Principi del drenaggio toracico

Principi del drenaggio toracico

 I – 42-430 Principi del drenaggio toracico G. Galvaing, M. Riquet, M. Dahan Il drenaggio della cavità pleurica rappresenta il gesto di base della ...

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Principi del drenaggio toracico G. Galvaing, M. Riquet, M. Dahan Il drenaggio della cavità pleurica rappresenta il gesto di base della chirurgia toracica. Peraltro, esso può essere realizzato da diversi specialisti medici, in particolare in un contesto di urgenza. Per essere efficace, il drenaggio toracico richiede rigore e destrezza. Come ogni gesto tecnico, un errore può avere delle conseguenze disastrose per il paziente. Dopo un richiamo dell’anatomia e della fisiologia della pleura, gli autori descrivono i materiali attualmente disponibili per assicurare un drenaggio pleurico, così come le tecniche di posizionamento. Sono esposte anche la sorveglianza della sua efficacia e le condizioni di asportazione. Sono presi in considerazione i casi particolari del drenaggio pleurico dopo chirurgia toracica. Infine, il drenaggio pericardico è descritto secondo le diverse vie d’accesso utilizzabili. © 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Drenaggio toracico; Pleura; Pericardio; Complicanze del drenaggio toracico

Struttura dell’articolo ■

Introduzione

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Basi del drenaggio Pleura Conseguenze pratiche

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Materiali disponibili Dispositivi di posizionamento Sistemi di drenaggio

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Tecniche di posizionamento Dove introdurre il drenaggio? Quale dimensione di drenaggio usare? Come posizionare il drenaggio? Incidenti e complicanze

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Indicazione del drenaggio pleurico

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Monitoraggio di un drenaggio toracico Installazione Monitoraggio Rimozione del drenaggio Gorgogliamento prolungato

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Drenaggio toracico dopo chirurgia toracica Caso particolare della pneumonectomia Drenaggio dei versamenti pleurici neoplastici ricorrenti Caso particolare del drenaggio pleuropericardico

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Conclusioni

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 Introduzione Gesto di base della chirurgia toracica, il drenaggio della cavità pleurica deve permettere una buona riespansione del parenchima EMC - Tecniche chirurgiche - Torace Volume 18 > n◦ 1 > novembre 2014 http://dx.doi.org/10.1016/S1288-3336(14)68902-0

polmonare mediante evacuazione di aria e/o di liquidi intrapleurici. Il posizionamento di un drenaggio toracico può, così, assicurare il trattamento della maggioranza dei versamenti pleurici e di circa il 70% dei traumi toracici. Ippocrate fu il primo a riferire la rimozione degli «umori diabolici» come trattamento di patologie allora poco note, grazie all’utilizzo di punte metalliche passate attraverso la parete toracica [1] . Nel 1872, Playfair sarebbe stato il primo a utilizzare un drenaggio toracico simile a quelli utilizzati attualmente [2] nel trattamento degli empiemi, mentre, a quell’epoca, la metodica abituale era la toracostomia descritta da Eloesser. Il tasso di mortalità sarebbe, allora, passato dal 28% al 4% in caso di drenaggio pleurico «chiuso». La gestione dei drenaggi toracici, come anche la loro tecnica di posizionamento, resta ancora oggetto di controversia. Le abitudini di servizio rimangono tenaci anche se, dall’inizio degli anni 2000, diversi studi metodologicamente riconosciuti hanno tentato di uniformare le pratiche chirurgiche. Il nostro obiettivo è di ricordare i grandi principi tecnici del drenaggio toracico e di fornire i dati fattuali attualmente disponibili.

 Basi del drenaggio Pleura Anatomia I movimenti della parete toracica sono trasmessi al parenchima polmonare tramite la pleura. Questa è formata di due foglietti, la pleura parietale che riveste la faccia interna della parete toracica e la pleura viscerale aderente al parenchima polmonare. Questi due foglietti sono divisi da una cavità normalmente virtuale: la cavità pleurica. Le pleure viscerale e parietale sono, d’altra parte, in continuità a livello degli ili polmonari e dei legamenti

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triangolari. Infine, la pleura viscerale si invagina nel polmone per creare le scissure, delimitando, così, i lobi polmonari. La pleura parietale possiede un’anatomia più complessa: essa poggia sulla fascia endotoracica da cui può essere clivata. Viceversa, essa è difficilmente dissociabile dal pericardio, dalla faccia posteriore dello sterno e dal diaframma. La pleura è una sierosa costituita da un monostrato di cellule mesoteliali che poggiano su del tessuto connettivo. Queste cellule mesoteliali possiedono un citoplasma ricco, con un reticolo endoplasmatico e un apparato di Golgi molto sviluppati, che permettono una funzione di fagocitosi e di assorbimento importante [3] . Solo la pleura parietale contiene degli stomati [4] , che mettono in comunicazione la cavità pleurica con il sistema linfatico sottostante.

Fisiologia

Figura 1.

Trocar di Monod a estremità smussa.

La pleura possiede tre funzioni principali: secretoria, immunologica e meccanica. Essa secerne e riassorbe contemporaneamente un liquido il cui scopo è di assicurare la lubrificazione dei due foglietti pleurici. Così, 0,2-2 ml/kg/h [5] di liquido pleurico sono quotidianamente riciclati. Questo liquido è povero di anticorpi, da cui la grande sensibilità della pleura all’infezione. Allo stato fisiologico, la cavità pleurica è virtuale. Il «vuoto pleurico» corrisponde a una pressione intrapleurica inferiore alla pressione atmosferica. La pressione intrapleurica varia in funzione del ciclo ventilatorio: • all’inspirazione, essa è di -15 cmH2 O; • all’espirazione, essa passa a -2 cmH2 O; • infine, con la tosse, essa può raggiungere più di 1 mH2 O. Peraltro, la pressione intrapleurica non è uniforme all’interno della cavità toracica: esiste un gradiente verticale conseguenza della gravità [6] . Questo gradiente è di circa 0,25 cmH2 O/cm. Così, la pressione intrapleurica va da -7 a -9 cmH2 O a livello dell’apice, mentre va solo da 0 a -2 cmH2 0 a livello della cupola diaframmatica in un soggetto in posizione eretta.

