono usare la scala di gravità (questionario che comporta 16 criteri), la scala di distress (su 26 criteri), la scala di handicap (su 27 criteri) e la scala di sensibilità uditiva (su 14 criteri). In maniera alternativa o complementare, si può anche utilizzare una scala visiva analogica (SVA) la quale, in risposta a una domanda precisa, numera su una scala da 0 a 10 o da 0 a 100 l’importanza di un criterio come l’intensità di percezione dell’acufene, il livello del disturbo indotto e il grado dell’iperacusia. Queste misure permettono di quantificare in modo riproducibile, sebbene soggettivo, la gravità e la tolleranza di un acufene. Accanto a questi questionari specifici sull’acufene e sulla sua tolleranza, esistono questionari che mirano a valutare lo stato psicologico del paziente. È il caso della scala ospedaliera di ansia Otorinolaringoiatria
Tabella 1. Esempio di questionario di valutazione dell’acufene. Scala soggettiva della gravità dell’acufene: questionario di gravità (secondo Meric et al. [31]). Istruzioni ai pazienti: rispondere con «sì» o «no». Criteri del questionario
Sì
No
1- Le succede di avere difficoltà a concentrarsi a causa dell’acufene? 2- È quasi costantemente conscio(a) della presenza dell’acufene? 3- Il Suo acufene la disturba nelle attività fisiche come vestirsi o lavorare in giardino? 4- Il Suo acufene la disturba nell’addormentarsi? 5- Potrebbe dire che generalmente l’acufene non La disturba? 6- Le succede di passare alcune ore senza accorgersi dell’acufene? 7- L’acufene è molto rumoroso? 8- Le succede di averne abbastanza dell’acufene? 9- Le succede spesso di passare un giorno o più senza acufene? 10- Dimentica spesso l’acufene quando è occupato(a)? 11- L’acufene è presente almeno per una parte di ogni giorno? 12- L’acufene le impedisce di rilassarsi? 13- Anche se il Suo acufene è molto angoscioso, potrebbe dire che non La deprime? 14- Parla spesso dei problemi che l’acufene causa agli altri? 15- È abituale che l’acufene La disturbi quando prova a leggere o a guardare la televisione? 16- Potrebbe dire che la vita sarebbe più piacevole se non avesse l’acufene? Calcolo del punteggio e interpretazione: la risposta «sì» alle domande 1, 2, 3, 4, 7, 8, 11, 12, 14, 15, 16 aggiunge 1 punto al punteggio. La risposta «no» alle domande 5, 6, 9, 10, 13 aggiunge 1 punto al punteggio. Si ottiene un punteggio totale su 16. Un punteggio superiore o uguale a 12 definisce un acufene grave. Un punteggio compreso tra 8 e 11 definisce un acufene moderato. Un punteggio inferiore a 8 definisce un acufene leggero.
e depressione (questionario su 14 criteri), che permette di rivelare un distress psicologico importante offrendo così a un medico la cui specialità non è la psichiatria o la psicologia la possibilità di giudicare l’opportunità di una consulenza psichiatrica. Questi questionari possono essere riempiti prima della visita e poi semplicemente validati o completati durante la consultazione. Basandosi sui dati numerici derivati da questi questionari, l’ORL può apprezzare l’evoluzione del (o dei) sintomo(i) uditivo(i), così come l’effetto delle terapie iniziate. Anche se conferiscono un’immagine parziale e incompleta dello stato clinico del paziente, questi questionari rappresentano, in mancanza di una misurazione oggettiva, uno strumento di ricerca clinica essenziale che permette di valutare e di confrontare i risultati ottenuti dalle diverse equipe e dai vari trattamenti nelle pubblicazioni referenziate [2].
Esame clinico L’esame clinico è una fase importante della diagnosi. Esso comporta sistematicamente un esame otoscopico, eseguito meglio sotto il microscopio binoculare, un’audiometria e un esame otoneurologico. È l’elemento chiave che permette di orientare la diagnosi eziologica verso una patologia dell’orecchio esterno o dell’orecchio medio. Tuttavia, non ci si accontenterà di un esame obiettivo e degli esami di laboratorio sono sempre necessari, in particolare un esame audiometrico per precisare lo stato uditivo del paziente. La consulenza di un ORL in presenza di un paziente con acufeni deve rappresentare la regola. La strategia diagnostica (poi terapeutica) varia notevolmente in funzione del tipo di acufene osservato. Fin dall’inizio è essenziale distinguere gli acufeni oggettivi dagli acufeni soggettivi.
