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Chirurgia del fibroma nasofaringeo B. Verillaud, E. Sauvaget, D. Bresson, J.-P. Guichard, J.-P. Saint-Maurice, H. Tran, R. Kania, P. Herman Il trattamento di riferimento del fibroma nasofaringeo rimane l’exeresi chirurgica. I progressi compiuti nel settore della diagnostica per immagini, dell’embolizzazione selettiva e della strumentazione hanno permesso di ridurre notevolmente la morbilità legata alla chirurgia di questo tumore ipervascolarizzato. Anche le tecniche chirurgiche sono progredite. Attualmente, le vie d’accesso endoscopiche endonasali permettono, nella maggior parte delle situazioni, di ottenere un’exeresi di qualità, limitando al tempo stesso le sequele estetiche e funzionali. I tumori limitati alla fossa pterigopalatina e alla fossa nasale sono stati i primi a essere operati per via endonasale. I miglioramenti nel settore dell’esposizione (resezione del setto, maxillectomia mediale), delle vie transmascellari e delle vie transpterigoidee permettono di gestire dei tumori estesi alla fossa infratemporale, alla regione dell’apice petroso, al forame lacero e al clivus. Anche alcune estensioni intracraniche limitate (forame rotondo e ovale, planum sfenoidale, lamina cribrosa) sono accessibili a un’exeresi endoscopica. Un accesso esterno resta comunque indispensabile in alcune situazioni: invasione intracranica importante, inguainamento dell’arteria carotide interna, estensione molto laterale alla fossa temporale al di sopra dello zigomo ed estensione tumorale posteriormente o lateralmente al nervo ottico. Quando la resezione completa provoca una morbilità giudicata inaccettabile, può, talvolta, essere lasciato in sede un frammento tumorale. In tutti i casi, il monitoraggio postoperatorio passa attraverso una diagnostica per immagini precoce, per individuare e trattare un eventuale residuo tumorale passato inosservato, poi attraverso un follow-up clinico e radiologico prolungato. © 2013 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.
Parole chiave: Fibroma nasofaringeo; Approccio chirurgico; Chirurgia endonasale endoscopica; Maxillectomia mediale; Via transfacciale; Bilancio radiologico postoperatorio
Introduzione
Struttura dell’articolo ■
Introduzione
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Bilancio preoperatorio Diagnostica per immagini Embolizzazione e test di occlusione
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Anestesia
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Materiale e installazione Materiale Installazione
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Vie d’accesso Vie d’accesso endonasali Vie d’accesso anteriori transmaxillari Altre vie d’accesso
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Cure postoperatorie Terapia antibiotica Tamponamento e cure endonasali Diagnostica per immagini
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Indicazioni e limiti
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EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale Volume 17 > n◦ 1 > ottobre 2013 http://dx.doi.org/10.1016/S1292-3036(13)65426-7
Il fibroma nasofaringeo (FNF) è un tumore benigno che si sviluppa nei soggetti di sesso maschile, preferibilmente durante l’adolescenza. Il suo trattamento si basa essenzialmente sull’exeresi chirurgica. I primi interventi erano segnati da emorragie importanti, conseguenti alla frammentazione di questo tumore ipervascolarizzato. Alla morbilità immediata si aggiungevano i pesanti postumi legati alle vie d’accesso transfacciali con distruzione ossea. I progressi compiuti nel settore della diagnostica per immagini, consentendo un bilancio accurato delle estensioni tumorali, hanno permesso di pianificare meglio la strategia operatoria. L’embolizzazione selettiva dei vasi nutritizi ha ridotto i rischi emorragici e, quindi, il ricorso alla trasfusione. Anche delle vie d’accesso più conservative, come la via di degloving, hanno contribuito a migliorare la prognosi di questa chirurgia. L’avvento delle tecniche endoscopiche endonasali ha aperto nuove prospettive. Inizialmente riservate a tumori di piccole dimensioni limitati alla fossa pterigopalatina (FPP) e alla fossa nasale, le exeresi per via endoscopica hanno a poco a poco visto ampliarsi le loro indicazioni. Durante gli ultimi 10 anni, le
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Figura 1. TC (A) e risonanza magnetica in sequenza T1 con iniezione di gadolinio (B) in sezioni assiali: fibroma nasofaringeo sinistro con allargamento del forame sfenopalatino e spostamento della parete posteriore del seno mascellare (punta della freccia), lisi del massiccio delle pterigoidi (freccia nera) ed estensione alla regione retromaxillozigomatica, alla fossa pterigoidea e allo spazio parafaringeo (frecce bianche).