Conseguenze pratiche Per essere efficace, ogni drenaggio toracico deve presentare le seguenti caratteristiche: • «obbligatorie»: l’irreversibilità e la tenuta stagna. Infatti, non deve esservi ritorno possibile del versamento idrico o aereo nella cavità pleurica attraverso il dispositivo di drenaggio; • «auspicabile» ma difficile da mantenere a breve termine: l’asepsi. Il drenaggio, il cui posizionamento è realizzato sterilmente, deve beneficiare di un mantenimento infermieristico regolare che limiti i rischi di contaminazione; • «facoltativa», infine: l’aspirazione. Il livello di depressione applicato al dispositivo di drenaggio è in funzione della gittata della perdita aerea o della produzione liquida. Esso può variare in funzione delle situazioni dal semplice sifonaggio fino a una depressione di -300 cmH2 O.

 Materiali disponibili Numerosi modelli di drenaggi toracici sono disponibili sul mercato. Il materiale che li compone (silicone, policloruro di vinile, gomma, ecc.), così come le loro forme o dimensioni, costituiscono dei criteri di scelta. Sembra essenziale che il diametro del drenaggio sia in linea con la natura e la gittata del versamento da drenare. L’equazione di Fanning [7] permette di valutare la dimensione di drenaggio da posizionare: V = ␲2 r5 P/fl. Se V è la gittata, r il diametro interno, l la sua lunghezza, P la depressione e f un fattore di frizione proprio al materiale e al fluido, si constata che il diametro interno che interviene alla potenza 5 appare un criterio di scelta importante. Solitamente, questo diametro interno, o calibro, è espresso in Charrière (CH): 1 unità Charrière = 1/3 mm. I drenaggi disponibili vanno da Charrière 8, ossia 2,7 mm (tipo Pleurocath® ) a Charrière 36.

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Figura 2.

Drenaggio di Blake.

Esistono dei drenaggi retti, curvi o, anche, con un’estremità piatta o affilata. Degli orifizi laterali sono o già presenti o aggiunti al bisogno. In quest’ultimo caso, si deve prestare attenzione al momento della rimozione del drenaggio a causa della fragilizzazione del dispositivo. Soprattutto, il drenaggio deve essere radiopaco o radiomarcato per essere visibile sulle radiografie toraciche di controllo.

Dispositivi di posizionamento • Drenaggi senza mandrino: il più delle volte posizionati a torace aperto o con l’ausilio di un trocar. Il modello del trocar è rappresentato dal trocar di Monod (Fig. 1). ◦ Drenaggio di Monaldi (Neoplex® radiopaco). ◦ Drenaggio di Argyle in policloruro di vinile. ◦ Drenaggio di Blake [8] in silicone (Fig. 2). • Drenaggio con mandrino: è il modello di Joly, il cui trocar arma l’interno (Fig. 3). • Pleurocath® : esso è introdotto attraverso un ago come un catetere grazie al suo piccolo calibro e alla sua estremità smussa. EMC - Tecniche chirurgiche - Torace

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Esistono sul mercato numerosi modelli e i due sistemi principali sono il Pleur-Evac® (Fig. 6) e l’Oasis® . Tuttavia, diversi lavori mostrano i limiti di tali dispositivi, come l’assenza di dati a proposito dei flussi d’aria o di liquido e la scarsa affidabilità del livello di depressione applicato; così, per un drenaggio in aspirazione impostato su -20 cmH2 O, si è constatato che i flussi misurati variavano a seconda dei fabbricanti da 10,8 a 42,1 l/min [9] . Occorre notare, per alcuni modelli, un vantaggio: quello di presentare una sacca collegata in parallelo per raccogliere il sangue dell’emotorace e poterlo, così, trasfondere.

Sistemi autonomi automatici

Figura 3. corrente.

Drenaggi a mandrino: drenaggio di Joly e drenaggio a doppia

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Sono recentemete comparsi sul mercato dei dispositivi di drenaggio elettronici che permettono una lettura continua, su uno schermo, della pressione pleurica così come del flusso d’aria e di liquidi attraverso il drenaggio. I dati così raccolti possono essere analizzati e permettere al medico di avere un’idea più obiettiva della comparsa di bolle postoperatoria. Grazie alla loro autonomia elettrica, questi sistemi consentono una deambulazione precoce dei pazienti, anche se è richiesta un’aspirazione pleurica. Peraltro, l’interesse di tali apparecchi resta sempre da dimostrare per quanto riguarda l’Evidence Based Medicine, in particolare su scala medicoeconomica. Thopaz® e Atmos® sono i due prodotti disponibili attualmente sul mercato. Grazie alla sensibilità dei rilevatori di questi sistemi, sarebbe più facile individuare le perdite aeree rispetto alla semplice osservazione visiva della comparsa di bolle nel contenitore di drenaggio. Questi dispositivi sono stati valutati solo in situazioni postoperatorie in chirurgia toracica dopo lobectomie, segmentectomie o wedge resections.

Valvola di Heimlich (Fig. 7)

Figura 4.

Principio del vaso. 1. Vuoto; 2. paziente.

Sistemi di drenaggio Come enunciato in precedenza, è necessario raccordare il drenaggio a un dispositivo antireflusso di raccolta che può essere in aspirazione.

Principio del vaso Questo dispositivo, che è il più semplice, è stato il principio di base del drenaggio pleurico e ha salvato milioni di vite. Il tubo connesso al paziente raggiunge un vaso sul fondo del quale si trova della soluzione fisiologica con aggiunta o meno di antisettico. I vasi prodotti a questo scopo sono graduati e dotati di un tappo a tenuta stagna attraversato da due tubi: il più lungo, collegato al paziente, è immerso nella soluzione fisiologica e previene il reflusso e il più corto permette all’aria di sfuggire e può servire a porre il vaso in aspirazione in caso di necessità (Fig. 4). Questo dispositivo resta ancora utilizzato in alcuni servizi di chirurgia toracica.

