Rassegna della letteratura internazionale a cura di F. Garino
Valutazione dei disagi durante la fase iniziale di livellamento in corso di un trattamento ortodontico con attacchi autoleganti o un sistema con attacchi convenzionali P. Scott, M. Sherriff, A.T. Dibiase, M.T. Cobourne Perception of discomfort during initial orthodontic tooth alignment using a self-ligating or conventional bracket system: a randomized clinical trial Eur J Orthod 2008;30:227-32 Risulta ben documentato nella letteratura che il disagio soggettivo sia un potenziale effetto secondario durante un trattamento ortodontico con apparecchiature fisse e possa avere un effetto negativo sull’indicazione a questo tipo di terapia. In letteratura, inoltre, alcuni altri fattori, come precedenti trattamenti ortodontici, l’età del paziente e il sesso, vengono chiamati in causa come variabili di questo disagio; un’ulteriore variabile è l’ammontare delle forze ortodontiche utilizzate, in particolare durante la prima fase di un trattamento. Sulla base delle ricerche istologiche classiche, le forze leggere hanno un migliore effetto biologico, per cui l’impiego di forze maggiori dovrebbe accompagnarsi a un maggior disagio da parte del giovane paziente. Uno dei fattori che influenzano il movimento dentale, e pertanto l’entità delle forze, è il grado di frizione: questa resistenza frizionante è influenzata dalle proprietà dei fili, dalle loro dimensioni, nonché dal sistema di legatura tra filo e attacco. Negli ultimi anni, è comparsa sul mercato una serie di attacchi autoleganti con il proposito di ridurre tale resistenza: i 0391-2000/$ - see front matter doi:10.1016/j.mor.2010.01.006
sostenitori di questi sistemi autoleganti affermano che le forze impiegate sono più leggere e, di conseguenza, vi sarebbe un ridotto disagio per il paziente. In letteratura vi è un solo lavoro sull’argomento, il quale conclude che l’attacco Damon 2 comporta, fin dall’inizio, un minor disagio per il paziente rispetto agli attacchi tradizionali straight-wire con legature metalliche. Scopo di questo lavoro è stato di confrontare il grado di disagio riferito dai pazienti durante le prime fasi di movimento dentale usando apparecchiature ortodontiche fisse con attacchi Damon 3 autoleganti e attacchi Synthesis straightwire tradizionali con legatura. Sono stati esaminati 62 pazienti (32 maschi e 30 femmine; età media 16 anni e 3 mesi) con un grado di affollamento inferiore compreso tra 5 e 12 mm e un piano di trattamento estrattivo, inclusi i primi premolari inferiori. I pazienti sono stati trattati con ambedue i sistemi in maniera randomizzata. In entrambi i gruppi sono stati utilizzati archi iniziali 0,014 Cu NiTi per allineamento. Dopo l’applicazione dei fili, a tutti i pazienti è stato consegnato un diario da completare nella prima settimana, in cui dovevano registrare il grado di disagio a intervalli di 4 ore, 24 ore, 3 giorni e una settimana su una scala graduata. Inoltre, doveva essere annotato l’eventuale uso spontaneo di analgesici. Non sono emerse differenze statisticamente significative nei due tipi di attacco, né nella fase iniziale né nelle valutazioni successive. In conclusione, questa ricerca ha mostrato che non esiste alcuna evidenza scientifica per affermare che gli attacchi autoleganti Damon 3 provochino meno disagio rispetto agli attacchi convenzionali straight-wire con legature durante le fasi iniziali di allineamento, indipendentemente dall’età e dal sesso.
Correzione di un morso aperto mediante intrusione dei denti posteriori con miniviti Y.C. Park, H.A. Lee, N.C. Choi, D.H. Kim Open bite correction by intrusion of posterior teeth with miniscrews Angle Orthod 2008;78:699-710 Il morso aperto è considerato una delle malocclusioni più difficili da trattare. In un’ortodonzia tradizionale sono stati proposti l’estrusione dei frontali con trazioni elastiche anteriori e l’uprighting dei molari usando la sistematica multi-loop (MEAW): tutti questi sistemi presentano una forte tendenza alla recidiva. La chirurgia ortognatica, preceduta e accompagnata da un trattamento ortodontico, produce notevoli risultati estetici e funzionali: comporta però una cura complessa, rischiosa e costosa. Una soluzione alternativa è l’intrusione vera di denti posteriori superiori delle arcate dentali, la quale comporta un’autorotazione anteriore della mandibola che si accompagna alla chiusura del morso e a una riduzione dell’altezza anteriore della faccia, senza ricorrere alla chirurgia. L’impiego di sistemi di ancoraggio con miniviti presenta sia facilità di inserimento sia semplicità nella sistematica ortodontica relativa, il tutto con l’impiego di forze ottimali subito dopo l’inserimento delle miniviti. Un altro vantaggio è rappresentato dai minori limiti imposti dall’applicazione delle miniviti, nonché i costi minori. Gli autori presentano il caso di una ragazza di 16 anni con morso aperto trattata con intrusione dei denti posteriori superiori. La malocclusione presenta due piani occlusali a diverso orientamento e la soluzione con miniviti è la più idonea perché
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permette l’autorotazione della mandibola a direzione anteriore con forte riduzione dell’altezza anteriore del viso. Dapprima è stato applicato un espansore rapido del mascellare. Dopo una sufficiente espansione, sono state inserite le miniviti (2 mm di larghezza e 8 mm di lunghezza) nella porzione alveolare vestibolare, all’altezza del primo e secondo premolare, del secondo premolare e primo molare e del primo e secondo molare. L’espansore è stato trasformato in uno splint palatale per prevenire l’inclinazione buccale dei denti posteriori durante la forza di intrusione. La forza intrusiva è
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stata applicata sul lato vestibolare usando catenelle con forza di 150-200 g su ogni dente. Dopo 5 mesi è stata raggiunta l’intrusione dei molari con conseguente chiusura del morso. Dopo questa fase intrusiva, accompagnata da autorotazione della mandibola, sono stati caricati con attacchi i denti della porzione anteriore di entrambe le arcate e si è proceduto al livellamento e all’allineamento. Dopo 9 mesi, al termine della fase di allineamento e livellamento, è stata applicata una trazione elastica intermascellare di III Classe per ottenere un overjet positivo. Il trattamento si è
concluso dopo un periodo di 21 mesi. Per la contenzione sono stati bondati due archi di ritenzione da canino a canino e la paziente ha dovuto indossare anche un apparecchio mobile di contenzione con arco vestibolare passante. Gli autori hanno concluso che l’intrusione dei denti posteriori rappresenta una corretta metodologia per il trattamento di malocclusioni la cui caratteristica predominante è il morso aperto anteriore. L’intrusione è stata ottenuta soltanto con miniviti inserite nella zona vestibolare e non sono stati riferiti effetti secondari.