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Aspetti psicologici e socioculturali della pelle e dell’aspetto R. Malet, S.-G. Consoli La pelle, organo visibile della vita di relazione, rappresenta l’interfaccia tra l’individuo e gli altri. Inoltre, partecipa, in particolare, all’interazione tattile con la madre e alla costruzione della propria immagine. La pelle occupa, quindi, un posto privilegiato nella sensazione dell’essere belli e nell’apparenza, la cui importanza, nella nostra società occidentale contemporanea, è ben consolidata. Così, le donne e, sempre più spesso, gli uomini consultano il dermatologo per una richiesta di natura estetica per una malattia della pelle e/o generale e per un’imperfezione della pelle e/o fisica congenita o acquisita, vera o immaginaria, o in periodi critici della vita (l’adolescenza o l’invecchiamento). Questo approccio, volto al miglioramento della qualità della vita dei soggetti, ha portato il dermatologo in un campo complesso della dermatologia, dove sono implicati molti fenomeni socioculturali e psicologici e dove regna l’immaginazione dei due partner del rapporto medico-paziente. © 2016 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.
Parole chiave: Pelle; Aspetto; Bellezza; Immagine di sé; Adolescenza; Invecchiamento; Abbronzatura
Introduzione
Struttura dell’articolo ■
Introduzione
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Aspetti psicologici della pelle e dell’aspetto Pelle: organo visibile, sentito e privilegiato della vita di relazione Immagine di sé: la sua costruzione Fenomeni socioculturali Scambi con la madre Identificazioni Identità
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Aspetti sociali e culturali della pelle e dell’aspetto Evoluzione del discorso sull’apparenza e sul cambiamento radicale del proprio status socioculturale L’aspetto: un fenomeno sociale Sentirsi belli: posto del viso in questo sentimento
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Alcune situazioni cliniche Malattie cutanee Malattie generali Adolescenza Abbronzatura Invecchiamento
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Rapporto medico-paziente: le sue peculiarità in cosmetologia
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Conclusioni
EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei Volume 13 > n◦ 1 > marzo 2016 http://dx.doi.org/10.1016/S1776-0313(15)76313-6
La pelle, organo visibile, sentito e privilegiato della vita di relazione, è una vera e propria interfaccia tra l’individuo e gli altri, tra l’individuo e la società. Partecipa alla costruzione dell’immagine che il soggetto ha di se stesso e che desidera dare agli altri e, quindi, in larga misura, alla bellezza dell’intero soggetto. Si può dire, citando Michel Serres, che la pelle è “l’avamposto del soggetto” [1] . Ogni individuo si augura che la propria pelle sia in armonia con l’immagine di se stessi e con quella che offre agli altri. In cambio, la pelle influenza il modo con cui il soggetto si percepisce. Non c’è cosa più naturale, quindi, di desiderare di abbellirsi, cosa che diviene garanzia di bellezza, il miglior messaggero del soggetto per gli altri ma anche per se stesso. Tuttavia, la bellezza non è mai stata definita in base a criteri “oggettivi”; lo sguardo degli altri è centrale in questo processo. Il volto e la forma del corpo sono i principali determinanti della bellezza. Ancora oggi, l’attrazione del volto di una donna determina la maggior parte del suo fascino globale (quasi la metà della varianza spiegata). Si comprende come il rapporto medico-paziente in dermatologia estetica possa essere difficile da consolidare. Per esempio, un soggetto può chiedere l’impossibile al dermatologo, vale a dire di vivere in una pelle e in un corpo perfetti e immutabili o non corrispondenti con la sua realtà biologica.
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Succede anche che il dermatologo, nel campo dell’estetica più che in qualsiasi altra parte della sua specialità, si debba confrontare con i reclami di un soggetto deluso dal divario tra i risultati cosmetici che egli aveva immaginato e quelli ottenuti nella realtà.
Aspetti psicologici della pelle e dell’aspetto Pelle: organo visibile, sentito e privilegiato della vita di relazione La pelle, organo privilegiato della vita di relazione, non è un organo come un altro che si può riparare quando è malato, da cui ci si attende un funzionamento silenzioso e anche, il più delle volte, invisibile. La pelle è coinvolta nella vita sociale ed emotiva, compresa la vita seduttiva e la vita amorosa. Essa è legata al piacere e alla sessualità ed è il luogo di nascita di tenerezza e sensualità. La pelle è una vera e propria interfaccia tra l’individuo e gli altri. Sulla pelle si esprimono i sentimenti e si inseriscono le cicatrici indelebili delle ferite, i segni del passare del tempo e le trasformazioni del corpo che lo accompagnano, così come i segni di identità del soggetto, in particolare dell’identità sessuale, tramite, per esempio, i peli e i capelli, e le abitudini estetiche ad essa correlate, in funzione delle culture e delle mode. La pelle di ogni individuo è modellata dallo sguardo degli altri, attraverso i codici della moda, della classe sociale e della società in cui un individuo vive (per esempio, la stiratura e l’aggiunta di toupet in soggetti di pelle scura che vivono in Francia). Così, in ogni tempo e in tutte le culture, secondo i costumi e le mode in vigore, la pelle è stata profumata, truccata, decorata, rasata, sbiancata o, al contrario, abbronzata. In effetti, le manifestazioni, a livello della pelle e dei tegumenti, delle esigenze e dei desideri degli altri più o meno sottili sono innumerevoli: dal taglio di capelli imposto dai genitori all’abbronzatura, che, nei paesi occidentali, è imposta dalla moda ed è un segno di successo sociale. Tuttavia, è interessante notare che, in Giappone, per esempio, fino a poco tempo fa, le donne hanno sbiancato i loro volti e annerito i loro denti, applicandovi uno smalto nero, lucido e puzzolente, per un motivo estetico. Bisogna insistere sull’importanza della depigmentazione della pelle tra i pazienti di razza nera.
Immagine di sé: la sua costruzione Corpo multiplo L’immagine di sé è costruita sul corpo e, in particolare, su due parti di quest’ultimo: il volto e il sesso. Il corpo è molteplice. Esistono un corpo reale e un corpo immaginario.
Corpo reale Anatomico e sessualmente identificabile, è, a sua volta, suddiviso in corpo proprio e in corpo libidico. • Il corpo proprio, obiettivo, è il corpo affidato ai medici e ai chirurghi per essere curato e riparato. • Il corpo libidico è un luogo di scambio con gli altri, una fonte di piacere per se stessi e per gli altri: è un aspetto fondamentale del corpo per l’equilibrio somatopsichico di ogni individuo.
Corpo immaginario È un’immagine o una rappresentazione mentale più o meno inconscia che il soggetto ha del suo corpo. Questo corpo immaginario organizza l’immagine che il soggetto ha di se stesso, la sua identità psichica e la sua personalità, in breve, il Me che lo rappresenta. L’identità psichica di un individuo può distanziarsi dalla sua identità biologica e
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sociale, come indicata sulla sua carta d’identità e percepita dagli occhi degli altri. Questo divario tra reale e immaginario è evidente in patologia. La donna che si rifiuta di invecchiare, il giovane dismorfofobico, il transessuale e l’anoressico vogliono far cedere il loro corpo reale alle esigenze del loro corpo immaginario. Nel soggetto normale, tale disassamento è spesso visto in relazione con il tempo: esso risente del divario tra esperienza ed età fisiologica.