Sistemi monouso Questi dispositivi sostituiscono il sistema del vaso, in particolare quando si tratta dei sistemi a due o a tre vasi in vetro utilizzati in passato, uno che serve alla raccolta dei liquidi, il secondo, essenziale, che assicura l’irreversibilità e il terzo destinato a limitare la depressione in caso di messa in aspirazione, intercalando un manometro tipo valvola di Jeanneret (Fig. 5). EMC - Tecniche chirurgiche - Torace

È un dispositivo antireflusso costituito da un sistema di valvole unidirezionali. Una delle sue estremità è collegata al drenaggio, mentre l’altra a un dispositivo di raccolta che può essere una semplice sacca da urina. Si deve badare a rispettare il senso della valvola (indicato da degli schemi e/o da una freccia) per evitare la comparsa di un versamento compressivo aereo o liquido. Inoltre, la sacca di raccolta deve essere forata alla sua sommità per evitare che si riempia d’aria e blocchi il drenaggio in caso di perdita aerea. Occorre notare che una valvola di Heimlich non può, per la sua conformazione, essere posta su un dispositivo in aspirazione. La valvola di Heimlich permette la deambulazione del paziente, il suo trasporto o la sua evacuazione in urgenza. Per contro, ha lo svantaggio di ostruirsi facilmente in funzione della natura del liquido drenato. È, quindi, necessario sostituirla regolarmente.

 Tecniche di posizionamento Il gesto tecnico deve essere preceduto da tre domande fondamentali: luogo di introduzione del drenaggio, dimensione da utilizzare e tecnica di posizionamento.

Dove introdurre il drenaggio? Il tipo di versamento è importante: esso può essere «libero» nella cavità pleurica o essere sepimentato in uno o più luoghi. Nel primo caso, sono essenziali due reperi che devono rimanere visibili per tutto il tempo del posizionamento del drenaggio toracico: la linea medioclavicolare, linea verticale che passa per il centro della clavicola, e la linea dei capezzoli, linea orizzontale che passa per il 4o spazio intercostale. Il quadrante superoesterno delimitato da queste due linee e dal cavo ascellare è la regione più sicura per il posizionamento di un drenaggio toracico. Questa zona è, infatti, esente da ogni rischio importante: il peduncolo toracico interno si trova medialmente, i vasi succlavi sono a distanza cranialmente e il peduncolo toracodorsale è più posteriore. Persiste solo il rischio di ferita del peduncolo intercostale che passa sul bordo inferiore di ogni costa. Sono comunemente utilizzati due punti di ingresso: • uno anteriore, nel 2o spazio intercostale: esso è situato sulla linea medioclavicolare. Il repere essenziale per questo orifizio

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13 cm 1 cm

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1 Figura 5.

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Sistema dei tre vasi. 1. Vaso di pressioni negative; 2. vaso di raccolta; 3. vaso di controllo di pressioni positive.

laterale dello sterno. È il sito classico per drenare uno pneumotorace. Questo drenaggio anteriore è generalmente facile, tranne che nelle persone obese o molto muscolose. Esso è, per contro, antiestetico, soprattutto nella donna; • uno ascellare, nel 4o spazio intercostale. Il rischio essenziale è rappresentato dalla cupola diaframmatica. Ogni posizionamento «alla cieca» più caudale del 4o spazio intercostale espone a una ferita epatica o splenica. In pratica, l’orifizio di ingresso si trova sulla linea ascellare anteriore dietro al rilievo del muscolo grande pettorale. Questo drenaggio sarebbe teoricamente il più adatto per evacuare un versamento liquido, ma è molto adatto allo pneumotorace completo. Ogni volta che si esce da questi due casi standard e, quindi, negli altri tipi di versamenti, in particolare nel caso di un versamento saccato oppure su un paziente già drenato, è imperativo pianificare il gesto mediante la realizzazione di un esame di diagnostica per immagini: ecografia pleurica o meglio TC toracica. In quest’ultimo caso, si raccomanda di posizionare il drenaggio sotto controllo TC. L’ecografia pleurica, dal canto suo, per la sua facilità di realizzazione e la sua disponibilità sempre maggiore in ambienti specializzati, permette di individuare prima del drenaggio un versamento saccato, riducendo, così, il rischio di ferita viscerale. Essa fa parte delle raccomandazioni britanniche, molto formali, sull’interesse della puntura pleurica ecoguidata, anche se un po’ meno su quello del drenaggio ecoguidato [10] .

Quale dimensione di drenaggio usare?

Figura 6.

Sistema di drenaggio monouso.

è la palpazione dell’angolo tra manubrio e corpo dello sterno (angolo di Louis), che corrisponde alla 2a cartilagine costale (Fig. 8). Il rischio essenziale di tale zona è rappresentato dal peduncolo toracico interno che decorre a 2 cm circa dal bordo

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Occorre scegliere il drenaggio in funzione della natura del versamento da evacuare: uno pneumotorace spontaneo richiede solo un drenaggio Charrière 18-24, mentre un versamento liquido, frequentemente spesso, richiede il posizionamento di un calibro 28-32. La dimensione del drenaggio è, d’altronde, proporzionale al dolore che esso causa a livello dello spazio intercostale: un drenaggio di grosso diametro è molto irritante per il nervo intercostale, soprattutto quando è posizionato posteriormente, dove lo spazio intercostale si restringe. La scelta di piccoli drenaggi tipo Pleurocath® ci sembra poco adeguata, poiché l’occlusione del dispositivo è molto rapida dopo EMC - Tecniche chirurgiche - Torace

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il suo posizionamento. Essi possono rappresentare un’alternativa interessante alla puntura pleurica, in particolare in caso di versamento liquido abbondante tipo trasudato; in questo caso, non sono lasciati in sede dopo la fine del gesto. Analogamente, essi possono essere utilizzati per drenare una cavità toracica dopo un gesto parietale senza rischio di comparsa di bolle (simpaticectomia sotto videotoracoscopia, per esempio).