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innovazioni tecnologiche tanto nel settore della diagnostica per immagini che in quello della strumentazione, associate allo sviluppo delle tecniche di esposizione endonasale, hanno modificato ancora la gestione chirurgica del FNF. L’exeresi per via endonasale, permettendo un ottimo controllo tumorale e limitando, al tempo stesso, le sequele estetiche e funzionali, appare attualmente il trattamento di elezione nella maggior parte delle situazioni cliniche.
Bilancio preoperatorio Diagnostica per immagini Nel preoperatorio, lo scopo della diagnostica per immagini è triplice: • orienta la diagnosi di questo tumore ipervascolarizzato, tipicamente inaccessibile alla biopsia; • stabilisce con precisione le estensioni tumorali e permette, quindi, di organizzare la strategia chirurgica; • infine, la TC e la risonanza magnetica (RM) sono oggetto di un’acquisizione che permette l’utilizzo di un sistema di navigazione intraoperatoria. Sul piano diagnostico, la TC senza e con iniezione di mezzo di contrasto è lo strumento a più alto rendimento: l’associazione di una massa localizzata alla fossa pterigopalatina che si estende alla fossa nasale e di una lisi del margine posteriore del forame sfenopalatino è quasi costante nel FNF. È frequente anche osservare uno spostamento in avanti della parete posteriore del seno mascellare [1, 2] . La RM senza e con iniezione di gadolinio conferma il carattere ipervascolarizzato della lesione e precisa l’estensione ai tessuti molli (Fig. 1). L’angio-RM evidenzia i vasi nutritivi del tumore. Al fine di organizzare la strategia operatoria, è imperativo disporre di una cartografia precisa delle digitazioni tumorali. Noi ricorderemo brevemente le modalità di estensione del FNF, ampiamente sviluppate in altra sede [3] (Fig. 2). Il tumore prende origine dal forame sfenopalatino, poi conosce un’estensione: • mediale, verso la fossa nasale, il nasofaringe e i seni paranasali. La lesione del tetto dei seni etmoidale e sfenoidale è relativamente rara; • laterale anteriore (davanti ai processi pterigoidei), verso la FPP, e, quindi, la regione retromaxillozigomatica attraverso la fessura pterigomascellare; il tumore può, quindi, estendersi verso l’alto alla fossa temporale e verso il basso alla regione vestibolare. L’orbita può essere invasa attraverso la fessura orbitaria inferiore e, a partire da là, sono raggiunti il seno cavernoso o, anche, la fossa cerebrale media, attraverso la fessura orbitaria superiore; • posteriore, per infiltrazione dei processi pterigoidei (più particolarmente della lamina mediale) o, anche, del corpo dello
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sfenoide e del clivus. L’estensione al canale pterigoideo, scavato nella radice del processo pterigoideo mediale, segue il tragitto del nervo vidiano. Il tumore può, quindi, invadere la fossa pterigoidea (talvolta fino alla sede parafaringea), la regione dei muscoli pterigoidei e, quindi, la fossa cerebrale media, attraverso il forame rotondo e ovale. La lesione ossea sfenoidale è predittiva di un rischio aumentato di recidiva postoperatoria [2] ; • posteroinferiore, verso l’apice petroso e il forame lacero, con, in alcuni casi, un’infiltrazione dell’arteria carotide interna intrapetrosa; • anteriore, verso il seno mascellare, con uno spostamento della parete posteriore del seno piuttosto che una reale invasione della cavità sinusale; • superiore, rara, verso il planum sfenoidale o, anche, la lamina cribrosa e il piano anteriore. La TC ha, anche in questo caso, un’importanza