Fenomeni socioculturali Anche prima della sua nascita, nell’immaginario, tra gli altri, dei suoi genitori e, poi, appena nato, un bambino è collegato a una rete sociale e familiare molto importante, tramite molti legami che lo superano ma, nello stesso tempo, lo formano. Tali legami sono reali (per esempio, genetici) o immaginari, in base all’immagine che i genitori desiderano avere di questo futuro figlio adulto (per esempio, il sottile e spesso perverso gioco di attribuire somiglianze). Il corpo reale e, in particolare, la pelle di ogni individuo sono modellati dallo sguardo degli altri secondo i codici della moda, della classe sociale e della società in cui vive (cfr. supra).
Scambi con la madre Questi non sono mediati solo dallo sguardo, ma anche dalla parola, dagli odori e dal tatto. Gli studi psicoanalitici, come gli studi etologici, hanno dimostrato l’importanza della relazione madre/figlio mediata dalla pelle, per l’acquisizione, da parte di ogni individuo, di un’immagine di sé coerente, vale a dire di un modello interno che lo rappresenta, non frammentato e dotato di limiti che garantiscono bene il loro ruolo di confini tra il mondo interno e il mondo esterno. Questa immagine di sé è accompagnata da una sensazione di sicurezza interna fisica e psichica e da un senso di autostima. Sono questi diversi elementi che costituiscono il narcisismo di ogni individuo. Didier Anzieu, psicanalista francese, ha lavorato molto sulla pelle, come involucro di protezione contro gli attacchi, confine tra interno ed esterno e zona privilegiata di scambio con gli altri. Questo autore sottolinea anche che la pelle è un organo che partecipa allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale del giovane uomo. Egli sostiene l’ipotesi di un “Me-pelle”, ricordando che il bambino acquisisce la percezione della sua pelle come una superficie, in seguito a esperienze di contatto del suo corpo con il corpo della madre e nel contesto di una relazione di attaccamento sicuro con lei. Per “Me-pelle”, questo autore si riferisce a una rappresentazione di cui il figlio si sarebbe servito durante le prime fasi dello sviluppo, per rappresentarsi come “Me” a partire dalla sua esperienza della superficie del corpo [2] . Donald W. Winnicott, pediatra e psicanalista inglese, ha fortemente insistito sull’importanza delle esperienze di trasferimento e avvicinamento nella maturità emotiva del bambino. Egli ha anche mostrato l’importante ruolo di specchio svolto dalla madre nello sviluppo del bambino. Questo autore avanza l’idea che il precursore dello specchio, nello sviluppo emozionale dell’individuo, sia il volto della madre. Così, scrive: “Quando il bambino volge lo sguardo verso il volto di sua madre, ciò che vede è se stesso. In altre parole, la madre guarda il bambino e ciò che il suo volto esprime è direttamente correlato a ciò che vede”. È sul volto della madre e nello sguardo di quest’ultima posato su di lui che il bambino scopre chi è, il bene che dimora in lui, ciò che dona all’altro e come può toccarlo e trasformarlo [3] . Quindi, fin dall’inizio della sua vita, pensare di essere l’oggetto dello sguardo di sua madre permette al soggetto di acquisire il senso armonioso della sua unità e della sua bellezza e di costruire, così, il suo narcisismo. Un narcisismo di buona qualità è essenziale in momenti cruciali della vita, in cui l’immagine di sé EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
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subisce profondi cambiamenti: l’adolescenza, la vecchiaia e il momento della comparsa di una malattia. È stato ripetutamente sottolineato l’impatto sul rapporto madre/figlio delle malattie cutanee gravi durante l’infanzia.
Identificazioni Sono complessi processi mentali individuali con cui un soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un attributo dell’altro e, quindi, si trasforma. Tuttavia, le identificazioni possono essere rifiutate in certi momenti della vita, in occasione di eventi di vita specifici. Per esempio, durante l’adolescenza, un giovane uomo non può sopportare la sua incipiente alopecia androgenetica che gli ricorderà la calvizie di suo padre.
Identità Il concetto di identità, all’incrocio tra sociologia e psicologia, se discutibile, suggerisce la personalità, tenendo conto delle storie psicologiche, familiari e sociali di ciascuno. La complessità di questo concetto si basa anche sul doppio significato del termine. In effetti, l’identità si sviluppa su due aspetti: • quello dell’identico: appartenenza a un gruppo che si conforma a questi criteri; • quello del diverso: l’identità di ciascuno si basa anche su criteri che ci distinguono gli uni dagli altri in questo gruppo. I fenomeni di identificazione e differenziazione si mescolano in modo variabile da persona a persona e da un periodo di vita all’altro. L’epoca attuale, che è descritta come la più individualista, ha portato alla ricerca di una maggiore differenziazione. Alcuni elementi corporei partecipano alla determinazione dell’identità: carnagione, organi genitali, peli, capelli e così via, ma anche i segni del tempo e dei cambiamenti del corpo che ne derivano. Su questa base, ogni soggetto si differenzia per le abitudini estetiche correlate alle culture e alle mode, ma anche alle scelte personali. L’evoluzione dell’importanza attribuita ai tatuaggi dimostra questo fenomeno. Nelle società tradizionali, i marchi del corpo, compresi allo stesso modo dalla comunità, erano gli stessi per i giovani di una fascia d’età e dello stesso sesso. Facendo riferimento a una visione del mondo propria di questa società, essi permettono di fondersi. Nella nostra società, fino agli anni ’70, i marchi del corpo, i tatuaggi e i piercing sono stati un segno di distanza, di marginalità (prigionieri, legionari, ecc.). Oggi, sono quasi un segno di conformità a una particolare fascia d’età. Paradossalmente, “spesso significa: ho voluto differenziare me stesso dagli altri. Tutti intorno a me avevano un piercing, così l’ho fatto. Cercano distinzione, ma sono in conformità con un mondo di consumismo e di marketing” [4] . Nel corso della vita, i fattori storici, fisici e psicologici, ma anche sociali, sui quali ci concentreremo, cambiano, conducendo a un rimodellamento dell’identità di ciascuno. Si tratta di un processo che può essere descritto come dialettico e che può integrare opposti e permettere lo sviluppo di una singolarità del soggetto, pur rimanendo in linea con il gruppo a cui appartiene e/o si riferisce il soggetto.
Aspetti sociali e culturali della pelle e dell’aspetto I contesti sociali e culturali influenzano significativamente i pazienti nella loro richiesta circa l’aspetto, ma anche la risposta che il medico può dare. In primo luogo, vedremo come l’evoluzione delle idee, da un lato, e il cambiamento sociale, dall’altro, hanno trasformato il ruolo e le funzioni dell’aspetto nel tempo. EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
In secondo luogo, analizziamo gli studi condotti nel corso degli ultimi cinquant’anni sul ruolo dell’apparenza e della bellezza nella nostra società. Vedremo che il loro ruolo è più importante di ciò che pensiamo, sia nei rapporti interpersonali che nella riuscita della carriera professionale. Questa rivelazione permette di comprendere meglio l’importanza dell’apparenza. È anche difficile sottrarvisi, senza rischiare di essere emarginati... Tuttavia, gli eccessi che ne derivano, tra cui alcuni che rilevano una patologica psichiatrica, possono preoccupare.