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I – 20-180-B-10 ¶ Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici
Tabella 2. Esempio di questionario di valutazione dell’acufene. Misurazione dell’handicap legato all’acufene: questionario dell’handicap (secondo Meric et al. [32]). Istruzioni ai pazienti: fare una nota per ognuna delle seguenti frasi. Questa nota, compresa tra 0 e 100, deve rappresentare quanto è d’accordo con la frase proposta: 0 se non è affatto d’accordo, 100 se è pienamente d’accordo; sono autorizzate tutte le annotazioni intermedie. Criteri del questionario
Nota
1- Il mio acufene mi impedisce di apprezzare la vita 2- Il mio acufene peggiora con gli anni 3- Il mio acufene mi disturba nel dire da dove vengono i suoni 4- Durante le riunioni il mio acufene mi impedisce di seguire la conversazione 5- Evito gli ambienti rumorosi a causa del mio acufene 6- Quando discuto con qualcuno in un luogo rumoroso, il mio acufene mi disturba nel comprendere quello che mi si dice 7- Sono a disagio nelle relazioni sociali a causa del mio acufene 8- La maggior parte della gente ignora il carattere devastatore degli acufeni 9- Il mio acufene mi impedisce di concentrarmi 10- Gli acufeni provocano problemi familiari 11- Il mio acufene mi rende depresso(a) 12- Trovo difficile spiegare agli altri cos’è un acufene 13- L’acufene provoca lo stress 14- Il mio acufene mi impedisce di rilassarmi 15- Mi lamento di più a causa del mio acufene 16- Il mio acufene mi disturba nell’addormentarmi 17- Il mio acufene mi dà una sensazione di affaticamento 18- Il mio acufene mi dà una sensazione di insicurezza 19- Il mio acufene contribuisce a una sensazione di cattiva salute 20- Il mio acufene si ripercuote sulla qualità delle mie relazioni con gli altri 21- Il mio acufene ha diminuito la mia capacità di comprendere quello che si dice 22- Il mio acufene mi dà una sensazione di contrarietà 23- Quando guardo la televisione, il mio acufene mi disturba nel capire quello che viene detto 24- Il mio acufene mi rende ansioso 25- Il mio modo di vedere gli acufeni è sano 26- Per quanto riguarda il mio acufene, i miei amici mi sostengono moralmente 27- Mi sento spesso frustrato(a) a causa del mio acufene Calcolo del punteggio e interpretazione: per calcolare il punteggio globale di questo questionario, si sommano direttamente i punteggi di tutte le affermazioni, eccetto quelli delle affermazioni 25 e 26 che sono riportati a 100 prima di essere sommati. Si ottiene un punteggio su 2 700 che può essere riportato a 100 con una semplice divisione per 27.
Acufeni oggettivi Gli acufeni oggettivi possono essere sentiti dal medico (stetoscopio, registrazione mediante sonda di otoemissione) e, talvolta, anche dalle persone vicine. Sono rari e rappresentano meno del 5% degli acufeni. Si distinguono gli acufeni pulsanti e gli acufeni non pulsanti [2, 35-37].
sonoro. Eseguendo manovre di compressione, si può orientare la diagnosi: la compressione giugulare può calmare un acufene di origine venosa e la pressione mastoidea può far cessare un acufene legato a una fistola durale (Fig. 1). L’esame otoscopico al microscopio ricerca un tumore vascolare dell’orecchio come un chemodectoma (Fig. 2) o qualsiasi altro tumore dell’orecchio medio (Fig. 3) [38, 39]. La visualizzazione della sorgente sonora che genera l’acufene si basa, nella maggior parte dei casi, su un esame radiologico o neuroradiologico. La valutazione radiologica comporta un’esplorazione cerebrale e dei meati uditivi interni in risonanza magnetica (RMN), che può essere completata da un’angio-RMN dei vasi cervicali e intracranici. In funzione dei dati clinici e delle ipotesi diagnostiche, possono completare il bilancio radiologico un ecodoppler dei vasi del collo e transcranico o un esame tomodensitometrico della rocca (in particolare per ricercare un’anomalia del golfo giugulare, come un’ectasia o un aneurisma). Tuttavia, solo l’arteriografia, realizzata in un ambiente neuroradiologico, permette di realizzare un’eventuale embolizzazione delle anomalie arterovenose, come le fistole durali (Fig. 1, Tabella 3) [2, 40, 41].
Acufeni oggettivi asincroni al polso Più raramente, l’acufene può essere percepito come un click o come uno schiocco senza alcun rapporto con il ritmo cardiaco. È generalmente dovuto a una contrazione muscolare anomala che può interessare la muscolatura del velo palatino e perifaringeo (visualizzazione con una fibroscopia rinolaringea di una contrazione del velo del palato sincrona all’acufene) oppure la muscolatura dell’orecchio medio come il muscolo stapedio o il muscolo tensore del martello. La diagnosi è formulata mettendo in evidenza (al microscopio o grazie a un’impedenziometria) dei movimenti anomali del timpano sincroni all’acufene. Dopo un bilancio neurologico che ricerca una causa centrale, il trattamento richiede una gestione specialistica medica (iniezione della tossina botulinica) o chirurgica (sezione dei muscoli dell’orecchio medio, Tabella 4) [42, 43].
Acufeni soggettivi Gli acufeni soggettivi sono quelli più frequenti (95% dei casi) [2]. Sono inudibili da parte del medico e sono percepiti solo dal paziente. Non sono registrabili perché non sono associati a un’onda sonora pressoria. Le loro eziologie sono numerose, il che implica, in funzione di ciascuna ipotesi fisiopatologica suggerita, di orientare l’iter diagnostico con la prescrizione di esami diagnostici adatti (Tabella 5) [2]. L’esame clinico include un esame ORL e otoneurologico classico, una valutazione delle articolazioni temporomandibolari e della statica cervicale e l’auscultazione degli assi arterovenosi cervicali. Questo esame clinico deve essere sistematicamente completato da un audiogramma tonale e vocale, così come dai test necessari per quantificare certe anomalie uditive e vestibolari associate, come l’iperacusia (misurazione delle soglie di disagio) o le vertigini (prove vestibolari strumentali). L’acufenometria permette di valutare le caratteristiche psicoacustiche dell’acufene, come il suo spettro e la sua intensità. Può essere automatica secondo un protocollo standardizzato che definisce precisamente le caratteristiche spettrali dell’acufene e della perdita uditiva associata [26].