particolare, in quanto informa sulla natura e sull’entità delle lesioni ossee: può trattarsi di una lisi globale (del massiccio pterigoideo, per esempio) o, ancora, di estensioni limitate a tappo di champagne nel corpo dello sfenoide e nel clivus (Fig. 3). Il mancato riconoscimento di queste gemme intraossee si paga intraoperatoriamente con una rottura del tumore e con la persistenza di residui significativi. La TC permette anche di individuare le particolarità anatomiche indispensabili da conoscere in qualsiasi chirurgia endoscopica rinosinusale: dimensione e aerazione dei seni, presenza di cellule di Haller o di Onodi, deiscenza delle pareti interne dell’orbita o della lamina cribrosa e procidenza e/o deiscenza dei canali ottici e carotidei. La RM è, tuttavia, utile per discriminare meglio l’estensione ai tessuti molli (fossa infratemporale, orbita, fossa cerebrale media). La classificazione di Radkowski permette, a partire dall’analisi delle estensioni tumorali alla diagnostica per immagini, di formulare una stadiazione del tumore [4] (Tabella 1).
Embolizzazione e test di occlusione Lo sviluppo delle tecniche di embolizzazione selettiva ha permesso di ridurre notevolmente le perdite ematiche legate alle emorragie intraoperatorie. Malgrado ciò, i rischi non trascurabili legati all’embolizzazione (cecità, emiplegia) impongono che il gesto sia effettuato da un’equipe di radiologia interventistica esperta. L’embolizzazione deve essere, se possibile, realizzata nelle 72 ore che precedono l’intervento, per ridurre il rischio di rivascolarizzazione o di sviluppo di una rete vascolare collaterale. D’altra parte, passato questo periodo, compare un’infiammazione locale legata all’ischemia tumorale, che disturba la dissecazione e l’exeresi chirurgica [5] . Il gesto è realizzato, il più delle volte, sotto anestesia generale per ragioni di comfort, ma può anche essere eseguito sotto anestesia locale e neuroleptoanalgesia. Esso inizia con un’arteriografia con opacizzazione degli assi nutritivi del tumore. Si tratta, di EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
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Figura 2. TC in scansione assiale (A) e ricostruzioni oblique (B, C). Vie di estensione (frecce) del fibroma nasofaringeo (asterisco) a partire dal forame sfenopalatino. A. Estensione mediale verso la fossa nasale, anteriore verso il seno mascellare, laterale anteriore verso la fossa pterigopalatina e la regione retromaxillozigomatica e posteriore verso la fossa pterigoidea. B. Estensione superiore verso il planum sfenoidale e la lamina cribrosa. C. Estensione posteroinferiore verso il forame lacero. Tabella 1. Classificazione di Radkowski. Stadio IA
Tumore limitato alla cavità nasale e/o alla volta del nasofaringe
Stadio IB
Tumore che invade la cavità nasale e/o la volta del nasofaringe e che si estende ad almeno uno dei seni del volto
Stadio IIA
Invasione minima della fossa pterigopalatina
Stadio IIB
Invasione di tutta la fossa pterigopalatina con o senza erosione della parete orbitaria
Stadio IIC
Estensione alla fossa infratemporale o estensione posteriore, oltre le lamine del processo pterigoideo (spazio paratubario/fossa pterigoidea/spazio parafaringeo)
Stadio IIIA
Erosione della base del cranio (fossa cranica media/radice delle pterigoidi), estensione intracranica minima
Stadio IIIB
Estensione intracranica massiva con o senza invasione del seno cavernoso
Figura 3. Risonanza magnetica in scansione assiale T2. Fibroma nasofaringeo con estensione a «tappo di champagne» (freccia) nel clivus.
