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Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi B. Szekely, N. Liu, M. Dupuy, S. Gaillard, M. Fischler La chirurgia dell’ipofisi per via transfenoidale è il trattamento degli adenomi ipofisari intrasellari. Questa via di accesso rispetta le vie ottiche e permette l’adenomectomia selettiva con conservazione di una funzione anteipofisaria normale. La tecnica per via endoscopica non si è ancora generalizzata. Le manifestazioni cliniche degli adenomi ipofisari dipendono della presenza di una sindrome tumorale e dall’ipersecrezione ormonale. La sostituzione ormonale perioperatoria si è semplificata e le sue modalità differiscono a seconda dello stato endocrino. L’intervento chirurgico è di breve durata e si esegue in posizione semiseduta. La difficoltà di gestione delle vie aeree domina il periodo perioperatorio nel paziente acromegalico. Le complicanze sono rare, principalmente di ordine metabolico (diabete insipido). © 2007 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.
Parole chiave: Tumori dell’ipofisi; Acromegalia; Malattia di Cushing; Diabete insipido; Neurochirurgia
Struttura dell’articolo
Tabella 1. Frequenza dei tipi di tumori dell’ipofisi operati per via transfenoidale (casistica personale dal 1997 al 2000).
¶ Introduzione
1
¶ Sintomatologia clinica e classificazione radiologica Sintomatologia clinica Classificazione radiologica
1 1 2
Adenomi 94,6%:
¶ Valutazione preoperatoria Valutazione in funzione del tipo di adenoma ipofisario Valutazione cardiovascolare Screening della malattia di Creutzfeldt-Jakob
2 2 3 4
- adenomi a GH 22%
¶ Terapia preoperatoria Premedicazione Antibioticoterapia profilattica perioperatoria Ormonoterapia sostitutiva perioperatoria (a eccezione del diabete insipido)
4 4 4
Cisti della tasca di Rathke 1,3%
¶ Anestesia Monitoraggio Controllo delle vie aeree Tecnica di anestesia Posizione chirurgica Periodo di risveglio
5 5 5 5 7 7
- adenomi non secretori o gonadotropi 25,5% - adenomi corticotropi 16% - adenomi tireotropi 0,5% Craniofaringiomi 1,4% Altri 2,7% GH: ormone della crescita (growth hormone).
5
¶ Tecnica chirurgica
7
¶ Complicanze intraoperatorie Complicanze emodinamiche Embolia gassosa
8 8 8
¶ Sorveglianza e periodo postoperatorio
8
¶ Complicanze postoperatorie Complicanze chirurgiche Complicanze metaboliche
8 8 9
¶ Conclusioni
- adenomi a prolattina 36%
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(Tabella 1). La loro classificazione si è precisata in questi ultimi anni grazie all’immunomarcatura. Le difficoltà di gestione di questi pazienti sono essenzialmente legate alla varietà delle patologie endocrine. La gestione delle vie aeree superiori domina il periodo operatorio nel paziente acromegalico e il rischio d’insorgenza di diabete insipido domina il periodo postoperatorio.
■ Sintomatologia clinica e classificazione radiologica Sintomatologia clinica Le manifestazioni cliniche degli adenomi ipofisari derivano dalla presenza di una sindrome tumorale e di quella di un’ipersecrezione ormonale.
■ Introduzione
Sindrome tumorale
I tumori dell’ipofisi rappresentano circa il 10% dei tumori cerebrali: si tratta, praticamente in tutti i casi, di adenomi
Nella maggior parte dei casi è la conseguenza di adenomi non secernenti [1] . I segni clinici sono generalmente tardivi e
Anestesia-Rianimazione
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I – 36-614-A-10 ¶ Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi
■ Valutazione preoperatoria Valutazione in funzione del tipo di adenoma ipofisario Oltre agli elementi di solito ricercati in consultazione di anestesia, alcuni elementi sono più specificatamente ricercati in funzione del tipo di adenoma ipofisario.
Figura 1. Risonanza magnetica (RMN) preoperatoria di un adenoma growth hormone (GH) (grado 2).
associano segni visivi, cefalee croniche e segni di ipopituitarismo; questo spiega il fatto che la loro diagnosi spesso è fatta nella fase di macroadenoma. La sindrome tumorale visiva (diminuzione dell’acuità visiva, emianopsia bitemporale, sfumatura papillare al fondo dell’occhio, diplopia) testimonia l’importanza dell’espansione soprasellare dell’adenoma, soprattutto in alto e in avanti con compressione delle vie ottiche, più raramente lateralmente nei seni cavernosi, che si accompagna allora alla compressione dei nervi oculomotori. Le altre estensioni extrasellari sono asintomatiche. L’estensione tumorale intrasellare comprime o distrugge il tessuto ipofisario sano, spiegando i segni di ipopituitarismo. I segni di un’ipertensione endocranica sono rari per lo sviluppo lento dell’adenoma. Infine, in rari casi alcuni tumori ipofisari sono diagnosticati in un quadro clinico acuto legato a una necrosi tumorale. Il quadro di apoplessia (necrosi emorragica) associa cefalea, nausea, vomito, disturbi visivi maggiori e sindrome da insufficienza ipofisaria acuta. È favorito da una terapia anticoagulante, estrogenica o anche da una gravidanza. L’indicazione operatoria è urgente in caso di riduzione rilevante dell’acuità visiva.
Sindrome da ipersecrezione ormonale Gli adenomi funzionali sono generalmente costituiti da un solo tipo cellulare e si manifestano con una ipersecrezione mono-ormonale (adenomi a prolattina, somatotropo, corticotropo, tireotropo o gonadotropo). Esistono tuttavia alcuni adenomi misti, tra cui i più classici sono gli adenomi a growth hormone (GH) e a prolattina. Peraltro, un’iperprolattinemia secondaria moderata (inferiore a 200 ng/ml) può sopraggiungere per perdita dell’inibizione tonica della secrezione di prolattina, qualunque sia il tipo tumorale (iperprolattinemia funzionale o da deconnessione).
Classificazione radiologica La diagnostica per immagini cerebrale con risonanza magnetica nucleare (RMN) è l’esame di riferimento e permette di localizzare degli adenomi di più di 5 mm e di valutarne l’estensione (Fig. 1) [2]. La classificazione francese stabilita da Derome et al. [3] comporta cinque gradi: • grado 0: microadenoma con deformazione localizzata della sella turcica, senza aumento del suo volume; • grado 1: ingrandimento della sella turcica senza espansione soprasellare; • grado 2: espansione soprasellare senza alterazione visiva; • grado 3: estensione soprasellare con lesione visiva o espansione a livello del seno sfenoidale (grado 3’); • grado 4: adenoma gigante. Si possono anche classificare gli adenomi in tre categorie: microadenoma di meno di 10 mm, macroadenoma di più di 10 mm intrasellare o con estensione extrasellare (Fig. 2).