Esami audiovestibolari Acufeni oggettivi pulsanti sincroni al polso La messa in evidenza di un acufene la cui pulsazione segue il ritmo cardiaco orienta verso un rumore di origine vascolare, trasmesso all’orecchio. Questo acufene pulsante è permanente oppure scatenato da una posizione particolare della testa o aggravato da un’attività come lo sforzo fisico. Può essere sistolico, oppure sia sistolico che diastolico. L’auscultazione accurata dell’orecchio, seguita da quella dei vasi del collo e del cranio, è indispensabile per scoprire l’origine del focolaio
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L’audiometria tonale e vocale è indispensabile nel bilancio iniziale di un acufene. Può mettere in evidenza un deficit uditivo di gravità estremamente variabile in più dell’80% dei pazienti. I potenziali evocati uditivi precoci e gli esami vestibolari sono realizzati in funzione dei segni clinici e del risultato dell’audiogramma. L’Audioscan® e l’audiometria ad alte frequenze sono, a volte, utilizzati per mettere in evidenza un deficit uditivo sullo spettro non esplorato di solito con l’audiometria convenzionale (frequenze da 8 a 20 kHz) [44]. L’interesse Otorinolaringoiatria
Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici ¶ I – 20-180-B-10
Figura 1.
Fistola durale rivelata da un acufene (radiografie Dott. Cyna-Gorse, da A a D).
Figura 2. Chemodectoma timpanico rivelato da un acufene pulsante unilaterale. A. Vista otoscopica. B. Vista chirurgica dopo aver reclinato il lembo timpanomeatale.
a registrare delle otoemissioni acustiche spontanee o provocate e dei prodotti di distorsione acustica, in particolare nel quadro di acufeni ad audiogramma normale, non è chiaramente definito.
Acufenometria L’acufenometria, che è stata realizzata con la collaborazione del paziente, permette di definire meglio le caratteristiche di sonia (intensità) e di tonia (spettro frequenziale) dell’acufene rispetto a suoni esterni generati da un audiometro convenzionale (frequenze pure o rumori bianchi in banda stretta). Otorinolaringoiatria
È un test soggettivo, spesso difficile da realizzare perché i suoni utilizzati sono raramente simili all’acufene. Il paziente può tuttavia constatare in generale che l’intensità dell’acufene supera solo di circa 10 dB la sua soglia uditiva sulle frequenze corrispondenti [45]. Può anche notare che un rumore bianco centrato su frequenze vicine all’acufene permette di attenuarne l’intensità sentita, con un effetto di mascheramento residuale che può persistere per diversi minuti [46]. Può anche essere ricercata la soglia di disagio; è un buon riflesso della gravità dell’iperacusia (Tabella 6) [2]. Occorre tuttavia sottolineare che l’acufenometria dà risultati molto variabili in uno stesso
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I – 20-180-B-10 ¶ Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici
Tabella 4. Eziologie degli acufeni oggettivi non pulsanti. Beanza tubarica
Autofonia, acufene sincrono alla respirazione e che scompare in un’apnea Terapia sintomatica
Mioclono del velo
Acufene tipo «click» Fibroscopia per visualizzare la contrazione del velo palatino sincrona all’acufene Imaging mediante risonanza magnetica cerebrale per ricercare una lesione del complesso dento-olivare Terapia: iniezione di tossina botulinica
Mioclono del muscolo tensore del timpano o del muscolo della staffa
Acufene tipo «click»
Otoemissione acustica spontanea
Esame audiometrico normale
Impedenziometria: mobilità timpanica sincrona all’acufene Terapia: miorilassanti o sezione chirurgica del muscolo responsabile Raccolta delle otoemissioni spontanee di frequenza uguale a quella dell’acufene
Tabella 5. Eziologie degli acufeni soggettivi.
Figura 3. Tumore maligno (sarcoma) dell’orecchio medio rivelato da un acufene. Tagli assiale e coronale (A, B) che passano attraverso la cassa del timpano. Il timpano era rigorosamente normale e la lesione maligna è stata scoperta durante l’esame tomodensitometrico.
Orecchio esterno
Ostruzione del meato acustico esterno (tappo di cerume, esostosi, corpo estraneo, otite esterna)
Orecchio medio
Disfunzione tubarica Otite cronica non colesteatomatosica e colesteatomatosica Otosclerosi Malformazioni ossiculari
Tabella 3. Eziologie degli acufeni pulsanti. Lesione arteriosa carotidea o vertebrale
Orecchio interno
Trauma sonoro o barotrauma, fistola perilinfatica Sordità otossica: aminoglucosidi, aspirina, cisplatino, furosemide ecc.
Stenosi ateromatosa Ectopia del tragitto dell’arteria carotide interna
Labirintite virale o batterica Malattia di Ménière
Aneurisma intrapetroso
Malattia autoimmune (sindrome di Cogan)
Dissezione arteriosa Fistola arterovenosa
Anomalie del seno venoso
Sordità genetica isolata o sindromica
Fistola durale sopra- e sottotentoriale Altre fistole arteriovenose (carotidocarvernosa, vertebrovertebrale)
Sordità improvvisa idiopatica Nervo uditivo
Ectasia o aneurisma del golfo giugulare
Chemodectoma del glomo giugulare
Neuropatia uditiva Neuroborreliosi Centrale
Disturbo pressorio del liquido cerebrospinale
Altri tumori dell’orecchio medio Otosclerosi Malattia di Paget Loop arterioso del meato uditivo interno che comprime il nervo uditivo Disturbo pressorio del liquido cerebrospinale (ipertensione endocranica) Meningoencefalocele della cassa del timpano Deiscenza del canale semicircolare superiore Ipertensione arteriosa mal controllata Vascolare idiopatica
individuo, il che rende difficile l’uso diagnostico di questo esame. Una tale misura ha soprattutto un valore pedagogico e permette al paziente di capire meglio la qualità della sua percezione acufenica e le possibilità di mascheramento.