Evoluzione del discorso sull’apparenza e sul cambiamento radicale del proprio status socioculturale Precisare questi due aspetti permette di evidenziare degli elementi di comprensione per l’epoca attuale [5, 6] . Dal Medioevo al XIX secolo almeno, l’aspetto era socialmente determinato, fisso. Le condizioni di vita condizionavano l’aspetto fisico: colore della pelle, andatura, patologie e così via. Inoltre, lo status sociale condizionava in modo molto rigido l’abbigliamento, l’aspetto e il comportamento.... L’aspetto non si poteva scegliere, ma era socialmente imposto. Per un contadino, vestirsi come un nobile significava assumere gli attributi di una posizione e di un potere a lui interdetti. Al giorno d’oggi non c’è un divieto nel vestirsi o nel “decorarsi” (piercing, tatuaggi). Queste scelte marchiano l’appartenenza a certi ambienti o modi di pensare, ma sono scelti liberamente a differenza di quanto avveniva nel Medioevo. In alcuni paesi come gli Stati Uniti, è spesso difficile distinguere i diversi gruppi sociali dall’aspetto. L’aspetto non è più imposto, si può scegliere ed è, quindi, il corollario di un profondo cambiamento sociale. Nel XVI secolo, la religiosità era centrale e la bellezza era propria dell’essenza divina, da cui l’idea che bellezza e bontà fossero collegate. Questa bellezza, in una donna, era essenzialmente definita sul viso, “cielo corporeo”. “Dirò che la bellezza viene da Dio ed è come un cerchio la cui bontà è il centro [...]. Così, è raro che un’anima malvagia risieda in un bel corpo e, quindi, la bellezza esteriore è il vero segno della bellezza interiore” [7] . Bellezza e bontà sono collegate, così come bellezza e verità. Se la lettura della bellezza si riferisce a Dio, resta il fatto che la bellezza è desiderata e che gli artifici sono ricercati attivamente. L’uso dei cosmetici si sta diffondendo in Italia e in Francia, anche se gli effetti negativi dei composti utilizzati (il cerone è clorato di piombo, la crema sublime è clorato di mercurio) erano già noti fin dai tempi antichi e anche se le utilizzatrici ne sono ben informate. In altre parole, per ottenere la pelle bianca tanto in voga, esse ne accettano gli effetti tossici: deterioramento dei denti, secchezza e pigmentazione della pelle, escoriazioni e così via, acquistando questi prodotti a volte molto costosi. A poco a poco, nel XVI secolo, nell’universo cartesiano, l’anatomia non mette più in contrapposizione un volto “astrale” e un corpo “terreno”. Se il viso viene sempre anteposto, non è per la sua vicinanza alle sfere celesti, ma è per la sua identità con l’aspetto spirituale e l’interiorità. Nel XVII secolo [5] , l’universo di riferimento sta cambiando. La bellezza non è controllata dal comprensibile ma dal Sensibile. In altre parole, il vecchio ideale di assoluto, di perfezione formale che rispondeva a canoni di origine divina, perde il suo primato a favore del relativo, del soggettivo. Il bello, attenendo ai tratti umani, diventa qualcosa che percepiamo, legato ai sensi e al riconoscimento di un piacere. Si passa dal divino all’umano. L’accesso ai singoli criteri è determinante: il soggetto può affermarsi maggiormente nelle pratiche di abbellimento. La ricerca della bellezza può essere personalizzata.
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In questo periodo, la silhouette diventa importante e appare l’idea di una silhouette più libera, più mobile. Si comincia a parlare del rilassamento della carne... Questo segna l’inizio della liberazione del corpo in termini di abbigliamento, con un forte calo dei corsetti rigidi. L’importanza dei capelli aumenta e la professione di produttore di parrucche perde la sua importanza a favore dei parrucchieri. NelXIX secolo, l’evoluzione continua: la figura più magra, i gesti più spontanei e le forme femminili cominciano a dettare il loro disegno sui vestiti. Il desiderio comincia ad avere diritto di essere citato, come mostrato, per esempio, dal personaggio di Nana di Zola. Attraverso la storia di questa giovane donna, viene mostrato come il desiderio sessuale sia importante e potente, portando gli uomini ad abbandonare i propri principi, il proprio onore, le proprie fortune e, persino, la propria vita. Alla fine di questo secolo, il nudo si banalizza e viene esposto negli spettacoli, sui manifesti e sui giornali. Il concetto di peso diventa importante. Iniziano a comparire le diete, consigliate inizialmente per “non ingrassare”, piuttosto che per dimagrire, così come la ginnastica e le pillole destinate a ridurre pancia, fianchi e vita. Si sviluppano il consumo di cosmetici e il mercato per l’abbellimento. Nel XX secolo, l’evoluzione è ancora maggiore. Tale evoluzione si sviluppa su due livelli: concettuale e tecnico. Sul piano concettuale, l’aspetto gioca un ruolo nuovo. Dato che l’aspetto segna nettamente le differenze di classe sociale, può, quindi, assumere anche un significato politico. Per esempio, il romanzo “La garc¸onne” di Victor Margueritte, che racconta gli amori liberi di una giovane donna tradita dal suo amante, fece scandalo al punto che il suo autore è stato privato della Legion d’Onore. Soprattutto, il fatto di tagliarsi i capelli corti come l’eroina è diventato una dichiarazione di libertà. Allo stesso modo, il cinema apporta dei riferimenti comuni, condivisibili da tutti, promuovendo la diffusione di determinati criteri, proprio come in un supermercato, dove la maggioranza sceglie ciò che gli piace, orientando, quindi, le scelte di produzione. Il corpo diventa “il nostro più bell’oggetto di consumo” [8] . La rappresentazione della bellezza si erotizza (Gina Lollobrigida, Marlène Dietrich, Ava Gardner, ecc.). E con Brigitte Bardot, in particolare, essa diventa più provocante e anche affermazione del sé. Il film “E Dio creò la donna” ne è un esempio, con l’accesso a una libertà nella vita privata e nelle scelte personali. Tecnicamente, il XX secolo è quello della rivoluzione medicochirurgica. La liposuzione è, ora, il primo intervento realizzato, seguito dalla chirurgia delle palpebre e della mammella. Il fatto che il lifting venga effettuato solo dopo è certamente legato all’invasività della procedura, ma rivela anche la crescente importanza della silhouette e, in particolare, “il basso” rispetto al volto, che, in precedenza, era completamente predominante. I nuovi mezzi di diffusione della pubblicità hanno una diffusione di modelli sempre più simili in tutti i paesi. Ciò ha favorito l’internazionalizzazione del “gusto”. Ciò ha comportato un’intensificazione della diffusione delle pratiche cosmetiche, tra cui i prodotti anti-invecchiamento, in tutti gli strati della società.
L’aspetto: un fenomeno sociale Aspetto e bellezza “Il bello è ciò che piace universalmente e senza concetto” per Kant. Il bello non può essere un concetto. Si tratta di un giudizio proprio di ognuno. La bellezza è soggettiva, ma l’apprezzamento e le emozioni che genera possono essere condivisi e, addirittura, avvicinare gli uomini. Siamo molto legati alla natura personale della bellezza, forse perché dà una possibilità a tutti: “tutti i gusti sono nella
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natura”, cosa che permette a tutti di “trovare la scarpa per il proprio piede”. Tuttavia, i risultati dei lavori realizzati da più di 20 anni in gran parte contraddicono questa idea, mostrando la somiglianza dell’apprezzamento della bellezza di una persona a un’altra, indipendentemente da sesso, background culturale ed etnia. In una moderna concezione antropologica, la nostra rappresentazione del mondo si trasmette e si modella attraverso il linguaggio e il sistema simbolico, i valori e le credenze e i modelli di comportamento (educazione, tradizioni, norme sociali). Eppure, anche se ci sono alcuni controesempi, gli standard di bellezza ora superano i confini geografici. Forse questo è dovuto alla diffusione del nostro modello occidentale. A favore di questa ipotesi, i giudizi dei bambini cominciano ad assomigliare a quelli degli adulti a partire dall’età di 3 anni e sono simili a 6 anni. Tuttavia, questo non spiega gli studi preoccupanti che hanno constatato che i bambini dai 2 ai 6 mesi [9] e, poi, da 1 a 7 giorni [10] fissano più a lungo i volti considerati come i più belli da un gruppo di adulti. Ci sono fattori costituzionali nell’apprezzamento della bellezza?