solito, dei rami dell’arteria carotide esterna (arteria mascellare interna, arteria faringea ascendente), ma esistono delle afferenze del sistema carotideo interno (Fig. 4). Le afferenze bilaterali non sono rare [6] . Si esegue, allora, un’embolizzazione endovascolare degli assi nutritizi provenienti dal sistema carotideo esterno. Sono disponibili vari agenti per l’embolizzazione, ma la preferenza è attualmente rivolta alle particelle (polivinilalcol) piuttosto che alle colle liquide, per ridurre al massimo la morbilità del gesto. Un test di occlusione temporanea («test di clampaggio») dell’arteria carotide interna (ACI) può essere realizzato sotto anestesia locale e anticoagulazione efficace, se la vicinanza del FNF con l’ACI fa temere un rischio di lesione vascolare intraoperatoria. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
Il tempo di perfusione venosa e l’esame neurologico consentono, allora, di valutare la qualità degli apporti sostitutivi forniti dal poligono di Willis: il criterio più fine sembra essere rappresentato dalla simmetria o, quanto meno, dall’assenza di ritardo del ritorno venoso. L’embolizzazione per puntura diretta non è mai realizzata in prima intenzione. Nella nostra esperienza, essa comporta dei rischi di migrazione dell’agente di embolizzazione (in particolare la colla di cianoacrilato) verso il sistema carotideo interno [7] , e lo stravaso locale di colla rende il tumore duro e aderente. D’altronde, gli agenti radio-opachi, diffondendosi nei tessuti adiacenti, disturbano l’interpretazione delle immagini di controllo postoperatorio. L’embolizzazione diretta è, quindi, riservata ad alcune situazioni: impossibilità di un’embolizzazione
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Materiale e installazione Materiale
Figura 4. Arteriografia che mostra il contributo del sistema carotideo interno alla vascolarizzazione tumorale, qui mediante l’arteria vidiana destra (freccia).
convenzionale, recidive multiple ed evolutive, legature arteriose preliminari e partecipazione massiva del sistema carotideo interno. All’occorrenza, può essere eseguita una puntura diretta sotto controllo endoscopico, se necessario con un’occlusione temporanea delle ACI con dei palloncini, per evitare i reflussi di prodotto sclerotizzante. È stato riferito l’utilizzo di Onyx® (copolimero di etilene vinile alcol) in questa indicazione [8] .
Anestesia I rischi emorragici dell’intervento richiedono una strategia trasfusionale particolare, in alcuni casi con un possibile ricorso all’autotrasfusione. Tuttavia, le tecniche di embolizzazione selettiva e il migliore controllo dell’exeresi consentiti dalla via endoscopica hanno permesso di ridurre significativamente le perdite ematiche legate all’intervento e, quindi, di ridurre le indicazioni alle trasfusioni. L’intubazione orotracheale si esegue con una sonda preformata, fissata al mento. La pressione sanguigna è monitorata in continuo per via arteriosa. Il protocollo anestetico mira a ottenere un’anestesia profonda con ipotensione controllata: è stato proposto anche il ricorso all’isoflurano [9] . Notiamo che l’utilizzo di gas alogenati è sconsigliato nei casi in cui esiste un’effrazione durale. La rimozione degli zaffi si esegue sotto anestesia locale o neuroleptoanalgesia per evitare delle anestesie generali iterative.