Come posizionare il drenaggio? Installazione del paziente Sono possibili varie posizioni. Puntura pleurica e drenaggio possono essere realizzati sul paziente in posizione seduta [11] . Questa è la situazione classica. Un drenaggio può essere posizionato sul paziente in decubito dorsale, con il braccio sollevato sopra la testa in caso di drenaggio ascellare. Cerfolio [12] descrive una tecnica di posizionamento con il paziente installato in decubito laterale, con il lato da drenare situato verso l’alto. Questa posizione avrebbe l’effetto di aprire gli spazi intercostali. Il materiale necessario deve essere rapidamente disponibile, disposto su un campo sterile. Occorre, in particolare, verificare, prima di iniziare la procedura, la buona concordanza tra il drenaggio, i raccordi e il dispositivo di drenaggio monouso. È opportuno anche assicurarsi dell’assenza di disturbi della coagulazione e che ogni trattamento anticoagulante curativo sia stato sospeso. Il posizionamento del drenaggio, anche quando è realizzato al letto del paziente, richiede delle condizioni chirurgiche di asepsi. Occorre, quindi, «fare un campo» sul paziente, prestando attenzione, se possibile, a non coprirgli il viso, elemento importante di stress per il paziente vigile. L’eccezione a questa regola è l’estrema urgenza o il paziente incosciente.

Anestesia locale

Figura 7.

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Valvola di Heimlich.

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Tempo essenziale del posizionamento del drenaggio toracico, una buona anestesia locale condiziona il comfort del paziente e, quindi, del medico durante il seguito della procedura. Una volta reperito e segnato con matita dermografica l’orifizio di ingresso del drenaggio, si procede all’anestesia della cute e dei tessuti sottocutanei con Xilocaina® . Si attraversano, in seguito, grazie a un ago da iniezione intramuscolare «verde», i muscoli fino al piano duro rappresentato dalla costa. Si fa risalire, allora, l’ago fino al bordo superiore della costa, che è costeggiata per penetrare nella cavità pleurica, con la siringa in aspirazione, confermando, così, la presenza di aria o di liquido. Il superamento della pleura è percepito come una zona di resistenza un po’ superiore a quella del tessuto muscolare e, soprattutto, più dolorosa per il paziente. Infatti, lo spazio extrapleurico dispone di una ricca rete nervosa nocicettiva, così, ritirando l’ago, si prosegue l’iniezione per tentare di anestetizzarla. Non bisogna esitare, in caso di pazienti con una parete toracica spessa, a utilizzare degli aghi più lunghi come degli aghi da puntura lombare.

Incisione e introduzione del drenaggio

Figura 8. Anatomia toracica di superficie. 1. Angolo di Louis; 2. linea medioclavicolare.

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L’incisione cutanea è realizzata in maniera franca con il bisturi freddo, lama 11 o 23. Essa è parallela all’asse della costa e la sua lunghezza è adattata alla dimensione del drenaggio. Una piccola incisione garantisce una buona tenuta stagna e una più grande realizza una pleurostomia, che permette di introdurre l’indice nella cavità pleurica e di assicurarsi dell’assenza di briglie pleuriche, dopo le manovre che seguono. Dopo l’incisione cutanea, il drenaggio toracico, in particolare se è di piccolo calibro, può essere introdotto secondo la tecnica di Seldinger [11] . È la tecnica di base. Parete e muscoli intercostali sono superati con il trocar munito del suo mandrino. Dopo un’incisione cutanea più grande, il posizionamento può avvenire dopo discissione dei piani muscolari fino al bordo superiore della costa, per mezzo di una pinza tipo Halstead o di forbici di Mayo. La discissione è, quindi, continuata a livello dei muscoli intercostali fino ad avvertire un sottile foglietto resistente: la pleura parietale. Con un gesto brusco e trattenuto, si affonda la pleura e, contemporaneamente, fuoriescono dalla cavità toracica dell’aria o del liquido.

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Si sostituisce, allora, lo strumento per scegliere o un trocar di Monod a estremità smussa o un drenaggio a mandrino. Si introducono l’uno o l’altro nella cavità pleurica, seguendo il tragitto discisso. Questo gesto deve essere realizzato in maniera misurata senza mai avere la sensazione di «forzare». Una volta nella cavità pleurica, si deve avere una sensazione caratteristica di mobilità del trocar o del drenaggio. Il mandrino del drenaggio non deve essere inserito nella cavità toracica, a causa del rischio elevato di ferita polmonare o mediastinica che potrebbe verificarsi.

Posizionamento del drenaggio In decubito dorsale, l’aria si raccoglie in avanti, mentre il liquido, più denso, si accumula posteriormente. In posizione seduta, l’aria si raccoglie in alto e il liquido in basso. Così, per drenare uno pneumotorace, si posiziona il drenaggio in alto e in avanti, mentre, per drenare del liquido, gli orifizi del drenaggio sono posti in basso e posteriormente nella cavità toracica. È opportuno impartire al drenaggio una direzione adeguata, anche se, in pratica, ciò non è sempre facile. Il drenaggio è introdotto per una dozzina di centimetri rispetto alla cute; questa lunghezza deve essere modulata in funzione delle dimensioni del paziente e, soprattutto, dello strato adiposo. È a questo punto che deve essere rimosso il trocar di Monod, che si raccorda il drenaggio al dispositivo di raccolta e che lo si fissa.