Aspetto e attrattività Gli studi sociologici che analizzano l’apprezzamento dei criteri di bellezza dimostrano che questi criteri sono legati all’attrattiva sessuale e sociale. Tre fattori sembrano essere centrali nella valutazione di un volto [11] . • La simmetria è un criterio essenziale per valutare la bellezza, ma anche l’attrattività di un volto. Il mondo antico considerava la bellezza come un fatto oggettivo, legato a forme e a proporzioni dell’oggetto che ne costituivano i criteri essenziali. • Il “carattere straordinariamente medio”. Un volto “ricostituito” a partire da molti volti reali è generalmente considerato più attraente rispetto a tutti quelli che l’hanno costituito. Questa scoperta, osservata in diverse etnie, si ritrova anche quando si costruisce un volto a partire da differenti volti di diverse etnie. Tutto avviene come se stessimo mentalmente costruendo una rappresentazione media e standardizzata dell’aspetto, e tutto quello che si allontana da questo non sarà apprezzato. Una donna o un uomo bello tra tutti sono “non disperatamente medi, ma, piuttosto, notevolmente medi”. • Infine, i tratti che segnano la differenza sessuale in una faccia includono: zigomi e mento negli uomini, naso e sopracciglia fini nelle donne, labbra carnose e qualità della pelle [12–14] . Bisogna ricordare che non sembrano esistere proporzioni geometriche o altri criteri che permettono di costruire, in modo affidabile, un bel viso. L’aspetto e l’attrattività sono correlati. Tuttavia, quando si interrogano le donne circa i tratti di un uomo ideale, esse rispondono di attribuire importanza principalmente alle caratteristiche morali e intellettuali (gentile, premuroso: 76%; buon padre: 65%; responsabile e affidabile: 61%...; buon amante: 17%; bello: 14%; socialmente di successo: 14%). L’impressione è che, per loro, i criteri di bellezza siano secondari. Sembra essere una risposta politicamente corretta, ma che, molto spesso, non corrisponde alla realtà. Infatti, si verificano pochi matrimoni tra un lavoratore agricolo brutto e una giovane ragazza che esce da una buona scuola. Per gli uomini, l’importanza della bellezza è almeno altrettanto grande. Altri studi sociologici dimostrano l’importanza della bellezza. Per un’avventura romantica e sessuale, l’aspetto, nell’ambito della bellezza, può essere discordante tra i due partner (correlazione della bellezza = 0,19). Tuttavia, più il rapporto è serio e potenzialmente conducibile al matrimonio, più il capitale bellezza di ciascun coniuge, valutato da un gruppo, si avvicina (correlazione = 0,72). Degli studi spiegano il fatto che, in caso di disparità di EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
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bellezza, il rischio di infedeltà sia molto più alto. I partner che percepiscono questo come un fattore di fragilità si impegnerebbero meno. Sembra che, quando queste coppie di bellezza diversa si uniscono, lo status sociale ed economico spesso compensa la disuguaglianza fisica. Per Franc¸ois de Singly [15] , la bellezza è un attributo femminile e sono le donne che trarrebbero, il più delle volte, un beneficio dalla loro bellezza. Tuttavia, una correlazione di 0,72 non è perfetta, lasciando spazio ad altri fattori. Ricordiamo che una correlazione non è necessariamente una relazione causale. Infine, gli studi sono condotti sul confronto di fotografie. Essi mettono, quindi, da parte ciò che, per secoli, è stato chiamato il “non-so-che”, che si riferisce al fascino e al mistero, “senza il quale la bellezza non avrebbe né grazia bellezza” [16] . E questo “non-so-che” può dipendere dalla “presenza” della persona per esistere.
Aspetto e successo scolastico e sociale. Come corollario, importanza dell’impatto dell’aspetto nella stime di se stessi. La proliferazione di studi che dimostrano l’importanza dell’aspetto nel successo accademico e sociale è sorprendente. Questo non è, naturalmente, l’unico criterio, ma è dimostrato che, con risultati uguali e, poi, con diplomi uguali, i voti, i posti ottenuti e i salari sono più alti nei soggetti belli. Per ottenere gli stessi risultati, chi è brutto dovrà lavorare di più e accettare un salario più basso. Il fisico di un allievo gioca un ruolo importante nella valutazione delle sue capacità [17] . Per esempio, un compito mediocre consegnato senza foto, che abbia ottenuto 4,7/10, vedrà il suo voto aumentare a 5,2 se si unisce la foto di una bella studentessa, mentre, se lo studente è poco attraente, il voto precipita a 2,7. La differenza è, però, meno importante, se il compito è buono. Numerosi studi confermano l’importanza del fisico per lo sviluppo di una carriera, così come di un salario. Uno studio britannico su 11 000 persone di 33 anni ha dimostrato che i belli non guadagnano di più rispetto alla media nazionale, ma gli uomini brutti hanno un salario inferiore al 15%. Per quanto riguarda la stazza, c’era una differenza del 10% tra uomini grandi e piccoli. Naturalmente, altri criteri influiscono sui livelli di progressione di carriera e stipendio, come l’età, il fumo e così via. L’aspetto gioca un ruolo importante nel modo in cui i bambini vengono puniti. Lo stesso errore viene considerato più leggero quando l’autore del reato è un bel bambino, e gli adulti (al di fuori della famiglia) pensano che sia meno probabile che ripeta lo sbaglio. Stessa cosa nel sistema legale per gli adulti. Da questo effetto bellezza, consegue un effetto Pigmalione (profezia autorealizzatrice). I bambini belli sono considerati più intelligenti. I loro risultati sono migliori rispetto alla media, come è stato dimostrato ripetutamente. Un circolo virtuoso è, quindi, instaurato più facilmente tra coloro che sono belli. Implicitamente, l’aspetto sarebbe in relazione con ciò che siamo, rafforzando la maggiore autostima di sé dei belli. Altra ipotesi, la bellezza fisica riuscirebbe a nascondere ciò che è negativo o cattivo nell’uomo. Tuttavia, l’effetto non è univoco e la bellezza delle donne ha potuto diventare un ostacolo per l’ottenimento di un colloquio di lavoro, soprattutto quando l’assunzione era effettuata da donne [18] .