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Trauma cranico e cervicale Malattia neurodegenerativa
Paraganglioma del glomo carotideo Altro
Schwannoma del nervo vestibolare e altro tumore dell’angolo pontocerebellare Loop vascolare del meato acustico interno
Aneurisma del seno laterale Variante anatomica del seno venoso o trombosi venosa
Tumorale
Presbiacusia
Altre patologie
Malfunzionamento dell’articolazione temporomandibolare Malattia endocrina e metabolica
Esami radiografici Non hanno alcun carattere sistematico nell’iter diagnostico, anche se, in presenza di un acufene unilaterale (o di una sordità unilaterale), è abbastanza consueto prescriverli. Il loro scopo è quello di escludere un’eziologia grave come uno schwannoma vestibolare (Fig. 4) che imporrebbe una gestione specifica [47]. L’esame di riferimento è la RMN cerebrale (sequenza in immagini ponderate in T1 senza e con iniezione di gadolinio, sequenza in immagini ponderate in T2 in eco di gradiente volumetrico, sequenza in inversione recupero e sequenza di diffusione) con sezioni inframillimetriche centrate sui meati acustici interni [48-50]. L’esame tomodensitometrico delle rocche in sezioni millimetriche, assiale e coronale, permette, se Otorinolaringoiatria
Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici ¶ I – 20-180-B-10
Tabella 6. Acufenometria. Tecniche di acufenometria
Principio, metodo
Coincidenza frequenziale: tonia
In confronto con un suono puro o un rumore bianco in banda stretta
Intensità soggettiva: sonia
In confronto con la soglia uditiva sulla frequenza considerata (in genere da 5 a 10 dB HL)
Soglia di mascheramento (minimum masking level)
Valutazione della gravità dell’acufene e valutazione di un’eventuale inibizione residua
Soglia di disagio (loudness discomfort level)
Valutazione della gravità dell’iperacusia associata all’acufene
sono pubblicati pochi dati sulla frequenza di questo sintomo nella popolazione pediatrica. Nel 1972 Nodar [56] ha riportato, in una serie di 2 000 adolescenti di 11-18 anni, una frequenza di questo sintomo simile a quella osservata in letteratura nell’adulto: il 15%. Più recentemente, è stata pubblicata una prevalenza del 6%. Tuttavia, questa alta prevalenza è stata oggetto di discussione per la difficoltà di ottenere nel bambino una risposta affidabile [57-60]. Nella particolare popolazione dei bambini sordi la frequenza degli acufeni varia, in letteratura, fino al 30% [61, 62]. Le eziologie degli acufeni nel bambino sono state oggetto di pochi lavori. In più del 50% dei casi non è individuata nessuna eziologia. Le eziologie più frequenti sono l’emicrania, le sordità di percezione (trauma sonoro, Ménière) o di trasmissione (otite sieromucosa, otite cronica) e i tumori cerebrali. Uno studio recente ha insistito sul trauma sonoro come fattore scatenante di un acufene nel bambino [63]. La ripercussione dell’acufene sulla vita del bambino è simile a quella osservata nell’adulto: disturbi del sonno, ansia e disturbi dell’attenzione [64]. I trattamenti degli acufeni in pediatria sono poco standardizzati. La gestione cognitiva e comportamentale domina in letteratura [65, 66].
Acufeni dei musicisti
Figura 4. Aspetto in risonanza magnetica di uno schwannoma vestibolare rivelato da un acufene (radiografie Dott. Cyna-Gorse).
necessario, di completare la valutazione alla ricerca di lesioni ossee della rocca petrosa e della cassa del timpano (Fig. 3) oppure di anomalie ossiculari. Bisogna qui precisare che questo bilancio radiologico si rivela essere, di regola, normale e che spesso è poco contributivo per la diagnosi eziologica e per l’ulteriore iter terapeutico. Per evitare delle delusioni a certi pazienti che, con una grande aspettativa nei confronti delle cure, sperano in modo a volte irrazionale la scoperta di una «causa curabile» del loro acufene, si deve essere attenti a precisare sin dall’inizio l’obiettivo medico di questi esami radiologici. Tuttavia, anche se restano dominio della ricerca fondamentale, i nuovi metodi di imaging funzionale cerebrale (cartografia corticale elettroencefalografica, tomografia a emissione di positroni, RMN funzionale, magnetoencefalografia) permettono già di apportare prove oggettive dell’iperattività o della neuroplasticità delle vie uditive centrali come riflesso della percezione soggettiva dell’acufene [51-53].
Altri esami complementari Gli altri esami di laboratorio, come gli esami ematochimici (ricerca di una sindrome infiammatoria, esame dell’assetto lipidico, bilancio tiroideo ecc.) [54] , gli esami cardiologici (ecodoppler cervicale, Holter ecc.), gli esami reumatologici (radiografie standard, TC o RMN del rachide cervicale ecc.) o gli esami dentari e stomatologici (ortopanoramica dentale, imaging delle articolazioni mandibolari ecc.) [55], sono prescritti solo in presenza di segni clinici di orientamento e dopo un parere specialistico.