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Adenomi non secernenti o gonadotropi Questi due tipi di adenoma sono simili: una gran parte degli adenomi non funzionali sono in pratica adenomi gonadotropi. I deficit corticotropo o tireotropo devono essere correttamente sostituiti.
Adenomi prolattina-secernenti Il contesto clinico in un soggetto giovane non pone alcun problema di anestesia.
Adenomi somatotropi Gli adenomi somatotropi (a GH) sono responsabili di quasi tutti i casi di acromegalia. Questi pazienti sono a rischio elevato di intubazione difficile [4, 5], di sindrome da apnea nel sonno [6] e di ipossiemia postoperatoria. Ciò si spiega con la sindrome dismorfica facciale (ipertrofia del naso, prognatismo e slargamento dei mascellari), la macroglossia e l’ipertrofia delle mucose faringea e laringea, che favoriscono l’ostruzione respiratoria durante il sonno, in particolare quando è presente un aumento delle dimensioni dell’epiglottide, delle corde vocali e un’ipertrofia dei turbinati. Due serie importanti della letteratura concordano per una prevalenza di intubazione difficile di 9,1 [5] e 10% [4] . Questo rischio è nettamente superiore a quello riscontrato nei pazienti operati di un adenoma ipofisario non funzionale, che è del 2,6% [5]. Il rischio di intubazione difficile è maggiore se si constata un punteggio di Mallampati 3 o 4 [4], ma questo segno non ha un’alta specificità. Peraltro, più del 50% dei pazienti acromegalici ha una ipertensione arteriosa sistodiastolica, a testimonianza di una ritenzione idrosalina con ipervolemia. Una cardiomegalia è sempre presente, in rapporto con una splancnomegalia o legata a un’insufficienza cardiaca in genere a flusso elevato. Una coronaropatia è frequente e può essere responsabile di infarto del miocardio. La prognosi del danno cardiaco è tanto più sfavorevole quanto più è giovane il soggetto. Un diabete di tipo 2 è frequente e può evolvere verso un diabete insulinodipendente. Le modificazioni anatomiche delle mani si accompagnano a neuropatie periferiche (sindrome del tunnel carpale) e a rimaneggiamento delle arcate palmari, che possono compromettere la vascolarizzazione della mano se si posiziona un catetere radiale [7]. Alcuni pazienti beneficiano di un trattamento preoperatorio con un analogo della somatostatina, che inibisce la secrezione dell’ormone della crescita e del thyrotropin stimulating hormone (TSH). Una riduzione del 20% al massimo del volume tumorale dell’adenoma è osservata in un terzo dei pazienti, e può facilitare la procedura chirurgica. Questo tipo di terapia è in corso di valutazione [8].
Adenomi corticotropi Gli adenomi corticotropi (o ad adrenocorticotrophin hormone [ACTH]) interessano essenzialmente la donna tra i 30 e i 40 anni, con un’ipersecrezione di ACTH di origine alta responsabile della malattia di Cushing. Diversi elementi devono essere valutati: il rischio di intubazione difficile (adiposità faciotronculare con un collo molto corto, ma la sua prevalenza è in realtà identica a quella della popolazione dei pazienti operati di un adenoma non funzionante [5]), il capitale venoso, la presenza di ipertensione arteriosa e a volte di insufficienza coronarica, Anestesia-Rianimazione
Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi ¶ I – 36-614-A-10
C1
A
B
C2
D
E
C3
Figura 2. Classificazione degli adenomi secondo le dimensioni e l’espansione soprasellare e risonanza magnetica (RMN) corrispondente. A. Microadenoma (<10 mm). B. Macroadenoma. C. Espansioni soprasellari. C1: grado 1: che non interessano il chiasma; C2: grado 2: che sollevano il chiasma; C3: grado 3: che respingono la parte anteriore del 3o ventricolo (V3). D. Espansione sottofrontale. E. Espansione inferiore nel seno sfenoidale.
alterazioni dell’emostasi (fragilità capillare, ipercoagulabilità con rischio di trombosi che può richiedere la prevenzione della malattia tromboembolica), una ripercussione metabolica con intolleranza ai glucidi, perfino un diabete vero, ipokaliemia e ritenzione idrosalina. Peraltro, l’ipercorticosurrenalismo comporta un abbassamento dell’immunità cellulare, da cui l’importanza dell’antibioticoprofilassi.
Adenomi tireotropi Una preparazione ormonale preoperatoria è necessaria per controllare l’ipertiroidismo. Alcuni pazienti beneficiano di un Anestesia-Rianimazione
trattamento preoperatorio con un analogo della somatostatina, che ha un effetto di riduzione tumorale [9]. La scoperta di un diabete insipido deve far rimettere in discussione la diagnosi di adenoma e far ricercare un craniofaringioma o una cisti della tasca di Rathke. Deve essere trattato in fase preoperatoria.
Valutazione cardiovascolare Eccetto i casi particolari dei pazienti affetti da acromegalia o da malattia di Cushing, che richiedono una valutazione specifica, questa deve prendere in considerazione il fatto che
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Tabella 2. Screening della malattia di Creutzfeldt-Jakob e iter da seguire. Fattore di rischio
Precauzioni chirurgiche e anestesiologiche
Assenza di fattori di rischio Presenza di almeno un fattore di rischio
Si applicano le precauzioni chirurgiche e anestesiologiche standard - Precedente trattamento con ormone della crescita estrattivo, in particolare ormone della crescita disponibile sul mercato prima del 1985 - Precedente familiare (genitori o fratelli) di encefalopatia spongiforme subacuta trasmissibile (ESST) legata a una mutazione del gene che codifica per la PrPc: malattia di Creutzfeldt-Jakob familiare, sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker, insonnia fatale familiare
Si devono applicare le massime precauzioni chirurgiche, mentre sono sufficienti le precauzioni anestesiologiche standard
- Antecedente di intervento chirurgico con apertura della dura o che ha potuto richiedere un innesto di dura (liofilizzata di origine umana prima del 1995). Questi pazienti devono essere considerati a rischio dal momento che non si ha la certezza che gli strumenti chirurgici siano stati precedentemente trattati secondo dei provvedimenti almeno equivalenti a quelli della circolare del 14 marzo 2001 Il paziente ha una malattia di CreutzfeldtJakob accertata o fortemente sospettata a
L’indicazione operatoria deve essere discussa
Devono essere adottate le precauzioni chirurgiche e anestesiologiche massimali
a La diagnosi di malattia di Creutzfeldt-Jakob deve essere sospettata, dopo l’eliminazione di tutte le altre cause, per la presenza di comparsa recente ed evoluzione progressiva senza remissione di almeno un segno clinico neurologico (mioclonie, disturbi visivi, disturbi cerebellari, disturbi piramidali, disturbi extrapiramidali, atassia, corea, distonia, sintomi sensitivi dolorosi persistenti, epilessia, mutismo acinetico), associato a disturbi intellettuali (rallentamento psicomotorio, demenza) o psichiatrici (depressione, ansia, apatia, comportamenti di fuga, delirio). Non può essere confermato che dai risultati di un esame istologico (autopsia).