La bellezza e l’aspetto stanno diventando sempre più importanti? Alcuni concetti non cambiano con il tempo. Bellezza e bontà, bellezza e verità sono collegate. E la bellezza ha sempre avuto un ruolo centrale nell’attrazione tra i sessi. EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
Tuttavia, i criteri di bellezza rilevavano lo spirito divino e, come abbiamo visto, l’aspetto era un marcatore sociale “di sicurezza.” Non è più il caso nei nostri giorni e ognuno ha la responsabilità di costruirsi a proprio modo, portando anche la responsabilità del risultato. La cessazione dell’inamovibilità delle classi sociali e della loro chiusura, ha rimosso tale ingiustizia, vissuta quasi come una camicia di forza, ma ha, paradossalmente, comportato una tirannia dell’aspetto che è ormai considerato (a torto o a ragione?) come indicativo della personalità. L’abolizione delle classi sociali chiuse è positiva, ma presenta una controparte: laddove il posto di ognuno era predeterminato, le posizioni di ognuno sono meno acquisite, sui piani professionale, sociale e matrimoniale. L’individuo non è più inserito in una “grande narrazione” [19] e questa evoluzione ha comportato un’individualizzazione sempre più monadica e identitaria. Le conseguenze di questi sviluppi sono degni di nota: • la bellezza era in relazione con Dio; ora, responsabili del nostro aspetto, ci mettiamo al posto di Dio, con la speranza di poter agire sulla nostra vita, ma anche con una fantasia di onnipotenza e con i rischi di crollare ad essa collegati; • l’identità si esprime attraverso un aspetto derivante dalle nostre scelte; esprime, così, la nostra “identità”. A 20 anni tu hai la faccia che Dio ti ha dato ! A 40 anni tu hai quella che meriti ! • Il risultato è sempre una sfida ad affrontare la possibilità di fallire e, quindi, una responsabilità molto pesante. L’aumento delle possibilità mediche di influenzare il proprio aspetto ha rafforzato il senso della capacità di trasformare noi stessi e di controllare, in parte, il nostro aspetto. Allo stesso tempo, la società ci chiede di controllare sempre di più le nostre azioni e di controllare i nostri discorsi e, anche, le nostre idee. Allo stesso modo, le procedure di revisione continuano ad aumentare con un “reporting” sempre più importante nelle aziende, una responsabilizzazione di ciascuno in merito alle proprie azioni. Perché e come il corpo, il suo aspetto e la sua bellezza potevano sfuggire a questo processo? Al contrario, questa evoluzione, della quale abbiamo visto i rischi, presenta anche una possibilità di “ridistribuzione delle carte”. Il medico non ha la capacità, anche se vuole, di cambiare questa tendenza. Con la sua azione, tuttavia, egli ha la capacità di ridurre alcuni difetti, appesantiti dalle conseguenze. E può anche tentare di limitare gli eccessi e le deviazioni del sistema. In altre parole, “... Se l’aspetto è un prodotto sociale e se viene utilizzato dal nostro ambiente per classificarci, per promuoverci, per ignorarci o per escluderci, può anche permettere di sconvolgere l’ordine imposto: si può essere belli, poveri, brutti e ricchi. Come è stato sottolineato da Pierre Bourdieu, qui esiste una redistribuzione delle carte che non dovrebbe essere trascurata. Tuttavia, questa redistribuzione, che offre nuove opportunità, può pienamente funzionare se l’aspetto è ben noto e utilizzato nelle sue diverse forme e da tutti” [11] .
Sentirsi belli: posto del viso in questo sentimento Nel dizionario storico della lingua francese, Le Robert, si dice che la parola “visage” deriva dal francese antico “vis”, a sua volta derivato dal “visus” latino, che significa capacità di vedere, senso della vista e ciò che si vede, l’aspetto. La sensazione di essere belli è costruita principalmente ancora oggi sul viso. Avere una bella pelle del viso partecipa molto al sentimento dell’essere bello. Inoltre, grazie alla sua mobilità e alla sua forza espressiva, il viso è il locus geografico della personalità, dell’intimità,
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dell’identità e dell’essere umano (questi elementi spiegano le polemiche sollevate dai “trapianti di viso”). La donna occidentale stringe con la sua pelle e il suo corpo e con la natura, lo sport e il sole degli stretti legami, rafforzati dalla dimensione economica e sociale (essere muscolosi e abbronzati significa che è possibile fornire degli agi che non sono possibili per la classe media della società). Le foto di Riefenstahl illustrano, nella Germania nazista, le derive totalitarie di questa corrente, derive che valorizzano l“uomo nuovo”, mentre, alla donna, verrà assegnato un ruolo di madre e casalinga. Più di recente, dal 1980 negli Stati Uniti d’America, non c’è bellezza senza esercizio, senza sport e senza salute. La bellezza ha un legame con la bontà e il bene: quello che è bello è buono, da cui il termine “bello da mangiare”; ciò che è brutto è cattivo. Così, la bellezza e il sentimento di essere belli sarebbero la garanzia che l’odio non si scatena e che non è pronto a essere esercitato sia sugli oggetti esterni che sugli oggetti interni e che è, quindi, legato. La bellezza ha anche una parentela con la verità: come quest’ultima, si dice, si impone con evidenza, piace allo spirito e, talvolta, tocca il cuore. La bellezza è legata principalmente alla giovinezza e alla femminilità. La bellezza e la giovinezza sono garanzia di seduzione, piacere, successo sociale e felicità. Allo stesso tempo, il degrado fisico e l’invecchiamento sono nascosti come se disturbassero l’ordine sociale e fossero vergognosi. Le immagini veicolate dai media vanno tutte nella stessa direzione: il successo appartiene a coloro che sono belli e giovani. Nessuno è così ingenuo da ignorare che, dietro a queste immagini, c’è un potente mercato della cosiddetta “bellezza” e delle remunerazioni legate all’estetica (come le lampade abbronzanti), che hanno con il denaro e con il profitto relazioni pericolose. Il bello è, ancora oggi, legato alla femminilità. Questo patrimonio deriva principalmente dal Rinascimento, durante il quale, secondo Vigarello, la bellezza moderna si definisce solo al femminile [5] . Tuttavia, i tempi cambiano. Anche gli uomini rivendicano il diritto di essere belli e diventano gli iniziatori di un mercato cosmetico ed estetico, nel quale si sono inseriti. La bellezza ha sfaccettature problematiche e nascoste. È spesso associata alla stupidità (da cui le espressioni “un affascinante idiota” o “sii bella e taci”) e, a volte, alla cattiveria. Inoltre, la bellezza può essere spaventosa: si chiama “bellezza fatale” o “bellezza del diavolo”. In ultima analisi, l’essenza della bellezza rimane misteriosa. Ma alcune donne e alcuni uomini vogliono a tutti i costi conformarsi a un modello ideale e, quindi, irraggiungibile. La ricerca di una bellezza irraggiungibile, di una giovinezza che sfugge inesorabilmente e di una femminilità enigmatica è un sogno condiviso da molti, che può diventare rapidamente un incubo. Il soggetto viene, quindi, catturato dalla sua immaginazione, schiavo della sua realtà psichica e cieco rispetto al mondo reale (la moda delle labbra gonfiate ne è un esempio).