Fissazione del drenaggio e medicazione Si può o fissare il drenaggio alla cute passando un filo alla circonferenza dell’orifizio cutaneo o tunnellizzare il drenaggio sotto una medicazione. Anche se essa è fonte di una cicatrice più antiestetica, la nostra preferenza va alla fissazione con filo, che consente un minor numero di rimozioni accidentali al momento delle cure locali. Alcune equipe realizzano delle borse o dei punti a U di attesa allo scopo di chiudere l’orifizio cutaneo al momento della rimozione del drenaggio. Noi preferiamo lasciare questo orifizio in cicatrizzazione per seconda intenzione, sotto una medicazione grassa, in quanto sono stati descritti su queste borse dei casi di ascessi della parete. L’ingresso di aria nella cavità pleurica è prevenuto dal posizionamento di Steri-StripTM sull’orifizio cutaneo.

Incidenti e complicanze Gli incidenti nel posizionamento derivano sempre da un errore tecnico e da una scarsa valutazione delle condizioni locali. Molto spesso si riscontrano delle variazioni di reperi: paziente obeso, già operato, cifoscoliotico e così via. Si descrivono [13] : • un tragitto parietale: o al di fuori della gabbia costale o in posizione extrapleurica. Il drenaggio è, allora, doloroso e inefficace. Lo si può anche palpare nello spessore della parete toracica; • una ferita di un organo sottodiaframmatico: soprattutto in caso di posizionamento del drenaggio sotto il 4o spazio intercostale. Occorre anche diffidare dei casi di ernia diaframmatica o di rottura di cupola che modificano i rapporti anatomici; • una ferita polmonare: osservata più frequentemente in caso di sinfisi pleurica o di aderenze. Il drenaggio può avere un tragitto intraparenchimale. In caso di lesione associata dei vasi polmonari, le conseguenze possono essere drammatiche. La diagnosi è posta con la TC in presenza di un drenaggio inefficace; • una ferita del cuore o dei grossi vasi: drammatica, è meglio, allora, lasciare il mandrino in sede, non mobilizzare il drenaggio e realizzare una toracotomia in estrema urgenza.

 Indicazione del drenaggio pleurico Ogni presenza di aria o di liquido nella cavità pleurica rappresenta un’indicazione potenziale al drenaggio pleurico. In pratica, a volte non è facile decidere quale paziente sarà drenato immediatamente e quale sarà controllato con una radiografia toracica in associazione con un’ottimizzazione del suo trattamento medico e della cinesiterapia respiratoria.

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“ Punto importante Il miglior trattamento delle complicanze resta la loro prevenzione: • una tecnica rigorosa di posizionamento • non posizionare il drenaggio se la puntura non lascia fuoriuscire aria né liquidi • non posizionare il drenaggio in una ferita aperta o in un vecchio orifizio di drenaggio • non forzare al momento dell’introduzione del drenaggio • clampare immediatamente ogni drenaggio che, al posizionamento, dia esito a un sanguinamento abbondante e coagulabile

Uno pneumotorace, che sia spontaneo, traumatico o iatrogeno, richiede spesso il posizionamento di un drenaggio toracico, in particolare se è abbondante e/o mal tollerato. La comparsa di uno pneumotorace bilaterale rappresenta un’indicazione formale di drenaggio. Analogamente, un emotorace richiede, il più delle volte, l’evacuazione, per evitare delle sequele fibrose a distanza. Uno pneumotorace è spesso drenato per via anteriore nel 2o spazio intercostale; si tratta, infatti, della via più classica per un tale gesto. Un emotorace, al contrario, è piuttosto drenato per via ascellare nel 4o spazio intercostale. Un emopneumotorace può richiedere il posizionamento contemporaneo di due drenaggi toracici per ottimizzare allo stesso tempo il drenaggio dell’aria apicale per via anteriore e il drenaggio liquido per via ascellare. Questi principi sono anche una questione di scuola e di esperienza: uno pneumotorace libero completo della grande cavità può assolutamente essere drenato per via ascellare. Un chilotorace spontaneo, traumatico o iatrogeno, richiede un drenaggio efficace della pleura per tutta la durata del trattamento medico iniziale, ma non richiede di essere messo in aspirazione (cfr. articolo 42-466 di questo trattato). Il drenaggio degli empiemi veri si impone immediatamente. Alcuni propongono di pungere ripetutamente i versamenti parapneumonici, ma ciò rischia di favorire la comparsa di sedimentazioni. I versamenti «medici» su insufficienza cardiaca, renale o epatica scompensata, come anche i versamenti neoplastici, pongono il problema delle recidive. Dopo la correzione dei disturbi metabolici sottostanti (ipoalbuminemia, sovraccarico idrosodico, ecc.), si può realizzare una sinfisi pleurica mediante iniezione di talco mescolato a della Xilocaina® attraverso il drenaggio lasciato in sede per qualche ora, con clampaggio del drenaggio. Infine, ogni apertura chirurgica della pleura può richiedere, al di fuori di alcune eccezioni, il posizionamento di un drenaggio toracico.

 Monitoraggio di un drenaggio toracico Che il drenaggio sia stato posizionato per via percutanea o al momento di un’intervento di chirurgia toracica, è opportuno monitorare la sua efficacia prima di realizzarne la rimozione.

Installazione La lunghezza dei tubi deve essere la minore possibile per non avere «perdita di carico» e per ridurre, così, l’efficacia dell’aspirazione a muro. È opportuno lasciare in vista tutti i raccordi per individuare precocemente dei difetti di tenuta dell’insieme del dispositivo. La valigia di raccolta deve sempre essere più bassa del livello del paziente, posta sul terreno o agganciata al letto. EMC - Tecniche chirurgiche - Torace

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Il drenaggio non deve essere clampato senza espressa prescrizione medica, in particolare al momento dei trasferimenti intrao interospedalieri. Clampare un drenaggio che gorgoglia ricrea le condizioni sperimentali di uno pneumotorace iperteso. La valigia di drenaggio è collegata al vuoto a muro attraverso un manometro. I livelli di depressione esercitati e le durate di mantenimento di un’aspirazione sono estremamente variabili tra le equipe, andando dal semplice sifonaggio a -300 cmH2 O. In pratica, i valori medi impiegati sono compresi tra -10 e -20 cmH2 O. Anche in sifonaggio, è presente un basso livello di aspirazione legato alla gravità e alla differenza di altezza tra l’estremità del drenaggio toracico e la valigia di raccolta, che è valutato a -5/8 cmH2 O. Sempre più equipe si accontentano di porre il drenaggio in sifonaggio quando esso gorgoglia poco dopo una chirurgia polmonare [14–16] . Questo atteggiamento ridurrebbe, secondo loro, la frequenza delle perdite aeree prolungate, la durata del drenaggio e, quindi, la durata del ricovero, il che resta discusso.