l’intervento è realizzato in posizione semiseduta. Nei pazienti ipertesi si deve eseguire una ecocardiografia per valutare l’entità dell’ipertrofia ventricolare sinistra che potrebbe esagerare le conseguenze emodinamiche del cambiamento di posizione, in particolare se esiste una ostruzione dinamica della camera di eiezione del ventricolo sinistro [10].
Screening della malattia di Creutzfeldt-Jakob La malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ) è trasmessa da agenti trasmissibili non convenzionali (ATNC o prioni). Questa malattia sempre letale può essere di origine iatrogena, il che spiega l’importanza in Francia dello screening dei pazienti a rischio. Questo screening è definito dalla circolare n° 138 del 14 marzo 2001 [11]: mira ai pazienti con manifestazioni cliniche, ma anche e soprattutto a quelli che hanno un fattore di rischio, situazione molto più frequente. Il ruolo dei chirurghi è particolarmente importante nello screening durante la chirurgia dell’ipofisi, intervento ad alto rischio di trasmissione dell’agente patogeno tra i pazienti per via del materiale chirurgico. La Tabella 2 riassume i vari casi (assenza di fattori di rischio, presenza di almeno un fattore di rischio, malattia di CreutzfeldtJakob accertata o fortemente sospettata) che possono presentarsi, così come il comportamento da tenere (precauzioni chirurgiche e anestesiologiche). Essa riassume anche le procedure da eseguire. Esiste un rischio potenziale di trasmissione durante l’anestesia, anche se non è stato riportato alcun caso clinico ad oggi nella letteratura medica. Questo rischio sarebbe essenzialmente legato alle manovre per il controllo delle vie aeree [12]. Al contrario, non c’è trasmissione per via aerea riportata per le malattie da prioni e non è stato messo in evidenza un contagio da secrezioni dei pazienti affetti da malattia di Creutzfeldt-Jakob. Le precauzioni anestesiologiche standard comprendono l’uso prioritario di materiali mono-uso (laringoscopio a lama monouso, mandrino di intubazione, maschera laringea). La sterilizzazione sistematica in autoclave, 134 °C per almeno 18 minuti, riguarda quindi solo alcuni apparecchi anestetici semicritici come le lame metalliche dei laringoscopi e le maschere laringee Fastrach®. Riguardo ai fibrobroncoscopi, la procedura standard comprende due pulizie successive e poi una disinfezione con acido peracetico. Le precauzioni anestesiologiche massimali
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portano alla distruzione di tutti i materiali critici e semicritici riutilizzabili che sono stati in contatto con un paziente che abbia una malattia di Creutzfeldt-Jakob accertata o fortemente sospettata [12]. Le precauzioni chirurgiche standard comprendono l’uso prioritario di materiali mono-uso e la sterilizzazione sistematica in autoclave per i materiali di supporto, adattando la modalità di sterilizzazione per gli altri materiali. Le precauzioni chirurgiche massimali prevedono il sequestro, seguito eventualmente dalla distruzione del materiale se la diagnosi è confermata [12].
■ Terapia preoperatoria Premedicazione È orientata dall’esistenza di una sindrome delle apnee del sonno che controindichi la somministrazione di una benzodiazepina o di un sedativo, che possono essere fonte di apnee ostruttive simili a quelle osservate durante il sonno spontaneo [13]. Questa controindicazione può essere assoluta o relativa in funzione della gravità della sindrome di apnea del sonno e dei mezzi di monitoraggio. A eccezione di questi casi, la premedicazione non ha alcuna specificità, ma i farmaci prescritti devono avere un durata d’azione breve in modo da non provocare depressione respiratoria postoperatoria, dato che la ventilazione può essere ostacolata dall’ostruzione nasale e dall’edema. Le terapie usuali, in particolare a scopo cardiovascolare, sono somministrate come d’abitudine.
Antibioticoterapia profilattica perioperatoria La via transfenoidale corrisponde a una chirurgia pulita contaminata (classe 2 di Altemeier). Si consiglia una profilassi con cefazolina (2 g per via endovenosa in preoperatorio – dose unica o ripetuta una volta e alla dose di 1 g se la durata dell’intervento è superiore a quattro ore). La vancomicina alla dose di 15 mg/kg (dose unica) è prescritta in caso di allergia [14]. Anestesia-Rianimazione
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Ormonoterapia sostitutiva perioperatoria (a eccezione del diabete insipido) L’ormonoterapia sostitutiva perioperatoria include la prevenzione dell’insufficienza surrenalica acuta postoperatoria e la sostituzione legata alla patologia endocrina (Tabella 3).
Ormonoterapia sostitutiva legata alla patologia endocrina I pazienti affetti da malattia di Cushing, con segni importanti di ipercorticismo, sono trattati con un antiglucocorticoide di sintesi (terapia soppressiva), Op’DDD o mitotano, che realizza una surrenectomia chimica che può essere definitiva. Si utilizzano anche altre terapie soppressive come l’aminoglutetimide e il chetoconazolo. Il rischio di insufficienza surrenalica acuta giustifica un’ormonoterapia sostitutiva perioperatoria che associ gluco- e mineralcorticoidi. Il trattamento sostitutivo è iniziato nell’immediato preoperatorio, perché la rimozione di un adenoma ACTH provoca, in tutti i casi, una caduta improvvisa della secrezione di cortisolo. In assenza di trattamento soppressivo, nessun trattamento è prescritto il giorno prima dell’intervento nei pazienti affetti da malattia di Cushing. I pazienti affetti da craniofaringioma complicato da panipopituitarismo o da diabete insipido devono continuare a ricevere la terapia sostitutiva fino a dopo l’intervento.