Casi particolari Acufeni del bambino La diagnosi di acufene nel bambino è difficile perché il bambino riferisce solo raramente la loro presenza. In letteratura Otorinolaringoiatria
La presenza di acufeni nei musicisti pone problemi particolari per la frequenza di questo sintomo e delle ripercussioni professionali che può generare. È stata studiata la prevalenza degli acufeni in questa particolare popolazione, specialmente nei musicisti classici che lavorano in orchestra. Così, Gabriels [67] ha valutato la frequenza di questo sintomo in tre riprese nella stessa orchestra. Tra il 17% e il 56% dei musicisti si lamentava di questo sintomo, la cui frequenza aumentava nel corso degli anni [68]. Sia che pratichino musica amplificata o che suonino in un’orchestra classica, come tutti i lavoratori esposti a intensità sonore forti i musicisti professionisti devono beneficiare di un follow-up uditivo e di consigli nei confronti dell’uso di protezioni uditive [69].
■ Trattamento Farmaci [70-77] In Francia solo due farmaci hanno l’autorizzazione di immissione in commercio (AIC) con l’indicazione «acufeni». L’indicazione , comunque molto limitata, perché la prescrizione è inquadrata con termini precisi. Si tratta della trimetazidina proposta per il trattamento «sintomatico di complemento di vertigini e acufeni» e dell’estratto di Gingko biloba (EGB 761) indicato nella «terapia di complemento di alcuni acufeni di presunta origine vascolare». Il termine «di complemento» dovrebbe essere discusso con onestà. Definisce «qualcosa che si aggiunge a un’altra cosa...». Quanto al termine «di presunta origine vascolare», esso lascia dubbiosi visto che le ipotesi fisiopatologiche degli acufeni sono attualmente lontane da tali concetti. Questo deficit di farmaci è tanto più significativo quanto più l’effetto placebo in materia di acufeni è importante, il che, d’altronde, spiega molto probabilmente i risultati favorevoli rivendicati dalle medicine alternative, dette «dolci», in questa indicazione specifica. Tuttavia, ricalcando la presa in carico degli acufeni acuti, in particolare dopo un trauma sonoro o pressorio, su quella, d’altronde spesso discussa, delle sordità improvvise idiopatiche, si può proporre il più presto possibile dopo la comparsa dell’acufene acuto una terapia per via orale con un corticosteroide di breve durata d’azione (equivalente prednisone o prednisolone) alla dose di 1 mg/kg/die secondo il principio della cura breve (una somministrazione unica la mattina, rispetto delle controindicazioni, assenza di dosi decrescenti). La messa in gioco di terapie più pesanti come il ricovero per trattamento endovenoso o l’ossigenoterapia iperbarica non si basa su alcun
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I – 20-180-B-10 ¶ Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici
Tabella 7. Elenco dei farmaci a volte utilizzati nel trattamento degli acufeni essenziali. Vasodilatatore
Trimetazidina Gingko biloba Piracetam Diidroergocristina Naftidrofuryl Altri vasodilatatori
Anticonvulsivanti
Clonazepam Carbamazepina
Ansiolitico
Benzodiazepina Sulpiride
Antidepressivo
Inibitori del reuptake della serotonina Clomipramina Amitriptilina
Ipnotico
Zopiclone Zolpidem Melatonina
Altri farmaci ad azione centrale
Piribedil
Antivertigini
D-leucina
Acamprosato Betaistina Flunarizina
Anestetici
Lidocaina endovenosa
Corticosteroidi
Via orale, endovenosa o transtimpanica
Osmotico
Glicerolo Mannitolo
Fitoterapia
Zinco e altri minerali Cimicifuga Hypericum perforatum
Se, anche nella pratica quotidiana, sono utilizzate molte molecole, la loro prescrizione spesso non è suffragata dai risultati di studi clinici ripetuti e basati su una metodologia identificata e convalidata. Si vuole insistere, in questa sede, sul fatto che la prescrizione fuori dal quadro legislativo di un’autorizzazione di immissione sul mercato di queste molecole, generalmente non prive di reazioni avverse e di rischi di dipendenza o di assuefazione, dovrebbe essere oggetto di un iter diagnostico scientifico di valutazione del rapporto beneficio/rischio in questa indicazione specifica.
consenso scientifico e merita di essere discussa caso per caso, in particolare in funzione dei dati audiometrici iniziali. In materia di acufene cronico, se molte molecole sono utilizzate nella pratica quotidiana per far fronte alla richiesta pressante dei pazienti, la loro prescrizione non è mai stata seriamente suffragata da studi clinici randomizzati vs placebo (Tabella 7). In Francia il clonazepam è una terapia spesso utilizzata al prezzo di effetti secondari importanti (sonnolenza). Nell’Europa settentrionale o negli Stati Uniti gli ansiolitici tipo benzodiazepine sono prescritti più spesso (tipo alprazolam o bromazepam), così come gli antidepressivi inibitori del reuptake della serotonina (tipo paroxetina). Si vuole insistere in questa sede sul fatto che la prescrizione al di fuori del quadro legislativo di un’AIC di queste molecole, generalmente non prive di reazioni avverse e di rischi di dipendenza o di assuefazione, dovrebbe essere oggetto di un iter scientifico di valutazione del rapporto beneficio/rischio in questa indicazione specifica.