Monitoraggio Esso si esegue in maniera oraria il primo giorno, quindi biquotidianamente. Il drenaggio deve restare il più sterile possibile per tutto il tempo che è in sede. Si evita, dunque, di moltiplicare le manipolazioni tanto sul drenaggio che sui suoi raccordi. La valigia di drenaggio è sostituita quando è piena. È opportuno controllare la quantità e l’aspetto del liquido drenato: un liquido molto ematico nei postumi immediati di un intervento chirurgico deve portare a escludere la diagnosi di difetto di coagulazione. L’esistenza di oscillazioni nella colonna d’acqua testimonia una buona pervietà del drenaggio. Essa corrisponde alle variazioni della pressione intrapleurica in funzione del ciclo ventilatorio. La comparsa di un gorgogliamento deve portare, innanzitutto, a escludere una perdita sul sistema: occorre verificare la tenuta dell’orifizio cutaneo e il buon collegamento del drenaggio alla valigia di raccolta. La posizione corretta del drenaggio e la suo efficacia sono valutate con la realizzazione di radiografie toraciche. Alcune equipe le richiedono quotidianamente, addirittura più volte al giorno. Questo atteggiamento, che sembra giustificato i primi due giorni, non deve essere mantenuto sistematicamente. Cerfolio e Bryant [17] hanno rimesso in questione questa pratica a causa del suo costo ma anche per il fatto che essa non modifica la gestione del drenaggio o del paziente.

Rimozione del drenaggio Spesso è il fatto di rimuovere il drenaggio toracico che determina la dimissione di un paziente. Ciò condiziona anche il futuro del versamento che era, fino a quel momento, drenato. Anche in questo caso, si tratta spesso di una questione di scuola e di esperienza. Peraltro, alcuni criteri sono ammessi da tutti, anche in assenza di studi di buon livello di prova: si può rimuovere un drenaggio a condizione che non gorgogli e che abbia una raccolta modesta (meno di 200 ml/24 h). Questa deve restare la regola, anche se sono stati pubblicati degli atteggiamenti estremi. Così, Cerfolio e Bryant [18] hanno dimostrato, in uno studio prospettico, che era possibile rimuovere un drenaggio anche se questo raccoglieva fino a 450 ml/24 h, in assenza di gorgogliamento, di emotorace o di chilotorace. Questi stessi autori hanno anche riferito che era possibile rimuovere un drenaggio toracico che gorgogliava [19] , il che è discutibile e si concepisce solo dopo un lungo periodo di drenaggio, avendo obliterato per sinfisi la cavità pleurica a livello di queste perdite. In pratica, bisogna rimuovere il drenaggio mentre il paziente esegue un’espirazione forzata, spesso più facile da mantenere rispetto a un’inspirazione forzata e che riduce la depressione intrapleurica. In funzione delle equipe, una borsa può essere serrata o l’orifizio può essere lasciato in cicatrizzazione in seconda intenzione. Una medicazione pulita chiude il tutto. In caso di perdita liquida persistente attraverso l’orifizio cutaneo, può essere inteEMC - Tecniche chirurgiche - Torace

die 0 Drenaggio in aspirazione –10 cm H20

Radiografia toracica

Radiografia toracica quotidiana

giorno + 1 Drenaggio in sifonaggio

giorno + x Se assenza di gorgogliamento e gittata < 250 ml/24 h, rimozione

giorno x + 1 Radiografia di controllo Figura 9. Algoritmo decisionale. Drenaggio pleurico dopo chirurgia di exeresi polmonare.

ressante posizionare in corrispondenza di questa una sacca di raccolta tipo Draina S® fino alla chiusura spontanea dell’orifizio. Il nostro orientamento sarebbe di privilegiare il posizionamento del drenaggio pleurico in sifonaggio. Ciò si fa dalla 1a giornata dopo la chirurgia di exeresi polmonare. In assenza di gorgogliamento, già dal momento in cui il drenaggio pleurico raccoglie meno di 250 ml/24 h e sotto riserva di una radiografia toracica soddisfacente, è possibile procedere alla rimozione del drenaggio (Fig. 9).

Gorgogliamento prolungato Per definizione, si tratta, in Francia, di un gorgogliamento che persiste per più di sette giorni dopo una chirurgia polmonare. In altri paesi, questa durata è più breve: cinque giorni. In assenza di perdita sul sistema di drenaggio, esso testimonia un difetto di cicatrizzazione parenchimale o bronchiale. È stato stabilito un punteggio predittivo di gorgogliamento prolungato [20] ; la sua conoscenza deve permettere al chirurgo di essere ancora più vigile nella realizzazione dell’aerostasi al termine dell’intervento, per evitare questo fenomeno. Un gorgogliamento prolungato ad alta gittata deve far temere la costituzione di una fistola broncopleurica e deve portare alla realizzazione di una fibroscopia bronchiale, soprattutto se esso compare secondariamente.