Prevenzione dell’insufficienza surrenalica acuta postoperatoria I derivati dell’idrocortisone (emisuccinato di idrocortisone) sono i più utilizzati nel periodo perioperatorio. Associano un’azione glucocorticoide predominante e un effetto mineralcorticoide minore. Si somministra per via intramuscolare (i.m.) idrocortisone emisuccinato con la premedicazione in tutti i pazienti affetti da malattia di Cushing e craniofaringioma: ciò prosegue nel postoperatorio. Uno schema terapeutico simile è indicato nei portatori di un altro tipo di adenoma (prolattina, GH); in questo caso, il dosaggio della cortisolemia, eseguito in g2 prima dell’assunzione mattutina di idrocortisone (20 mg), permette di definire il proseguimento della terapia. Se la cortisolemia è normale (tra 70 e 250 µg /l), il paziente riceverà 15-20 mg di idrocortisone al giorno per os (in due somministrazioni, mattina e pomeriggio) fino al controllo effettuato a un mese, o più precocemente in caso di comparsa di segni di insufficienza corticotropa. Un nuovo approccio terapeutico consiste nel dosare la cortisolemia postoperatoria ogni sei ore, e sostituire solo i pazienti che accusano sintomi di insufficienza surrenalica associata a una cortisolemia bassa (<20 µg/l). Questa pratica richiede tuttavia che il laboratorio sia in grado di dare i risultati della cortisolemia in meno di un’ora [15]. La somministrazione di un mineralcorticoide 5-10 mg (in funzione del peso) per via i.m. o di 9-alfa-fluoro-idrocortisone per os a partire dal quartogiorno alla dose di 25-100 µg/die, è eccezionale. È necessaria solo in caso di insufficienza surrenalica periferica grave (surrenalectomia o trattamento con antiglucocorticoidi di sintesi).
■ Anestesia Monitoraggio Il monitoraggio non ha specificità. Per alcuni autori l’arteria pedidia è preferibile all’arteria radiale nei pazienti affetti da acromegalia, quando è necessario un catetere arterioso [7]. Il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa è indicato solo se è presente una cardiomiopatia ipertrofica severa [10]. Anestesia-Rianimazione
Controllo delle vie aeree A eccezione dei pazienti acromegalici [5], il controllo delle vie aeree non ha alcuna specificità e la pratica deve corrispondere alle raccomandazioni decretate dalla Conferenza di esperti della Société Française d’Anesthésie Réanimation (SFAR) [16]. I rischi di ventilazione con maschera facciale e di intubazione difficile coesistono nel paziente acromegalico. La prevalenza di una ventilazione difficile con maschera facciale è del 10,9% [4]. Questo è coerente con i dati di Langeron et al. [17] su molti pazienti acromegalici portatori di uno o più dei segni predittivi descritti da questi autori: età superiore ai 55 anni, indice di massa corporea superiore a 26 kg/m2, adentulia, russamento e presenza della barba. In questo caso, posizionando una maschera laringea Fastrach® è possibile preservare l’ossigenazione; una singola inserzione è necessaria nel 90% dei casi, due in altri casi [18]. L’uso di una guida permette di realizzare l’intubazione nei casi difficili [4, 5]. La maschera laringea Fastrach® può essere utilizzato anche per l’intubazione, ma sono stati osservati tre insuccessi su 23 casi [18]. Questi dati relativizzano le indicazioni di una intubazione facilitata dalla fibroscopia nei pazienti acromegalici, tecnica che è difficile da realizzare in questi pazienti [19]. L’intubazione è obbligatoriamente orotracheale, tenuto conto della via di accesso chirurgica. La sonda è posta a livello della commissura labiale sinistra. Viene fissata accuratamente per evitare qualsiasi estubazione accidentale. Vengono posizionati uno o due packing che servono da tamponamento faringeo posteriore per evitare una inalazione intraoperatoria di sangue.
Tecnica di anestesia La scelta degli agenti anestetici e la tecnica di induzione devono tener conto della brevità dell’intervento (durata generalmente inferiore a 45 minuti), del rischio di ventilazione o di intubazione difficili, dei rischi particolari del periodo del risveglio (edema, ostruzione nasale e sanguinamento postoperatorio), e della necessità di una rapida valutazione neurologica postoperatoria. Non esistono argomenti formali che permettano di orientarsi verso un’anestesia totale endovenosa, con sufentanil o remifentanil e propofol o un’anestesia bilanciata. Si può ricordare un minor rischio di comparsa di nausea e di vomito quando si evita l’uso di un alogenato, ma questo elemento è discusso e il rischio d’insorgenza di disturbi del ritmo cardiaco dopo iniezione di una soluzione di adrenalina in un paziente che abbia ricevuto alogenati [20] è più teorico che reale. Una cardiomiopatia ipertrofica rilevata mediante l’ecocardiografia è un elemento di orientamento, in particolare se esiste un cercine settale e quindi un rischio di ostruzione dinamica: indicazione di una benzodiazepina che attenua l’attivazione simpatica, controindicazioni dell’atropina in ragione del rischio di tachicardia, titolazione degli agenti anestetici per limitare l’ipotensione arteriosa, depressione adeguata del sistema simpatico prima dell’intubazione [10] . Gli alogenati sono particolarmente indicati per mantenere l’anestesia, in particolare il sevoflurano, che è un modesto depressivo miocardico poco o nulla tachicardizzante, e che determina una minore riduzione delle resistenze vascolari sistemiche e della pressione arteriosa rispetto a isoflurano o desflurano [10]. Il trattamento di un’ipotensione arteriosa richiede il riempimento vascolare attivo e la somministrazione di efedrina o di un agonista a 1 come la fenilefrina cloridrato. In caso di poussée ipertensiva può bastare aumentare la concentrazione dell’alogenato, altrimenti l’iniezione di un betabloccante come l’esmololo può essere utile [10]. La curarizzazione è abituale, dato che per l’operatore è necessaria l’immobilità del paziente. Il paracetamolo, solo o associato alla morfina, è somministrato fin dall’incisione per anticipare l’analgesia, tenuto conto della brevità dell’intervento.