Alcune situazioni cliniche Malattie cutanee Sono spesso malattie visibili. Qualsiasi malattia organica, realizza, nel soggetto malato, una ferita narcisistica più o meno importante. La specificità delle patologie cutanee è di fare appello allo sguardo e di alterare l’immagine di se stessi. A seconda dei casi, un’immagine così alterata sarà fonte di curiosità, di disgusto, di repulsione o, ancora, di imbarazzo o di vergogna. Nell’inconscio collettivo, la malattia della pelle resta ancora, in effetti, sinonimo di malattia contagiosa, di malattie venerea e di malattia vergognosa. La paura del contagio ha favorito l’esclusione del malato dermatologico, a cui era proibito di toccare. I lebbrosi ne sono l’esempio più eclatante. La visibilità delle
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malattie cutanee ha anche favorito un’interpretazione sovrannaturale del loro verificarsi: le malattie della pelle possono essere considerate come segni di contaminazione, un’impurità dell’anima o una punizione divina. Tuttavia, accanto a un’interpretazione della malattia della pelle come una punizione divina, si è progressivamente sviluppata un’altra interpretazione, quella della malattia della pelle come prova satanica. Ogni uomo, se onesto, virtuoso e religioso, può essere messo alla prova da Dio (come Giobbe, quel vecchio coperto di piaghe pruriginose da Satana e che, sul suo letamaio, mantiene la sua fede in Dio). Qualsiasi alterazione della pelle rischia, quindi, di far sorgere nel malato il fantasma secondo il quale la sua pelle, quando affetta, mostra e rivela quello che avrebbe dovuto rimanere nascosto e contenuto nel proprio spazio psichico e che, a causa di una difficoltà a contenerlo efficacemente, può espandersi su tutta la superficie del corpo, agli occhi di tutti. In qualsiasi momento, il malato può temere di essere “tradito” dalla sua pelle: dal semplice arrossamento intempestivo del viso fino alle lesioni difficili da mascherare. Soprattutto, rischia di avvenire impercettibilmente, a livello immaginario, uno slittamento semantico: dalla malattia della pelle, all’anormalità, alla mostruosità e a una colpa morale. Non solo “che cosa ho fatto?”, ma anche “che cosa ho fatto di male?” (sottinteso, per essere, così, marcato agli occhi di tutti). Tutti questi elementi spiegano quanto il deterioramento della qualità della vita e l’impatto socioprofessionale e psicologico delle malattie cutanee siano imprevedibili e spesso non paralleli alla gravità clinica accertata dal dermatologo [20] . La cronicità abituale delle malattie della pelle spiega anche la frequenza dell’associazione di un episodio di depressione e/o ansia a una patologia cutanea, nonché la frequenza dell’alterazione della qualità della vita, anche nella sua dimensione sessuale, e della disattenzione (a parte il problema del costo della malattia) [21, 22] .
Malattie generali Il contributo della cosmetologia nelle malattie generali, in particolare nel cancro, ma anche, per esempio, nel lupus eritematoso sistemico, è ben consolidato [23–25] . I trattamenti cosmetici aiutano il malato a convivere con un’immagine di sé degradata dalla progressione della malattia e dai diversi trattamenti effettuati (la caduta dei capelli secondaria alla chemioterapia o le alterazioni cutanee dovute a nuovi farmaci antitumorali mirati ai recettori tirosina chinasi e al recettore dell’epidermal growth factor) [26] . Una simile immagine di sé può ricordare, in ogni momento, la malattia al paziente così come la minaccia che pesa sulla sua vita. In queste circostanze, non è sorprendente che i trattamenti cosmetici, talvolta organizzati in centri specializzati, possano competere contro il verificarsi di una possibile depressione e/o ansia. La valutazione dei problemi estetici legati a una malattia cutanea o generale ma anche ai differenti trattamenti della stessa permette un miglioramento della qualità della vita dei pazienti e una migliore compliance del paziente a questi ultimi (per esempio, in caso di acne in un adolescente). Tuttavia, la visibilità particolarmente importante e cronica di una malattia non deve far minimizzare, per l’intensità delle ripercussioni sociali e professionali, familiari e psicoaffettive, il ruolo dei fattori psicologici preesistenti al verificarsi di questa malattia [13] .
Adolescenza Si tratta di un delicato periodo di maturazione della sessualità e dell’affettività in cui viene impostato un processo di separazione. L’adolescente deve trovare altre persone, a differenza dei genitori, da sedurre e delle risorse EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
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diverse in se stesso e nel suo corpo da quelle della sua infanzia, per raggiungere questo obiettivo. Le ricerche nell’abbigliamento, cosmetiche ed estetiche degli adolescenti svolgono un ruolo significativo nel raggiungimento da parte di questi ultimi di un’autonomia e di un’identità (sessuale, soprattutto) da affermare. L’appartenenza a un gruppo è importante per l’equilibrio somatopsichico dell’adolescente: lo rassicura circa la sua capacità di essere apprezzato e amato. Questa appartenenza è segnata, in particolare, sulla pelle. Questi segni possono assumere il valore di un vero e proprio passaggio all’azione, permettendo, mettendoli in evidenza, di rafforzare limiti somatici e psichici vissuti come fragilità dall’adolescente. Uno studio ha dimostrato che i tatuaggi e i piercing possono essere segni di una fragilità psichica e predire i comportamenti a rischio (varie dipendenze) [27] . Per lungo tempo, l’adolescente può vergognarsi delle trasformazioni visibili del suo corpo. Questa vergogna è spesso espressa con un pudore esagerato. Il medico non deve dimenticare la possibile esistenza di tali sentimenti nel suo giovane paziente. Nell’adolescenza, l’insicurezza narcisistica è estrema e può essere aumentata dalla minima imperfezione della pelle del viso o del corpo. Così, a causa di questa insicurezza narcisistica e a causa della natura cronica dell’acne, l’impatto psicosociale della malattia è frequentemente importante. Anche se i pazienti con acne non vivono come disabili, riportano, però, una qualità della vita compromessa. Uno studio ha dimostrato che il grado di compromissione della qualità della vita in caso di acne era paragonabile a malattie somatiche croniche ritenute gravi (asma, epilessia, lombalgia, ecc.). Un altro studio particolarmente originale ha dimostrato che non vi era alcuna correlazione tra la gravità clinica dell’acne e la quantità di denaro che i pazienti erano disposti a pagare per la cura di questa malattia. Al contrario, c’era una correlazione tra l’ammontare di questa somma e il grado dell’alterazione della qualità della vita [28] . Una comorbilità con disturbi psichiatrici spesso indipendenti della gravità clinica è frequente nei pazienti affetti da acne. Uno studio ha dimostrato che i pazienti con acne lieve e media avevano, tra i pazienti affetti da varie malattie della pelle, un punteggio di depressione leggermente inferiore rispetto a quello dei pazienti affetti da psoriasi, il cui punteggio era quello più alto rispetto a tutti i malati affetti da una malattia cutanea. Inoltre, il tasso di prevalenza dell’ideazione suicida in pazienti affetti da acne (7,2%) era superiore a quello riscontrato in pazienti con altre patologie croniche ritenuti più gravi (diabete, ipertensione, malattie reumatiche, ecc.) (3,3%-3,4%) [29] . In queste condizioni, è facile immaginare che il medico abbia molte occasioni di natura cosmetica o estetica per incontrare un adolescente. Deve essere stabilito un dialogo tra l’adolescente e un medico, disposto in maniera particolare all’ascolto delle lamentele estetiche espresse dal suo giovane paziente. Delle decisioni terapeutiche adatte e ragionevoli possono, quindi, essere sviluppate congiuntamente dal medico, dall’adolescente e, se necessario, dai genitori di quest’ultimo. In un tale clima di fiducia, il ragazzo riesce a capire i limiti degli approcci terapeutici in alcuni problemi estetici e ad accettare un’eventuale astensione terapeutica. A volte, le preoccupazioni del giovane rispetto all’estetica del suo corpo sono francamente anormali [30, 31] . Non corrispondono ad alcuna imperfezione cutanea e/o corporea constatata oppure sono sproporzionate rispetto all’imperfezione incriminata. Parliamo di dismorfofobia o, secondo la denominazione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder IV, di paura di una dismorfia corporea (body dysmorphic disorder). Le preoccupazioni dell’adolescente sono soprattutto di natura ossessiva: esse sono estranee alla volontà del sogEMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
getto, assurde o reprensibili, da cui una lotta ansiosa per venirne a capo. Esse sono relative all’insieme della morfologia corporea (forma, altezza, peso) o di una parte determinata del corpo (viso, peli, pelle, attaccatura dei capelli, forma del naso, ecc.). A volte, infine, nessun dialogo, nessuna rassicurazione e nessun trattamento riescono a calmare queste preoccupazioni. L’adolescente continua a scrutare allo specchio i follicoli pilosebacei del suo naso, per esempio con un grande senso di estraneità o, addirittura, di perdita di identità. Si parla, allora, di dismorfofobia delirante, che può segnare l’ingresso nella schizofrenia: il giovane ha la ferma convinzione che una certa parte del suo corpo sia sgradevole. È un’idea sbagliata in cui crede, in netto contrasto con la realtà o con l’evidenza. Tutti questi casi necessitano di un doppio supporto, sia somatico (dermatologico) che psichiatrico. Il lavoro più duro è quello somatico, perché il medico è consultato in prima linea e da solo e, talvolta, per lungo tempo e deve far accettare all’adolescente l’idea di questo doppio supporto. A tal fine, il medico può contare sulla scoperta di una depressione (che può essere grave e portare al suicidio) per incoraggiare l’adolescente a un consulto psichiatrico. In ogni caso, con un adolescente che soffre di dismorfofobia, l’unica urgenza è quella di costruire un forte rapporto medico-paziente. L’ereutofobia, la paura di arrossire di fronte agli altri, si avvicina alle dismorfofobie. Si tratta di una manifestazione fobico-ossessiva, associata frequentemente ad altri segni di ansia sociale. Tuttavia, può preannunciare un’idea delirante a sfondo corporeo ed essere vissuta come la paura di lasciar trasparire i pensieri o i sentimenti, vergogna o senso di colpa (delirio di indovinamento del pensiero).