I progressi tecnici compiuti nel corso degli ultimi anni spiegano in gran parte l’ampliamento delle indicazioni all’exeresi endoscopica nella chirurgia del FNF. Sono stati sviluppati anche alcuni materiali dedicati nel campo della strumentazione, dei motori e dei sistemi di navigazione, permettendo di migliorare l’esposizione e la qualità dell’exeresi e riducendo, al tempo stesso, la durata dell’intervento [10] . Le videocamere ad alta definizione, accoppiate alle ottiche a 0◦ , 30◦ , 45◦ e 70◦ , offrono un’immagine più precisa e facilitano la dissecazione del FNF (Fig. 5). L’utilizzo o meno di una guaina lavante è in funzione delle abitudini del chirurgo: alcuni preferiscono, così, lavorare con un’ottica non inguainata e, quindi, più maneggevole e più sottile; la pulizia della lente è, allora, garantita dall’aiuto, con un getto di soluzione fisiologica con la siringa sullo stelo dell’ottica. La comparsa di ottiche che permettono una visione tridimensionale apre nuove prospettive: secondo degli studi preliminari, l’individuazione delle strutture anatomiche e la gestualità ne risulterebbero migliorate [11, 12] . La strumentazione fa, ovviamente, sempre ricorso al materiale standard di chirurgia sinusale endonasale: set di pinze di Blakesley, pinze tipo basket (through-cutting forcipe), forbici da endoscopia, curette retta e curva, pinza di Kerisson. Sono attualmente disponibili degli strumenti lunghi e sottili, utilizzati nella chirurgia endoscopica della base del cranio, per facilitare l’accesso ai prolungamenti profondi del FNF e per dissecare il tumore dai tessuti molli adiacenti. Si è diffuso anche l’utilizzo del microdebrider; nella chirurgia del FNF, esso è, in effetti, più utile nel tempo di esposizione (etmoidectomia) che nell’exeresi propriamente detta: le lame del microdebrider hanno solo poca presa su questo tumore estremamente fibroso. La pinza bipolare di Dessi permette di eseguire un’emostasi accurata, anche in prossimità di strutture nobili. Per l’emostasi preventiva della mucosa nella resezione del setto, nella maxillectomia mediale o nella realizzazione di un lembo nasosettale, la punta monopolare inguainata può essere utilizzata senza rischi. Nelle stesse indicazioni, le fibre laser diodo consentono una sezione esangue limitando al tempo stesso il trauma mucoso. Sempre nel settore dell’emostasi, dei progressi notevoli sono stati apportati dalle matrici emostatiche come Floseal® , Tissucol® o Surgicoll® [13] . Anche i motori utilizzati nella chirurgia endonasale si sono evoluti: i manipoli lunghi e le frese angolate hanno permesso di ottimizzare la fresatura delle inserzioni ossee pterigoidee del FNF e, quindi, di ridurre il rischio di tumore residuo. L’utilizzo di un sistema di navigazione permette di aiutare il chirurgo nel reperimento di alcune strutture anatomiche e, soprattutto, di individuare con precisione i prolungamenti tumorali (in particolare intrasfenoidali). L’acquisizione è, il più delle volte,
Figura 5. Viste operatorie con una telecamera standard (A) e una telecamera HD (B). Asterisco: fibroma nasofaringeo.
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realizzata a partire da una TC, ma è possibile anche un’acquisizione con sovrapposizione TC/RM. Secondo degli studi recenti, lo sviluppo della diagnostica per immagini TC e RM intraoperatoria dovrebbe permettere di migliorare ancora la qualità dell’exeresi in un futuro prossimo [14–16] .
Installazione Il paziente è installato in decubito dorsale, con la testa leggermente flessa nell’asse del corpo o in lieve rotazione verso destra. Come in ogni chirurgia endonasale, il chirurgo è alla testa del paziente, di solito a destra e l’aiuto è ai suoi lati. Lo strumentista può essere o ai piedi o di fronte al chirurgo. La colonna che include la fonte di luce fredda, il monitor ed eventualmente il sistema di navigazione è situata alla testa del paziente, di fronte all’operatore.