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Malattia di Cushing sotto trattamento soppressivo e/o con insufficienza surrenalica
Sostituzione ormonale preoperatoria
Sostituzione ormonale nel postoperatorio immediato (g0)
Sostituzione postoperatoria per os
- Giorno prima dell’intervento: proseguimento della terapia sostitutiva anteriore
75 mg di idrocortisone emisuccinato ogni sei ore in e.v.
g1: 75 mg di idrocortisone emisuccinato e.v. la mattina, quindi 20 mg di idrocortisone per os a mezzogiorno e la sera g2: 20 mg (mattino) - 10 mg (mezzogiorno) - 10 mg (sera) di idrocortisone per os; cortisolemia prelevata 8 h prima della dose del mattino
- Premedicazione 75 mg di emisuccinato di idrocortisone in i.m.
g3: idrocortisone 30 mg/die (20-10-0) qualunque sia il tasso di cortisolemia del g2 g15: controllo della cortisolemia al più tardi al g15
Malattia di Cushing con ipercorticosurrenalismo evolutivo senza trattamento soppressivo
- Giorno prima dell’intervento: no trattamento sostitutivo
25 mg di idrocortisone emisuccinato ogni sei ore e.v.
- Premedicazione 50 mg d’emisuccinato di idrocortisone in i.m.
g1: 25 mg di idrocortisone emisuccinato e.v. la mattina, quindi 20 mg di idrocortisone per os a mezzogiorno e alla sera g2: 20 mg (mattino) - 10 mg (mezzogiorno) - 10 mg (sera) di idrocortisone per os; cortisolemia prelevata 8 h prima della dose del mattino g3: idrocortisone 30 mg/die (20-10-0) qualunque sia il tasso di cortisolemia del g2 g15: controllo della cortisolemia al più tardi a g15
Craniofaringioma
- Giorno prima dell’intervento: proseguimento del trattamento anteriore (cortisone, desmopressina e sostituzione tiroidea)
- 25 mg di idrocortisone emisuccinato ogni sei ore e.v.
g1: 25 mg di idrocortisone emisuccinato e.v. la mattina, quindi 20 mg di idrocortisone per os a mezzogiorno e la sera
- Ripresa della terapia sostitutiva
g2: 20 mg (mattino) - 10 mg (mezzogiorno) - 10 mg (sera) di idrocortisone per os; cortisolemia prelevata 8 h prima della dose del mattino
- Premedicazione 50 mg di idrocortisone emisuccinato in i.m.
a partire da g3: idrocortisone 30 mg/die (20-10-0) per un mese se la cortisolemia è bassa o se esisteva un deficit preoperatorio o sospensione dell’idrocortisone se il tasso è normale g30: controllo della cortisolemia 8 h prima della dose del mattino
Altri adenomi
- Giorno prima dell’intervento: no trattamento sostitutivo - Premedicazione 50 mg d’emisuccinato di idrocortisone in i.m.
- o 25 mg di idrocortisone emisuccinato ogni sei ore e.v. e sostituzione con idrocortisone 20 mg per os a partire dalla 18a ora
g1: 20 mg (mattino) - 20 mg (mezzogiorno) - 20 mg (sera) di idrocortisone per os
- o nessun trattamento di principio
a partire da g3: idrocortisone 15-20 mg/die (10-5-0) o (10-10-0) per 1-2 mesi se la cortisolemia è bassa o sospensione dell’idrocortisone se il tasso è normale
g2: 20 mg (mattino) e 10 mg (mezzogiorno) di idrocortisone per os; cortisolemia prelevata 8 h prima della dose del mattino
g30: controllo della cortisolemia 8 h prima della dose del mattino i.m.: intramuscolare; e.v.: endovena.
I – 36-614-A-10 ¶ Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi
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Tabella 3. Protocolli di sostituzione ormonale perioperatoria dell’hôpital Foch.
Anestesia-Rianimazione
Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi ¶ I – 36-614-A-10
Periodo di risveglio Zaffi endonasali perforati vengono posizionati alla fine dell’intervento e i packing vengono tolti. Un’aspirazione del faringe precede l’estubazione che è, come l’induzione, un periodo a rischio nel paziente acromegalico. È prudente che l’estubazione sia realizzata, dopo un test di perdita, mentre il paziente è sul tavolo operatorio, rendendo così più facili le manovre di soccorso. In altri casi l’estubazione non ha particolarità. Il paziente è quindi messo a letto in posizione semiseduta per ridurre il sanguinamento venoso e l’edema locale.
■ Tecnica chirurgica Figura 3. Installazione in posizione semiseduta.
Posizione chirurgica La via venosa è posta di preferenza sul lato sinistro, essendo il chirurgo posizionato alla destra del paziente. Un dispositivo di misura non invasiva automatica della pressione arteriosa è applicato all’arto superiore destro o all’arto inferiore. Gli occhi sono accuratamente occlusi. L’installazione deve evitare qualsiasi compressione nervosa nei punti d’appoggio degli arti (nervo ulnare, nervo sciatico popliteo esterno). Il cateterismo vescicale non è utile, perché l’intervento chirurgico è di breve durata e non richiede trasfusioni né uso di mannitolo. Peraltro, il rischio di diabete insipido perioperatorio è minimo. Dopo l’induzione il paziente viene messo in posizione semiseduta, con la testa girata leggermente verso destra (Fig. 3). L’installazione del materiale deve permettere l’accesso al collo, potendo rendersi necessaria una compressione giugulare per verificare la qualità dell’exeresi, e in particolare per aiutare la discesa intraoperatoria dell’espansione soprasellare o per verificare l’assenza di una breccia del diaframma sellare.
La via di accesso transfenoidale con accesso rinosettale permette la rimozione selettiva dell’adenoma meglio della via endocranica (Fig. 4). Questa via rispetta il tessuto anteipofisario normale [21, 22] ed evita la dissezione delle vie visive. Le cavità nasali sono innanzitutto disinfettate con Betadine®. La riduzione del sanguinamento è ottenuta infiltrando la mucosa e la sottomucosa nasale con soluzione fisiologica adrenalinata (1 mg di adrenalina diluito in 250 ml di soluzione fisiologica). L’infiltrazione richiede circa 25 ml di questa soluzione. L’intervento comporta in successione una incisione sottolabiale superiore, la resezione del rostro dello sfenoide, l’accesso del seno sfenoidale e quindi della sella turcica (Fig. 4). Per verificare la posizione degli strumenti nello spazio soprasellare l’intervento è condotto sotto controllo radioscopico (raggio orizzontale centrato sulla sella turcica). L’uso di un microscopio operatore permette di realizzare l’exeresi selettiva dell’adenoma. Una breccia del diaframma sellare può essere colmata con della fascia lata prelevata sulla coscia destra, che è sempre preparata chirurgicamente; l’operatore si pone sempre alla destra del paziente. Le tecniche endoscopiche per via transnasale poi transfenoidale hanno recentemente avuto un ritorno di interesse. Non hanno per il momento dato prova della loro superiorità in termini di efficacia endocrinologica e di riduzione della morbilità perioperatoria.