Abbronzatura Nell’adolescenza, in particolare, esiste un comportamento a rischio che riguarda i dermatologi: l’abbronzatura. L’abbronzatura, ottenuta con ripetute e prolungate esposizioni alle radiazioni ultraviolette, naturali o artificiali, ricercata in particolare dai giovani occidentali, è un vero e proprio comportamento a rischio, in quanto promuove l’insorgenza, tra l’altro, di tumori della pelle e, soprattutto, del melanoma. Il dermatologo è spesso portato a dare il suo parere perché, nonostante i messaggi di prevenzione, lungi dal diminuire, le esposizioni al sole senza un’adeguata protezione (crema, cappello, abbigliamento protettivo) sono in aumento, come indicato chiaramente da un lavoro svolto tra gli studenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni, ogni tre anni, dal 1993 al 2002 [32] . I benefici narcisistici a breve termine, ottenuti con l’abbronzatura (soprattutto miglioramento dell’aspetto fisico, del potere seduttivo e, quindi, ripristino di un’immagine di sé che il giovane ritiene difettosa), sono superiori ai possibili svantaggi, tanto più che i principali svantaggi dell’abbronzatura riguardano un futuro lontano in cui gli adolescenti, in particolare, hanno difficoltà a proiettarsi [33] . Uno studio svedese illustra bene questi concetti [34] . Naturalmente, un individuo più grande può avere un comportamento adolescenziale nei confronti dell’abbronzatura quando, per esempio, ha un immagine di sé negativa e una bassa autostima, con o senza uno stato ansiosodepressivo. I dermatologi sono ben decisi a fornire messaggi coerenti ed efficaci di prevenzione, indirizzati, per esempio, ai giovani: occuparsi narcisisticamente di se stessi non riguarda solo il corpo ma anche i buoni contenuti interni (amicizie, amore, lavoro, tempo libero, ecc.).
Invecchiamento Nella nostra società occidentale contemporanea, l’allungamento della speranza di vita è spettacolare, ma
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la vecchiaia non è certo un valore sociale. Tutti vogliono vivere più a lungo, ma nessuno vuole invecchiare [35] . La nostra società è sempre più caratterizzata dall’individualismo. Ogni individuo diventa autonomo, per dimostrare costantemente qualcosa e per competere con gli altri. Unico responsabile dei suoi successi e insuccessi, unico responsabile di ciò che gli accade, egli è responsabile anche del suo “lasciarsi invecchiare”. Il soggetto che invecchia potrebbe sentirsi in colpa per aver fatto deteriorare il suo corpo e per aver fatto diventare la sua carne flaccida e si vergogna di non essersi preso cura di sé o di non aver mantenuto la sua gioventù. L’invecchiamento comporta, allora, una profonda ferita narcisistica, tanto più che gli effetti dell’invecchiamento segnano la pelle e alterano bellezza e seduzione. Inoltre, in seguito alla perdita della giovinezza, della bellezza e della seduzione, le perdite durante l’invecchiamento interessano tutte le aree della vita: sociale (lavoro), emotiva (coniuge, amici) e personale (capacità psichiche, fisiche e sessuali). Così, arriva un momento in cui il soggetto non può più nascondere la sua età, un momento in cui si trova di fronte alla perdita dell’affidabilità della sua pelle, che non è più “il miglior messaggero” della sua intimità. Invecchiare vorrà dire anche perdere ciò che Le Breton chiama il proprio “viso di riferimento” [36] . Per questo autore, il viso di riferimento è quello della giovane maturità, quello che ha fatto le prime esperienze nel mondo e che ha conosciuto la facilità di contatto con gli altri e l’amore. L’invecchiamento fa perdere agli uomini e alle donne il loro “vero volto”; questo può essere vissuto come sfregio e può anche portare alla perdita di sé e a un’autoespropriazione. Gli uomini e le donne non sono uguali di fronte alla perdita della loro giovinezza, poiché anche la femminilità rischia di essere persa. Nel suo romanzo La fin de Chérie, Colette descrive in questi termini Léa, la vecchia maestra di Chéri: “la gonna unita e la lunga giacca impersonale socchiusa su una camicia con volant annunciavano l’abdicazione, la normale diminuzione della femminilità e una sorta di dignità senza sesso”. Tuttavia, ci sono anziani curati e a modo, che non rinunciano a una certa seduzione e a un’acuta intelligenza, efficace in molti settori, e attivi sessualmente, e dei giovani adulti, vecchi prima del tempo, che conducono una vita monotona, tetra e povera di investimenti emotivi e sociali. In realtà, l’invecchiamento mette alla prova le capacità del soggetto di adattarsi alle perdite e al cambiamento. Queste capacità sono dapprima radicate in un’immagine di sé che rimane affidabile nel tempo. Un “capitale narcisistico” abbastanza forte da resistere alle ferite narcisistiche causate dall’invecchiamento contribuisce anche all’adattamento del soggetto alle perdite che subisce e favorisce le sue possibilità di cambiamento. Delle identificazioni riuscite, nei genitori, per esempio (e anche in personaggi pubblici presi come modelli), permettono di accogliere come oggetti ritrovati che erano stati perduti, e non di rifiutarli con odio, segni fisici (o psicologici) di invecchiamento constatati nel proprio padre o nella propria madre. Infine, la qualità dei legami relazionali creati durante l’infanzia e la qualità di quelli che sono creati nella vita adulta e mantenuti per tutta la vita preservano dalla solitudine quando il soggetto sta invecchiando. In realtà, si invecchia tanto meglio quanto più si riesce a conservare dentro di sé, per tutta la vita, buoni valori interni, vale a dire le persone, gli ideali, le passioni e così via. È la permanenza di questi valori buoni in sé che dà al soggetto un senso di continuità e che gli permette di riconoscere se stesso allo specchio e, quindi, di non vivere come un estraneo a se stesso, inquietante, mentre l’invecchiamento ha cambiato e trasformato il suo corpo, il suo volto e tutto il suo aspetto.