Tecniche protesiche, tinnitus retraining therapy (TRT) Il mascheramento dell’acufene mediante suoni ambientali è raccomandato da millenni. I recenti progressi informatici e tecnologici permettono di creare in modo relativamente semplice dei suoni (rumore bianco, rumori bianchi filtrati, suoni naturali ecc.) adatti a ciascun paziente e di usare svariate fonti sonore (generatori di rumori, computer, microfoni, lettori CD o
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MP3 ecc.). Ecco perché l’arricchimento sonoro rappresenta una soluzione semplice ed efficace per migliorare la tolleranza all’acufene, favorirne la noncuranza e perfino, in rari casi, ottenere la scomparsa della sua percezione. Questi processi, detti di «terapia sonora», sono stati particolarmente sviluppati nel quadro della TRT, il cui principio si basa su un modello fisiopatologico originale di generazione di acufeni proposto da Jastreboff e Hazell [5, 78-81]. Secondo questo modello neurofisiologico, l’acufene cronico e il disturbo che ne risulta sono interpretati come provenienti soprattutto da una disfunzione globale e acquisita del sistema nervoso centrale che non si limita alle sole vie uditive. Il fenomeno sarebbe innescato da un processo patologico complesso che associa, in modo concomitante, una lesione uditiva e una reazione di stress. Sarebbe secondariamente mantenuto in maniera involontaria dall’attivazione patologica e persistente del sistema limbico (emozione, memorizzazione) e del sistema nervoso autonomo (attivazione di marker di stress e dello stato di vigilanza). La messa in gioco permanente di questi circuiti cerebrali extrauditivi spiegherebbe una presa di coscienza sempre più fastidiosa e invalidante dell’acufene in alcuni pazienti. Il protocollo terapeutico della TRT, che non comprende alcuna terapia farmacologica, è variabile in funzione dell’associazione clinica a un’ipoacusia o a un’iperacusia. Mira a favorire i processi naturali di «adattamento». L’adattamento corrisponde a un fenomeno neurofisiologico generale di plasticità cerebrale che permette di diminuire, e perfino di spegnere, l’attivazione centrale in presenza di un segnale persistente ma sprovvisto di senso e privo di carattere minaccioso [5]. Due modalità terapeutiche indissociabili sono state proposte nel quadro della TRT. In una prima parte l’acufene è oggetto di una sdrammatizzazione nel corso di colloqui informali durante i quali è spiegato il modello neurofisiologico. In una seconda fase viene utilizzata una terapia sonora. Si tratta di un’esposizione progressiva e prolungata a un ambiente sonoro arricchito, 8 ore al giorno per 12-24 mesi. Questo riadattamento permette anche di trattare un’iperacusia associata. La TRT è stata inizialmente sviluppata con l’impiego di generatori di rumori bianchi endoauricolari o di protesi uditive convenzionali che, amplificando le frequenze deficitarie, consentono ai rumori ambientali di agire come mascheratori. Oggi si dispone anche di molti altri sistemi di diffusione dei suoni (CD, MP3, programmi di sintesi sonora ecc.) sui quali è eventualmente possibile modulare lo spettro frequenziale per corrispondere alla perdita uditiva del paziente [82]. Tuttavia, in presenza di un deficit uditivo funzionale la presa in carico audioprotesica permette di fornire una risposta più efficace e più medica con l’adattamento di protesi uditive numeriche di ultima generazione associate o meno a un generatore di rumori bianchi endoauricolare, anche con l’uso di protesi osteointegrate (tipo BAHA®). In questo caso la terapia sonora deve essere considerata con la collaborazione di audioprotesisti abituati alla gestione di pazienti acufenici, perché l’obiettivo primario è, soprattutto in caso di iperacusia associata, quello di ottenere una buona tolleranza della protesi, il che richiede una collaborazione stretta e convergente tra l’ORL e l’audioprotesista per alcune regolazioni che possono essere lunghe e molto difficili da determinare [83].