Figura 4. Schemi e foto delle due vie di accesso transfenoidali: via sottolabiale (A) e via endoscopica transnarinaria (B).
A
B Anestesia-Rianimazione
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I – 36-614-A-10 ¶ Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi
■ Complicanze intraoperatorie
per le prime 24 ore postoperatorie, poi nel reparto di ricovero. È orientata, a parte il monitoraggio standard, su due elementi specifici: lo stato neurologico (in particolare con la diagnosi precoce di un disturbo visivo o di un disturbo della coscienza) e la diagnosi precoce del diabete insipido. La cartella di monitoraggio deve essere tenuta con molta cura. Essa comprende, oltre agli elementi comuni (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, temperatura ecc.), il volume e la densità delle urine misurati ogni tre ore, l’importanza della glicosuria (da 0 a +++), il volume di compensazione idrica endovenosa o orale, le quantità e gli orari di iniezione del trattamento ormonale sostitutivo. Il bilancio idrico è calcolato ogni tre ore con un richiamo cumulativo ogni 24 ore. La necessità di catetere vescicale è rarissima. Uno ionogramma ematico viene effettuato la mattina dopo l’intervento, o più precocemente in caso compaia una poliuria che faccia temere un diabete insipido. Le misure dell’osmolalità plasmatica e urinaria sono utili ogni volta che la diagnosi è difficile. Il dolore postoperatorio è in genere poco rilevante: il paracetamolo da solo o associato alla codeina basta il più delle volte dopo titolazione endovenosa di morfina all’arrivo in SSPI. La morfina, per via sottocutanea o orale (10 mg quattro volte al giorno), è talvolta necessaria per le prime 24 ore. Gli zaffi endonasali sono asportati il secondogiorno postoperatorio: la loro rimozione può risultare dolorosa e richiedere di anticipare l’analgesia. Il paziente esce dal reparto di neurochirurgia in generale in g3 in assenza di complicanze. Nel postoperatorio si riprendono le terapie ormonali legate alla patologia endocrina (cfr. «Ormonoterapia sostitutiva perioperatoria») (Tabella 3).
Complicanze emodinamiche Il passaggio in posizione seduta si accompagna generalmente a una riduzione modesta della pressione arteriosa per riduzione del ritorno venoso [23]. L’ipotensione può essere prevenuta con un riempimento vascolare e con la somministrazione di un vasocostrittore come l’efedrina, da un posizionamento graduale con flessione delle anche e quindi delle ginocchia, per evitare uno stiramento dei nervi sciatici. Il trattamento richiede un riempimento vascolare attivo e la somministrazione di efedrina o di un agonista a1 come la fenilefrina cloridrato. I pazienti che presentano una ipertrofia ventricolare sinistra hanno una limitata tolleranza al cambiamento della volemia; questo spinge a un cambiamento di postura graduale. Peraltro, l’efedrina è poco o nulla efficace in questo caso. L’infiltrazione della mucosa effettuata con una soluzione fisiologica adrenalinata provoca frequentemente un breve periodo di tachicardia e di ipertensione arteriosa, a volte accompagnata da ipereccitabilità ventricolare. Queste modificazioni sono transitorie e non necessitano di solito di alcun trattamento. Un episodio prolungato o che compare in un paziente a rischio di ischemia miocardica può condurre alla somministrazione di esmololo.
Embolia gassosa Ogni intervento chirurgico eseguito in posizione seduta espone al rischio di embolia gassosa, anche se l’esperienza dimostra che questa complicanza è molto più che eccezionale durante il trattamento degli adenomi ipofisari con accesso transfenoidale. Ciò si potrebbe spiegare con il fatto che l’intervento ha luogo in uno «spazio chiuso». La ricerca di un forame ovale pervio nel bilancio preoperatorio e il monitoraggio intraoperatorio specifico (posizionamento di un catetere venoso centrale nell’atrio destro, Doppler precordiale, pressione arteriosa cruenta) non sono giustificati [24].
■ Complicanze postoperatorie La mortalità è dello 0,2% nelle equipe esperte, le complicanze postoperatorie sono dominate dal rischio di diabete insipido transitorio (Tabella 4) [25, 26].
Complicanze chirurgiche
■ Sorveglianza e periodo postoperatorio
Complicanze vascolari Un ematoma della cavità operatoria si manifesta con il peggioramento o la comparsa nel postoperatorio immediato di disturbi visivi: diminuzione dell’acuità visiva, estensione dell’amputazione del campo visivo, paralisi oculomotoria o
La sorveglianza postoperatoria è assicurata in sala di monitoraggio postintervento (SSPI) oppure in reparto di rianimazione
Tabella 4. Complicanze della chirurgia dell’ipofisi. Complicanze postoperatorie
Casistica dell’hôpital Foch
Studio multicentrico (Ciric et al.
[25])
Peggioramento visivo (in genere secondario a un ematoma della cavità operatoria): - microadenoma
0%
- macroadenoma (stadio 3)
2,8%
0,5-2,4%
Paralisi oculomotoria transitoria (III e VI)
0,1%
0,4-1,9%
- rinorrea
1%
1,5-4,2%
- pneumencefalo
<0,1%
-
- meningite
0%
0,5-1,9%
- sinusite
<0,1%
3,6-9,6%
- diabete insipido neurogeno
0,6% (permanente)-15% (transitorio)
7,6-19%
- iponatriemia ritardata
3%
-
- insufficienza totale dell’ipofisi anteriore
<0,5%
7,2-20,6%
Mortalità
0,2%
0,2-1,2%
Breccia del diaframma sellare:
Complicanze infettive:
Complicanze metaboliche:
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Anestesia-Rianimazione
Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi ¶ I – 36-614-A-10
midriasi. La TC permette di visualizzare l’ematoma e precede il reintervento per via transfenoidale, che s’impone in urgenza. Questa complicanza rara è conseguenza soprattutto dei macroadenomi di grandi dimensioni non funzionali fibroemorragici. Una epistassi «di origine mucosa» può essere indice di una ferita della mucosa nasale e manifestarsi nel postoperatorio immediato, alla rimozione degli zaffi o in maniera più ritardata fino a due-tre settimane. Non è grave. Più raramente, una epistassi può rivelare una fistola carotidocavernosa o un falso aneurisma. Le relazioni anatomiche molto strette tra carotide e sella turcica spiegano i meccanismi di possibile lesione dell’arteria carotide nella chirurgia transfenoidale. La distanza che separa questi elementi deve assolutamente essere valutata in preoperatorio con RMN, se non con angioRMN. Solitamente è di 12 mm, ma talvolta può essere ridotta a 4 mm. Una lesione perioperatoria della carotide interna può provocare emorragia, spasmo, trombosi, embolia, ma soprattutto la formazione di una fistola carotidocavernosa o di un falso aneurisma della porzione intracavernosa della carotide interna. La diagnosi di una tale complicanza vascolare si fa sempre in fase peroperatoria. L’emostasi si ottiene nella maggioranza dei casi con tamponamento e riempimento del seno sfenoidale. In questo caso è indispensabile eseguire un’angiografia nell’immediato decorso operatorio alla ricerca di una fistola carotidocavernosa il cui trattamento sarà quasi sempre endovascolare. Se l’angiografia è normale, sarà necessario eseguire a distanza una angio-RMN alla ricerca di un falso aneurisma secondario il cui trattamento prevede una tecnica endovascolare.