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Gli strumenti messi a disposizione dalla medicina saranno utilizzati secondo una prospettiva segnata dal modo in cui il soggetto approccia il proprio invecchiamento. Possono essere utilizzati per nascondere una ferita narcisistica insopportabile, che può portare a comportamenti che possono essere descritti come dipendenza. Al contrario, essi possono essere utilizzati con discrezione, per correggere alcuni aspetti sgradevoli, il cui trattamento contribuirà a preservare il capitale narcisistico. Infine, si può trattare di un modo per preservare la propria individualità e per differenziarsi, per esempio, da uno dei genitori. Alcune rughe a orientamento verticale donano uno sguardo severo. Il loro riempimento, addolcendo l’aspetto generale, può permettere di differenziarsi da una madre o da una nonna che erano troppo severe.
Rapporto medico-paziente: le sue peculiarità in cosmetologia La pratica della dermatologia estetica non si improvvisa. Per la maggior parte delle volte, i soggetti che si incontrano da un dermatologo sono volontari, ben informati, alla ricerca di un servizio adeguato alla loro richiesta, esigenti anche nella presa in carico materiale (locali, utilizzo degli strumenti, organizzazione dello studio, ecc.) e psicologica (qualità dell’ascolto, disponibilità, comunicazione semplice e affidabile, ecc.) e molto attenti ai risultati ottenuti. Bisogna, quindi, sapere come prendere in considerazione tutti questi elementi, per evitare un passaggio graduale da un rapporto medico-paziente a una relazione commerciante-cliente. La questione dell’etica si pone, dunque, in maniera forte e l’interesse finanziario non deve diventare un elemento che guida la scelta delle indicazioni per il medico. Come in altre discipline mediche, nel corso del primo incontro, entrambi i soggetti di questo rapporto arrivano con la propria immagine o la propria rappresentazione, tra l’altro, di bellezza, gioventù, amore, salute, malattia, medicina e medici, vita, vecchiaia, morte e così via. Ma, in dermatologia estetica, questo contesto, in maniera più o meno evidente, è particolarmente attuale, poiché l’immaginazione è al centro della relazione medicomalato. Un soggetto, la cui richiesta si situa nel campo della cosmetologia, rischia spesso di interpellare il dermatologo per le sue convinzioni e le sue credenze. Questa richiesta riaccende, allora, nel dermatologo, più o meno consapevolmente, affetti vari, a volte violenti. Questi affetti, se non sono adeguatamente valutati dal dermatologo, possono ostacolare il rapporto medico-paziente e, quindi, una presa in carico estetica coerente. Il medico deve essere, quindi, attento all’ascolto di sé più che del soggetto che gli chiede un approccio estetico. L’ascolto di questo soggetto deve essere guidato da domande prive di preconcetti e aiutarlo a esprimere al meglio le proprie motivazioni e aspettative. Per esempio, è importante identificare il contesto biografico in cui è avvenuta la richiesta di natura cosmetica o estetica. Questa richiesta è, così, ubicata meglio nella storia del soggetto e il suo significato è più chiaro (può rivelarsi, per esempio, una depressione). Vengono, così, evitati incomprensioni, malintesi o rancori: il dermatologo che attribuisce importanza alla dimensione cosmetica della dermatologia non è una figura onnipotente in grado di creare una bellezza immaginaria o di far ritornare gli amori andati via e così via. Infine, solo un dermatologo può scoprire, al di là di una pelle sensibile o di una lotta per conquistare una bellezza che è nascosta o per cancellare qualsiasi segno del EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
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Tabella 1. Personalità paranoide. Caratteristiche principali
Diffidenza generale ingiustificata, con mancanza di fiducia negli altri
Ipersensibilità Restrizione dell’affettività, definita da almeno due dei seguenti elementi: - aspetto di “freddezza” - orgoglio di essere obiettivo, razionale, non emotivo - mancanza di senso dell’umorismo - assenza di sentimenti passivi, dolcezza, tenerezza e sentimentalismo Altre caratteristiche
una patologia cutanea. La dermatologia estetica permette di migliorare la qualità della vita di un paziente, così come accade con l’osservanza, da parte dello stesso, del trattamento locale e/o generale della sua malattia cutanea o generale. La dermatologia estetica consente anche un passaggio più semplice in alcuni momenti cruciali della vita come l’adolescenza e la vecchiaia. Quando si ricorre alla dermatologia estetica, il dermatologo aiuta il soggetto a riconciliarsi con la sua pelle e con il suo corpo. Questa riconciliazione è spesso associata a una riconciliazione del soggetto con la sua immagine di sé e a un’autostima ritrovata che credeva persa.
Riferimenti bibliografici
Ostilità con egocentrismo
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Rigidità Rifiuto del compromesso Ambizione Disprezzo degli altri percepita come debolezza Frequenti difficoltà interpersonali con, a volte, inadeguatezza socioprofessionale
passare del tempo, le sofferenze psichiche sepolte e radicate in una fragilità vecchia e narcisistica (per esempio, una depressione). Una revisione degli studi epidemiologici mostra che il tasso di suicidi tra le donne che hanno ricevuto protesi mammarie per fini estetici è due volte superiore rispetto a quello delle donne nella popolazione generale [37] . In ogni caso, una depressione non controindica un approccio estetico. Bisogna solo trattarla e tenerne conto in occasione dei consigli estetici proposti e nell’esposizione dei risultati attesi. Infine, nonostante tutti gli sforzi del proprio dermatologo, un soggetto in malafede non può essere soddisfatto dei risultati. Il dermatologo deve prima ascoltare con empatia le rimostranze del soggetto senza autoflagellarsi o attaccare e, poi, deve cercare, con quest’ultimo, un compromesso per uscire dal conflitto. Alcuni soggetti, tuttavia, diventano molto esigenti, a volte in un modo delirante. È importante, quindi, che il dermatologo possa identificare le principali caratteristiche delle personalità paranoidi e che abbia il sostegno di uno psichiatra (Tabella 1). Quest’ultimo, che incontri o meno il paziente, rappresenta un valido aiuto.
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Conclusioni La pelle occupa un posto centrale nel sentirsi belli e nell’aspetto. Un aspetto attraente è diventato, soprattutto nella nostra società occidentale contemporanea, una risorsa importante per il successo affettivo, sociale e professionale. Il culto dell’individuo autonomo, responsabile del suo corpo, del suo aspetto e della sua salute, rafforza questa tendenza alla competitività feroce che si esercita principalmente nel settore professionale. Inoltre, in questo campo, l’esperienza legata all’età non è più tanto apprezzata e gli anni che sono passati devono, piuttosto, essere cancellati. Questo movimento, incoraggiato naturalmente dalle industrie e dai media, ora sembra inevitabile e, tuttavia, non risulta essere privo di benefici. Ognuno è, in effetti, spinto a prendersi cura di se stesso e a investire tempo (e denaro) per il benessere fisico, primo passo verso un benessere psichico. In questo approccio, la dermatologia estetica ha un ruolo importante da svolgere, che il paziente incontrato sia indenne o meno da EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei
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R. Malet, Dermatologue, ancien interne des hôpitaux de Paris, ancien chef de clinique assistant (
[email protected]). 65, boulevard de Courcelles, 75008 Paris, France. S.-G. Consoli, Dermatologue, psychanalyste. 7, rue Mouton-Duvernet, 75014 Paris, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Malet R, Consoli SG. Aspetti psicologici e socioculturali della pelle e dell’aspetto. EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei 2016;13(1):1-10 [Articolo I – 50-110-A-10].
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