 Drenaggio toracico dopo chirurgia toracica Il posizionamento di un drenaggio toracico a torace aperto può avvenire in qualsiasi punto della parete, preferenzialmente davanti alla linea ascellare media, perché il paziente non sia coricato sul drenaggio quando è in decubito dorsale. Il numero di drenaggi necessari dopo una chirurgia polmonare è ancora una volta questione di scuola; alcuni posizionano sistematicamente due drenaggi, uno diretto verso l’apice in avanti e uno nello sfondato costodiaframmatico posteriore. Altre equipe lasciano solo un drenaggio che occupa tutta l’altezza del torace, senza segnalare una morbilità più importante [21] .

Caso particolare della pneumonectomia Dopo pneumonectomia, esiste una mobilità del mediastino che si ripercuote direttamente sulla ventilazione del polmone residuo e sulla stabilità emodinamica. La cavità pleurica dal lato

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Esistono numerosi dispositivi commerciali (PleurX® ), ma si può anche dirottare un dispositivo medico esistente (catetere di dialisi peritoneale, pig-tail, catetere di camera impiantabile, ecc.). Il catetere è posizionato per via percutanea e, poi, è tunnellizzato sotto la cute. Esso è raccordato, quindi, a una sacca di raccolta, tipo sacca da urina, attraverso una valvola di Heimlich. Ciò permette di autonimizzare i pazienti e di consentire loro un ritorno al domicilio. Il drenaggio pleurico a permanenza può essere lasciato in sede per diverse settimane, perfino per diversi mesi, fino a una pleurodesi spontanea. Non appena non vi è più una fuoriuscita di liquido, si può rimuovere questo drenaggio dopo aver verificato l’assenza di pleurite residua su una radiografia toracica. Questa tecnica avrebbe un migliore rapporto costo/efficacia rispetto alla realizzazione di punture pleuriche iterative; essa avrebbe anche una minore morbilità rispetto alla pleurodesi con talco mediante videotoracoscopia [22] .

Caso particolare del drenaggio pleuropericardico I liquidi intrapericardici sono riassorbiti per via linfatica e drenati verso le catene linfonodali del mediastino: esistono una rete epicardica [23, 24] e una rete parietale [25] . Allo stato fisiologico, i liquidi secreti dal pericardio sono riassorbiti man mano che compaiono e il sistema è in equilibrio. Un versamento appare quando questo equilibrio è rotto a causa o di un’ipersecrezione o di un difetto di riassorbimento, il più delle volte per l’associazione delle due condizioni. La cavità pericardica è inestensibile e l’accumulo di liquidi comprime il cuore, ostacola il riempimento delle cavità cardiache e porta a un fenomeno di tamponamento che richiede un gesto di drenaggio urgente. Piccoli versamenti possono essere mal tollerati, mentre versamenti importanti possono essere ben tollerati, ma, sempre, un aggravamento può essere brutale e portare rapidamente a un arresto cardiaco. Figura 10.

Sistema di drenaggio monouso dopo pneumonectomia.

Drenaggio per via sottoxifoidea operato si riempie a di un liquido di sostituzione, mentre l’aria entrata durante l’intervento si riassorbe. Nel periodo postoperatorio, questo riassorbimento può essere molto più lento rispetto alla secrezione di liquidi e provocare una compressione del cuore e del polmone residuo. È, quindi, necessario svuotare il lato operato o tramite aspirazione o tramite drenaggio pleurico. Alcune equipe non drenano mai, temendo un rischio infettivo, e realizzano, quindi, delle punture iterative. Altre posizionano un drenaggio che rimuovono il secondo o il terzo giorno postoperatorio, una volta che il mediastino è «fissato». Dal punto di vista pratico, esistono dei sistemi monouso specificamente concepiti per il drenaggio delle pneumonectomie (Fig. 10); questo drenaggio non deve essere irreversibile. Il principio del sistema a due vasi è rappresentato nella Figura 11. È importante segnalare che un drenaggio di pneumonectomia non deve mai essere in aspirazione. Inoltre, in caso di ventilazione meccanica in pressione positiva, è opportuno clampare questo drenaggio per evitare il basculamento mediastinico.

Drenaggio dei versamenti pleurici neoplastici ricorrenti Un’invasione neoplastica della pleura parietale rompe l’equilibrio tra secrezione e riassorbimento del liquido pleurico. Questa situazione molto frequente altera la qualità di vita dei pazienti e richiede o delle punture pleuriche iterative o un gesto di pleurodesi sia chimica (gramval, bleomicina, ecc.) che fisica (talco). Questa può essere realizzata tramite videotoracoscopia o al letto del paziente attraverso un drenaggio. In caso di insuccesso o di impossibilità della chirurgia, tanto più quando la riespansione polmonare è incompleta, il rischio di recidiva del versamento pleurico è importante. Si può, allora, posizionare un drenaggio pleurico a permanenza.

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È già stato descritto in un articolo precedente [26] ed è la via d’accesso classica [27] . Installazione Il paziente è in decubito dorsale e si realizza un’anestesia generale con intubazione tracheale. Il campo operatorio deve essere ampio, comprendendo la faccia anteriore del torace, in modo da poter convertire l’intervento in sternotomia mediana, se necessario. L’anestesia generale e l’intubazione tracheale spesso sono realizzate solo una volta preparati il campo operatorio e il tavolo operatorio, con gli strumenti pronti. In caso di tamponamento, l’intervento deve essere iniziato in posizione seduta o semiseduta e sotto anestesia locale, in modo da evitare qualsiasi peggioramento brutale e il rischio di arresto cardiaco. Incisione Si reperisce l’apofisi xifoide e si traccia un’incisione cutanea verticale di 5-6 cm, debordando di 1 cm sullo sterno verso l’alto e discendendo sulla linea alba verso il basso. La linea alba è aperta. L’appendice xifoide è dissecata al suo contatto e liberata, realizzando l’emostasi con il bisturi elettrico. Essa può essere incisa o resecata, in quanto è spesso fastidiosa. Apertura del pericardio Il pericardio è esposto dissecando con il dito o un tamponcino gli elementi muscolari e adiposi situati dietro lo sterno. Esso può essere difficile da individuare. È aggredito e afferrato con una pinza con denti. La plica così creata è incisa con il bisturi o le forbici. L’anestesista è avvertito di questa incisione. Il liquido pericardico, spesso emorragico ma non coagulabile, è prelevato per analisi citoe/o batteriologica. L’orifizio è ingrandito. Un frammento di pericardio è, allora, resecato per uno studio istologico. Il contenuto del pericardio deve essere esaminato, o con il dito o introducendo un sistema ottico. L’esistenza di aderenze cardiopericardiche può esporre al rischio di ferita del cuore: occorre pensarvi, soprattutto in caso di anamnesi di pericardite o di drenaggio precedente. EMC - Tecniche chirurgiche - Torace

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Figura 11. Sistema a due vasi.