Breccia del diaframma sellare La diagnosi di una breccia con fuga di liquido cerebrospinale può essere fatta nell’intraoperatorio o essere sospettata alla rimozione degli zaffi, che permette di oggettivare la rinorrea o, più a distanza, negli otto-dieci giorni successivi all’intervento (al massimo due-tre settimane). Il rischio è più importante in caso di macroadenoma intrasellare e di tumore che determini una estensione soprasellare. La scoperta intraoperatoria conduce a praticare una plastica muscoloaponeurotica sellare. La persistenza di una perdita impone il reintervento dopo fallimento delle punture lombari iterative o di un drenaggio lombare praticato da alcuni autori. La data di questo reintervento è variabile a seconda delle equipe. La necessità di una terapia antibiotica durante la fase di rinorrea non è stata dimostrata. La comparsa di un pneumencefalo sotto tensione è rarissima, ma molto grave. La breccia è allora responsabile di una rinorrea secondaria con ingresso di aria e richiede un rapido reintervento chirurgico. È equiparabile ai collassi ventricolari.
Complicanze infettive La comparsa di una meningite è rara dopo chirurgia transfenoidale. Spesso è preceduta da una fuga di liquido cefalorachidiano che si rivela essere la porta di ingresso dell’infezione. I germi più spesso riscontrati sono stafilococchi aurei, streptococchi ed enterobatteri. È più frequente in caso di malattia di Cushing. La sua diagnosi deve essere rapida in quanto il decorso può essere fulminante. Può manifestarsi come una complicanza precoce, ma anche tardiva della chirurgia (al massimo due-tre settimane). La comparsa di una sinusite è una complicanza precoce, favorita dalla presenza degli zaffi endonasali che, per tale ragione, vengono ritirati precocemente. I germi responsabili sono spesso degli ospiti della sfera otorinolaringoiatrica (ORL).
giorni o, più raramente, qualche settimana, si verifica in circa il 15% dei casi. Un DI permanente o un’evoluzione trifasica sono rari e complicano soprattutto rispettivamente i pazienti affetti da malattia di Cushing e da craniofaringioma [27, 28]. Un deficit completo di ormone antidiuretico con incapacità a concentrare le urine, poliuria e tendenza alla disidratazione è più raro di un DI incompleto, che traduce la perdita di almeno il 75% della secrezione dell’ormone antidiuretico. I pazienti conservano allora una capacità limitata a concentrare le urine e possono trattenere l’acqua libera in caso di stimoli osmotici o emodinamici significativi. La maggioranza dei pazienti affetti da DI conservano intatti i meccanismi della sete. L’osmolarità plasmatica è mantenuta vicino della soglia della sete a causa della polidipsia. Una ipernatriemia si verifica se la capacità di bere è in difetto (coma, adipsia); la sua sintomatologia varia a seconda della velocità di installazione dell’ipernatriemia e della sua importanza. Diagnosi positiva Si tratta di una poliuria ipotonica e inadeguata. La diagnosi di DI è posta se risultano associati i seguenti criteri: diuresi superiore a 100 ml/h nell’adulto e a 66 ml/h nel bambino di meno di 40 kg (o superiore a 1 ml/kg/h), densità urinaria inferiore a 1 005 (che corrisponde a una osmolarità inferiore a 200 mOsm/kg H2O), natriemia superiore a 142 mmol/l. Nessuno di questi criteri di laboratorio ha valore se è isolato. La densità urinaria deve essere misurata con un densimetro la cui affidabilità sia stata verificata preliminarmente(1 000 in acqua distillata). La densità urinaria è difficilmente interpretabile in presenza di una glicosuria, che ne aumenta il valore. Diagnosi differenziale Bisogna escludere le altre cause di poliuria [29, 30]: • poliurie osmotiche: la densità urinaria è superiore a 1 010. Le cause di poliuria osmotica sono frequenti in neurochirurgia: uso di sostanze osmoticamente attive (mannitolo, mezzo di contrasto iodato, diuretici o iperglicemia che può essere aggravata dalla prescrizione di idrocortisone nel periodo perioperatorio). Infine, la riduzione improvvisa della secrezione somatotropa, dopo asportazione di un adenoma somatotropo, provoca a volte una eliminazione sia idrica che sodica, una perdita di peso, una diuresi importante di 3-5 l/ 24 h, sintomatologia da non confondere con un DI; • poliuria di mantenimento: la densità urinaria è bassa, ma la natriemia corretta è inferiore a 140 mmol/l. Ciò corrisponde alla eliminazione di un carico idrico eccessivo, il più spesso iatrogeno. Se si tratta questa poliuria come un DI, si frena la correzione naturale e si aggrava l’inflazione idrica. La misurazione della natriemia in urgenza permette di evitare questo errore. Una breve prova di restrizione idrica comporta una diminuzione della diuresi; • sovraccarico idrosalino. Difficoltà diagnostiche Le manifestazioni del DI possono essere mascherate da una insufficienza anteipofisaria, ma questo rischio è teorico perché l’ormonoterapia perioperatoria è sistematica [31]. Una ipotensione o una ipovolemia stimola la residua capacità secretoria di ormone antidiuretico e maschera il DI, che si manifesterà solo dopo correzione dello stato emodinamico. Il problema diagnostico posto dall’associazione tra DI e diabete mellito è risolto quando l’insulinoterapia sopprime la glicosuria. Trattamento del diabete insipido
Complicanze metaboliche Diabete insipido neurogeno Il diabete insipido neurogeno (DI), la complicanza più frequente, è generalmente diagnosticato nelle 12-24 ore postoperatorie, ma si può osservare dopo un intervallo di qualche giorno o qualche settimana. Un DI transitorio, per tre-cinque Anestesia-Rianimazione
Il trattamento è iniziato non appena sono riuniti i criteri diagnostici; il suo obiettivo è mantenere l’equilibrio idrico controllando la poliuria. Trattamento sostitutivo ormonale. La desmopressina o 1 desamino-8-D-arginina vasopressina (DDAVP) è il trattamento di scelta con una durata d’azione prolungata di 12-18 ore, che autorizza una o due somministrazioni giornaliere. Questa forma destrogira possiede peraltro effetti vasopressori inferiori della