Stimolazione elettrica L’analogia tra dolore cronico e acufeni [84, 85] ha portato a proporre diverse modalità di stimolazione elettrica in audiologia, con la stimolazione periferica transcutanea, con la stimolazione del promontorio o della finestra rotonda e, addirittura, con la stimolazione diretta del nervo cocleare [86-88]. I risultati sono incostanti. L’impianto cocleare, indicato in caso di sordità bilaterale profonda, può anche permettere di ottenere in due terzi circa dei pazienti impiantati una diminuzione dell’intensità percepita dell’acufene. Non c’è, tuttavia, ad oggi, alcuna indicazione specifica di impianto cocleare in caso di cofosi unilaterale con acufene [89, 90]. Otorinolaringoiatria
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Terapia cognitiva e comportamentale (TCC)
Prospettive future
Gli acufeni più invalidanti sono frequentemente associati a disturbi psicopatologici di tipo ansioso-depressivo. Ciò porta a condotte di evitamento o di anticipazione, e perfino a reazioni fobiche [2, 91]. A partire da questa constatazione, sono state sviluppate gestioni psicoterapeutiche e soprattutto le TCC [6-8, 92]. La relazione molto complessa tra acufene e psicologia è oggetto di numerosi dibattiti. L’acufene non è un sintomo di tipo psichiatrico. Tuttavia, l’acufene può avere, in particolare a lungo termine, conseguenze psicologiche deleterie. Inoltre, in un paziente con una patologia psichiatrica, che sia di ordine nevrotico o dissociativo, le conseguenze e la percezione dell’acufene possono essere aumentate. Le terapie psicologiche, in particolare le TCC, sono utilizzate dagli anni Ottanta; in Francia esse si sviluppano da qualche anno con varie indicazioni. Queste psicoterapie sono così validate da numerose pubblicazioni in patologie diverse come i disturbi ansioso-depressivi, i disturbi del sonno, i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi ossessivi compulsivi, le assuefazioni e le algie croniche. L’applicazione delle TCC alla gestione dei pazienti che hanno degli acufeni si basa sul principio che la negligenza di questo sintomo, e conseguentemente la sua tolleranza, dovrebbero essere la normale risposta al fenomeno. In effetti, la maggioranza dei pazienti che presentano un acufene dichiara solo un disturbo modesto. Le TCC sono psicoterapie brevi: una decina di sedute per una durata di 2-3 mesi è organizzata con, come tema centrale, «l’acufene». Queste sedute si organizzano nel quadro di colloqui individuali o di gruppo. Il principio dell’iter psicoterapico è che il comportamento del paziente di fronte alla percezione del suo acufene è inadeguato e, quindi, fonte di automantenimento della percezione penalizzante. In pratica, lo psicoterapeuta utilizza tecniche comportamentali di rilassamento e di riadattamento, come anche tecniche cognitive di decondizionamento e di analisi funzionale. È importante rilevare le distorsioni cognitive come, «Non si può vivere normalmente con un acufene» o i pensieri automatici negativi come, «Mi abbandonano, nessuno può fare nulla per aiutarmi». Bisogna però anche individuare i comportamenti inadeguati che favoriscono la persistenza del disturbo come la privazione di informazioni sonore con l’uso costante di tappi uditivi o anche le reazioni ansiose generate dall’acufene. Queste distorsioni cognitive e comportamentali controproducenti sono allora vagliate e metodicamente criticate dal soggetto con l’ausilio dello psicoterapeuta. Ciò porta a relativizzare le credenze invalidanti e a elaborare dei pensieri positivi riguardo all’acufene con l’associazione a immagini oppure a suoni piacevoli. Sono proposti e insegnati comportamenti alternativi quali il rilassamento volontario, secondo i metodi di Jacobson o di Schultz, e l’esposizione sonora dolce e progressiva. Tutte queste proposte vengono fatte in accordo totale con il paziente, attore della sua gestione, nel quadro di una collaborazione detta di tipo «socratico». Questo iter critico e questi nuovi comportamenti vengono applicati giorno per giorno, tra le sedute, per tutto il periodo della terapia. Questa strategia detta di coping permette al paziente di gestire meglio la situazione considerata inizialmente come stressante e invalidante. Numerosi articoli della letteratura hanno permesso di validare questo tipo di gestione sul sintomo acufene e sulle reazioni ansioso-depressive o sui disturbi del sonno associati. In Francia, su una popolazione di pazienti di cultura francese, i risultati sono stati convalidati a breve termine (fine della TCC) e a lungo termine (1 anno dopo la sospensione della TCC) [7, 8, 92, 93]. Anche se la TCC non permette di modificare l’intensità propria del segnale acufenico, alcuni pazienti finiscono per trascurare completamente il proprio acufene. Altri riprendono una vita più serena. Circa tre quarti dei pazienti affermano di vivere meglio con il proprio acufene sapendolo gestire nella vita quotidiana. Tuttavia, non tutti i pazienti riescono a beneficiare della TCC, o per ragioni materiali (sordità profonda, patologia psichiatrica grave associata ecc.) o per reticenza personale a considerare un approccio psicologico della sintomatologia.
Terapie intracocleari
Otorinolaringoiatria
Le terapie locali intratimpaniche sono già utilizzate in otologia per trattare le vertigini della malattia di Ménière (iniezione di aminosidi) [94] oppure certe sordità improvvise resistenti ai trattamenti tradizionali (iniezione di corticosteroidi) [95]. Lo sviluppo dei lavori di ricerca sui meccanismi della neurotrasmissione cocleare lascia pensare alla possibilità di rilasciare dei farmaci direttamente nella coclea grazie a micropompe poste a contatto con la finestra rotonda. Così, molecole usualmente tossiche quando vengono somministrate per via generale, come gli antiglutammati, i dopaminergici e gli antiapoptotici, potrebbero essere utilizzate nel quadro di una terapia locale [96]. È stato recentemente dimostrato, nel ratto, che l’iniezione locale di antagonisti dei recettori per l’acido N-metil-D-aspartico (NMDA) fa sparire le reazioni comportamentali provocate dalla percezione di acufeni acuti indotti dall’acido acetilsalicilico [97]. È probabile che, nei prossimi anni, questi lavori di ricerca avranno applicazioni cliniche e che sarà proposto questo tipo di strategia terapeutica, almeno nella fase acuta di comparsa dell’acufene dopo un trauma sonoro o pressorio, se non nel corso di una sordità improvvisa. L’uso di queste tecniche per gli acufeni cronici progrediti è oggetto di dibattito.
Neuro-feedback La constatazione che alcuni ritmi cerebrali, in particolare nelle aree temporali, erano specificatamente modificati (riduzione del ritmo a e aumento del ritmo d nella registrazione magnetoencefalografica) nei pazienti che presentano un acufene [52] ha portato a proporre il neuro-feedback come tecnica terapeutica. Il feedback visivo (affissione di un bersaglio su uno schermo video) permette al paziente di modulare in modo volontario i differenti ritmi della sua attività corticale per farla tornare a valori standard. Anche se meritano di essere confermati da studi più ampi, i risultati clinici preliminari di questa tecnica non invasiva sono talvolta spettacolari (scomparsa della percezione dell’acufene) per i pazienti capaci di ottenere un’attività corticale normale con il ripristino del rapporto a/d fisiologico [98].