Varianti

• Una minitoracotomia anterolaterale sinistra, definita per alcuni accessi transtoracici [28] , consistente nella realizzazione di un breve accesso laterosternale sinistro nel 4o spazio intercostale, permette un drenaggio buono quanto la via sottoxifoidea nei versamenti non traumatici. • Più recentemente, è stato proposto da Motas et al. un accesso paraxifoideo sinistro [29] . Sotto anestesia locale, l’incisione mediana è realizzata al di sopra della xifoide, che è esposta. Il retto addominale sinistro è disinserito, il che dà accesso al pericardio appena a livello del bordo superiore della cupola diaframmatica; il resto dell’intervento prosegue come descritto in precedenza.

Vie d’accesso • Un accesso toracico come la sternotomia è raramente necessario, salvo in caso di obbligo di ingrandimento per trattare un problema cardiaco associato [26] .

Ricorsi alla videoscopia Essi sono di tre ordini. • Il drenaggio realizzato in occasione di una pleuroscopia (o toracoscopia) è quello praticato più comunemente. Il versamento è

Drenaggio del pericardio Evacuata la cavità, è posizionato un drenaggio morbido in aspirazione (20 o 24 F). Il suo punto di uscita si trova al di sotto dell’incisione, passando attraverso la loggia del muscolo retto addominale . Esso è collegato a un sistema di drenaggio irreversibile. L’incisione è, in seguito, richiusa per piani: linea alba, piano sottocutaneo e cute. Il pericardio, invece, non deve essere suturato.

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spesso poco importante e ben tollerato e il pericardio è aggredito in occasione di un’esplorazione della cavità pleurica. In effetti, un simile gesto non può essere realizzato nel quadro dell’urgenza, visti i vincoli di anestesia e di installazione che ciò richiede. Il paziente è, infatti, installato in decubito laterale e tre trocar sono inseriti in triangolazione. In questi casi, i risultati sarebbero buoni quanto quelli ottenuti con le altre tecniche [30] . Al momento dei drenaggi pericardici intrapleurici, il pericardio è lasciato aperto nella cavità pleurica, il che realizza una finestra pericardiopleurica. Si suppone che questa permetta un drenaggio un po’ più prolungato, in quanto il liquido è preso in carico dai linfatici della pleura. • Il drenaggio del pericardio può essere realizzato in occasione di una laparoscopia [31, 32] . Questa tecnica è stata proposta per dei versamenti recidivanti. Essa permette di realizzare una finestra pericardioperitoneale e di evacuare il versamento nella cavità addominale, dove esso è riassorbito dal peritoneo. • Infine, in modo ancora aneddotico, l’accesso alla cavità pericardica è stato proposto per «pericardioscopia sottoxifoidea» [33] , il che permette di evitare l’incisione della linea alba e la resezione dell’appendice xifoide.

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Drenaggio del versamento Una volta evacuata, la cavità pericardica è drenata. Si utilizza abitualmente un drenaggio che fuoriesce attraverso una controincisione, come già detto. Le vie endoscopiche intrapleuriche e intraperitoneali permettono teoricamente di perennizzare questo drenaggio, derivando le secrezioni verso delle superfici che partecipano esse stesse al riassorbimento. Non è certo che queste tecniche siano costantemente efficaci, poiché gli organi vengono rapidamente a chiudere queste finestre [26] , ma il concetto di questa fenestrazione è applicabile al drenaggio sottoxifoideo standard. La finestra pericardica è, allora, suturata a un orifizio preparato a livello del peritoneo subito sottostante.

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Alternative al drenaggio chirurgico La puntura del pericardio è un gesto ben noto e salvavita nei casi di urgenza. Il versamento può anche essere drenato mediante il posizionamento di un catetere. Tuttavia, anche sotto controllo ecografico, questo gesto non è sempre privo di rischi [34] . Questi cateteri possono essere posizionati sotto controllo TC [35] : questa tecnica, utilizzata in una serie costituita da versamenti che complicano una chirurgia cardiaca, ha dimostrato sicurezza ed efficacia.

 Conclusioni Il drenaggio di una cavità pleurica o pericardica resta un gesto chirurgico che richiede riflessione e padronanza della tecnica. Di aspetto banale, esso può esporre il paziente a una morbimortalità importante, se le regole di base non sono rispettate.

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G. Galvaing, Assistant–chef de clinique ([email protected]). Service de chirurgie thoracique, Centre de lutte contre le cancer de la région Auvergne Jean Perrin, 58, rue Montalembert, 63011 Clermont-Ferrand cedex 1, France. M. Riquet, Professeur des Universités, praticien hospitalier. Service de chirurgie thoracique et cardiovasculaire, Hôpital européen Georges Pompidou, 20, rue Leblanc, 75908 Paris cedex 15, France. M. Dahan, Professeur des Universités, praticien hospitalier. Service de chirurgie thoracique, centre hospitalier universitaire Rangueil-Larrey, TSA 30030, 24, chemin de Pouvourville, 31059 Toulouse cedex 9, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Galvaing G, Riquet M, Dahan M. Principi del drenaggio toracico. EMC - Tecniche chirurgiche Torace 2014;18(1):1-11 [Articolo I – 42-430].

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