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I – 36-614-A-10 ¶ Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi
forma levogira. Esistono diverse vie di somministrazione: via endovenosa diretta (EVD) o eventualmente sottocutanea (fiale di 4 µg/ml), via per os (compresse da 0,1 o 0,2 mg). La forma nasale in spray non è utilizzabile a causa della via di accesso chirurgica e della presenza degli zaffi nasali. La dose iniziale è di 2 µg e.v. o per via sottocutanea, due volte al giorno. Le ulteriori posologie sono adatte al flusso e alla densità urinaria, essendo le esigenze variabili da un paziente all’altro. Il relé per os si fa non appena il paziente è capace di bere e in assenza di nausea e vomito; la dose iniziale per os è di 0,2 mg (due compresse da 0,1 mg) due volte al giorno, la posologia massima è di 0,4 mg due volte al giorno. Il trattamento è dato per tre giorni e mezzo (ovvero sette assunzioni in totale), poi si deve verificare se il DI persiste o meno. Equilibrio idrico. Le perdite urinarie devono essere compensate da equivalenti apporti idrici. Se il paziente è cosciente, può esprimere la sua sete e equilibrare le sue perdite idriche con il bere. Si deve tuttavia diffidare di polidipsia favorita dalla secchezza delle mucose (ostruzione delle vie nasali e respirazione buccale) e controllare il volume delle bevande e il carattere modificato della sete con la misurazione della natriemia. Quando il paziente non ha la sensazione della sete o non può esprimersi, bisogna determinare l’osmolalità o la natriemia in maniera ripetuta e regolare al meglio gli apporti. Un difetto di raccolta delle urine, un errore nella misura degli apporti possono provocare uno squilibrio idrico, soprattutto quando il DI evolve su una modalità trifasica. Un deficit in acqua dipende dall’abbondanza della poliuria insufficientemente compensata con le perfusioni o le bevande. La natremia aumenta oltre 145 mmol/l e l’osmolalità oltre 300 mOsm/kg H2O. Il deficit di acqua è calcolato secondo la formula: deficit idrico=(140-Na corretta)/140]×0,6×peso. Il compenso orale o endovenoso deve essere progressivo. Generalmente, la metà del deficit di acqua è corretto in 24 ore mediante l’assorbimento orale di acqua pura o con infusione di una soluzione ipotonica e privo di sodio (glucosio al 2,5%, per esempio) se la via enterale è impossibile. Il resto del deficit è corretto in 48 ore per evitare la comparsa di edema cerebrale. L’inflazione idrica diventa patologica se il valore della natriemia è inferiore a 130 mmol/l e l’osmolalità inferiore a 270 mOsm/kg H2O. Questa situazione è frequente, o perché il paziente beve profusamente o perché si tratta di un apporto inadeguato mentre il DI cessa o fa posto a una fase di antidiuresi. Si impone una restrizione idrica con compenso ritardato di in periodi di tre ore per arrivare a una normalizzazione in 24 ore. Bisogna attendere la negativizzazione del bilancio idrico e il passaggio a una ipernatriemia modesta per riprendere una terapia ormonale sostitutiva (desmopressina) a condizione che le urine siano sempre abbondanti e diluite. La correzione di questi squilibri idrici deve essere eseguita lentamente in 12-24 ore per evitare variazioni importanti della natriemia.
Altre complicanze metaboliche Una iponatriemia ritardata in quinta o sesta giornata può essere più o meno grave (la natriemia può abbassarsi fino a 120 mmol/l). Essa compare anche se non c’è stato diabete insipido precedente e non c’è inappropriata secrezione di ADH. Il meccanismo di comparsa non è chiaro. Il trattamento si basa sulla restrizione idrica. La riospedalizzazione del paziente a volte è necessaria in caso di vomito incoercibile [32]. La comparsa di una insufficienza totale dell’ipofisi anteriore è eccezionale quando si tratta di un microadenoma, è un po’ più frequente dopo trattamento di un macroadenoma; è quindi necessaria l’ormonoterapia sostitutiva definitiva. Nella maggioranza dei casi si tratta di una insufficienza anteipofisaria parziale o transitoria. L’insufficienza anteipofisaria può comparire precocemente nel postoperatorio o più tardivamente se l’intervento è seguito dalla radioterapia. La sorveglianza postoperatoria della funzione endocrina permette di diagnosticare le guarigioni incomplete (exeresi incompleta o deficit definitivo) [33].
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Figura 5. Risonanza magnetica (RMN) postoperatoria a tre mesi di un adenoma a growth hormone (GH) (grado 2).
■ Conclusioni (Fig. 5) La chirurgia transfenoidale per micro- o macroadenoma dell’ipofisi pone pochi problemi in fase perioperatoria all’anestesista-rianimatore. Il tasso di mortalità postoperatoria è scarso e le complicanze rare. I pazienti richiedono tuttavia una sorveglianza neurologica e biologica minuziosa nell’immediato postoperatorio, al fine di individuare precocemente la comparsa di una complicanza: rinorrea, diabete insipido e, soprattutto, complicanze infettive.
“
Punto importante
Il controllo delle vie aeree non ha alcuna specificità, ma può rivelarsi difficile nel paziente acromegalici. L’intubazione è obbligatoriamente orotracheale, tenuto conto della via di accesso chirurgica. L’installazione chirurgica in posizione semiseduta può avere conseguenze emodinamiche, in particolare in caso di ipertrofia miocardica. L’ormonoterapia sostitutiva perioperatorio associa la prevenzione dell’insufficienza surrenalica acuta postoperatoria e la sostituzione legata alla patologia endocrina. Il diabete insipido neurogeno è la complicanza postoperatoria più frequente.
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[email protected]). Service d’anesthésie, hôpital Foch, 40, rue Worth, 92151 Suresnes, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Szekely B., Liu N., Dupuy M., Gaillard S., Fischler M. Anestesia-rianimazione nella chirurgia dell’ipofisi. EMC (Elsevier Masson SAS, Paris), Anestesia-Rianimazione, 36-614-A-10, 2007.
Disponibile su www.emc-consulte.com/it Algoritmi decisionali
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