Neurostimolazione corticale magnetica o elettrica La neurostimolazione corticale utilizzata con risultati interessanti nelle sindromi di dolore cronico [99] è stata naturalmente proposta nei pazienti che lamentano acufeni [100] . Le basi fisiopatologiche, la metodologia e le indicazioni delle differenti tecniche di neurostimolazione corticale sono in corso di valutazione. La stimolazione magnetica transcranica [101] permette una stimolazione cerebrale non invasiva con l’applicazione di un impulso magnetico breve prodotto da una bobina metallica posta sulla testa. Si basa sul principio dell’induttanza: la corrente elettrica, al passaggio in una bobina elettromagnetica diretta verso lo scalpo, genera un campo magnetico che attraversa lo scalpo e la scatola cranica senza essere modificato. Le oscillazioni del campo magnetico causano una corrente elettrica a contatto con i tessuti cerebrali (principio di Faraday), all’origine di depolarizzazioni neuronali. Il potenziale terapeutico della stimolazione magnetica transcranica ripetuta (SMTr) applicata sulla corteccia emerge, ad oggi, da un numero sempre crescente di dati sperimentali ottenuti nell’uomo. Sono stati ottenuti degli effetti sull’acinesia nel morbo di Parkinson, nelle distonie focali come il crampo dello scrittore, nell’epilessia resistente, nelle allucinazioni uditive dello schizofrenico o, ancora, nelle depressioni psicotiche resistenti alla terapia farmacologica [102, 103]. Molti dati recenti confermano il suo potenziale interesse nell’analisi fisiopatologica [104] e nel trattamento degli acufeni [105-107]. Questi risultati clinici promettenti, ma che meritano di essere
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I – 20-180-B-10 ¶ Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici
confermati da studi multicentrici più ampi, permettono di sperare in un’efficacia a volte prolungata per diversi mesi per alcuni pazienti. La SMTr può generare stimoli di bassa o di alta frequenza. Utilizzando una stimolazione magnetica di bassa frequenza (1 Hz) su una zona cerebrale iperattiva precedentemente definita con l’imaging funzionale, la SMTr agirebbe con un effetto inibitore (attivazione del metabolismo dell’acido gammaaminobutirrico) e indurrebbe un effetto di plasticità sinaptica neurale o di riorganizzazione dei circuiti cerebrali corticotalamici oppure corticocorticali [108]. Utilizzando degli stimoli di frequenza più alta (10 o 20 Hz), la SMTr agirebbe con un effetto di tipo attivatore e potrebbe invece provocare una breve azione di siderazione dell’attività neuronale [109]. I dati riguardanti un’altra tecnica di stimolazione elettrica transcranica (transcranial direct current stimulation) sono ancora troppo parcellari per essere adeguatamente valutati [110, 111]. Infine, è stata anche dimostrata l’efficacia di un impianto cerebrale a dimora (elettrodo multipolare extradurale posizionato in corrispondenza delle cortecce uditive primarie e secondarie). Questo tipo di trattamento neurochirurgico rimane tuttavia oggi di pertinenza della chirurgia sperimentale riservata a pazienti che hanno acufeni particolarmente intrusivi e dopo l’insuccesso di altre terapie [112].
■ Conclusioni L’acufene è una percezione frequente vissuta in modo a volte estremamente invalidante per alcuni soggetti. È stato a lungo trascurato o trattato senza grandi risultati clinici sotto il solo angolo otologico e la sua gestione e la comprensione dei meccanismi fisiopatologici complessi beneficiano dei recenti progressi nei differenti settori che toccano le neuroscienze cognitive (neuro-imaging, neuromodulazione, neurofarmacologia, elettrofisiologia, psicologia cognitiva ecc.). È da questo aspetto innovatore multidisciplinare che nasceranno sicuramente futuri protocolli terapeutici efficaci che permetteranno di alleviare finalmente i disturbi di certi pazienti con una grande aspettativa nei confronti delle cure. .
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A. Londero, Praticien hospitalier contractuel. Service d’oto-rhino-laryngologie et de chirurgie cervicofaciale, Laboratoire de recherche sur les systèmes sensorimoteurs (LNRS), Unité CNRS UMR 7060, Hôpital européen Georges Pompidou, Faculté de médecine René Descartes, Université Paris V, 20, rue Leblanc, 75015 Paris, France. P. Avan, Professeur des universités, praticien hospitalier. Laboratoire de biophysique sensorielle (EA 2667), Faculté de médecine, Université d’Auvergne, 49, boulevard François-Mitterrand, BP 32, 63001 Clermont-Ferrand cedex 1, France. P. Bonfils, Professeur des universités, praticien hospitalier (
[email protected]). Service d’oto-rhino-laryngologie et de chirurgie cervicofaciale, Laboratoire de recherche sur les systèmes sensorimoteurs (LNRS), Unité CNRS UMR 7060, Hôpital européen Georges Pompidou, Faculté de médecine René Descartes, Université Paris V, 20, rue Leblanc, 75015 Paris, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Londero A., Avan P., Bonfils P. Acufeni soggettivi e oggettivi: aspetti clinici e terapeutici. EMC (Elsevier Masson SAS, Paris), Otorinolaringoiatria, 20-180-B-10, 2009.
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