Vie d’accesso Vie d’accesso endonasali Strategia operatoria Il FNF è un tumore fortemente vascolarizzato, la cui frammentazione si accompagna a emorragie importanti. Il miglior modo di ridurre queste emorragie è eseguire un’exeresi in monoblocco [17] . Ci si dedica, allora, a esporre le varie digitazioni tumorali e, poi, a mobilizzarle una a una per riportarle sull’inserzione sfenoidale del tumore, come si riporterebbero i petali di una margherita verso il suo centro. L’inserzione sul corpo dello sfenoide è affrontata per ultima: è qui che il tumore contrae le sue afferenze arteriose provenienti dall’ACI, difficili o impossibili da controllare con l’embolizzazione. Alcuni autori utilizzano il laser per frammentare il tumore, il che sembra particolarmente pertinente nel caso dei tumori voluminosi, dove gli accessi classici hanno difficoltà a stabilire dei corridoi chirurgici sfruttabili. La riduzione del volume tumorale consente un accesso più agevole ai prolungamenti tumorali laterali e posteriori. Nicolai et al. propongono l’utilizzo del laser diodo per ridurre i sanguinamenti al momento della sezione; la porzione situata nella fossa nasale, nel nasofaringe e/o nel seno sfenoidale è rimossa per prima, quindi è rimossa la parte che invade la fossa infratemporale e, infine, sono rimossi gli eventuali prolungamenti alla regione dei muscoli pterigoidei [18] .
Tecniche di esposizione Il tempo di esposizione ha lo scopo di creare un «corridoio chirurgico» che porta dall’entrata della fossa nasale alla FPP, uno spazio di lavoro dove il chirurgo e l’aiuto possono, se necessario,
lavorare a quattro mani senza ostacolarsi (Fig. 6). Peraltro, questo tempo chirurgico permette di esporre i reperi anatomici che aiutano il chirurgo a orientarsi. Sono, così, realizzate successivamente e se necessario in maniera bilaterale una meatotomia mediana, poi un’etmoidectomia totale e, infine, una sfenoidotomia allargata. Questi gesti possono essere eseguiti anche se il tumore invade i seni paranasali. In effetti, il più delle volte, il FNF non interessa il tetto dell’etmoide, di modo che l’etmoidectomia può essere realizzata passando al di sopra di esso e può essere prolungata fin nello sfenoide per via transetmoidale, esponendo, allora, la gemma tumorale intrasfenoidale, anche in questo caso dal di sopra. La parte posteriore del setto è spesso resecata, in particolare se è presente un’invasione del corpo dello sfenoide o del vomere: diviene, così, possibile imprimere agli strumenti un’angolazione sufficiente per accedere alla FPP attraverso la narice controlaterale (Fig. 7). In pratica, la parte posteriore del setto è disinserita dal rostro sfenoidale, quindi il rostro è liberato, o con la fresa o con l’ausilio di scalpelli sottili e affilati, per permettere la sua exeresi. I margini di questa sfenoidotomia allargata sono regolarizzati. La parte posteriore del setto è resecata secondo necessità dopo coagulazione preventiva della mucosa, rispettando la sua parte alta, che appartiene alla fessura olfattiva, e una banda di cartilagine anteriore, per preservare la forma del naso. I frammenti ossei e cartilaginei rimossi sono conservati in una soluzione fisiologica, nel caso in cui si rendesse necessaria una ricostruzione al termine dell’intervento. Il FNF ha origine in prossimità della FPP e le estensioni laterali verso la regione retromaxillozigomatica non sono rare: è, quindi, indispensabile avere una buona visualizzazione di questa regione. Vera alternativa endoscopica al «Denker» delle vie esterne, la maxillectomia mediale è, qui, di grande utilità: offrendo un accesso diretto alle pareti posteriore e laterale del seno mascellare e, dietro ad esse, all’insieme della fossa infratemporale, essa permette il controllo dei prolungamenti più laterali del FNF (Fig. 7). Essa agevola, peraltro, il monitoraggio postoperatorio. Inizia con la coagulazione preventiva del tratto di sezione, che segue il pavimento della fossa nasale dalla coda fino alla testa del turbinato inferiore, che aggira verticalizzandosi, per raggiungere l’apofisi unciforme. La via lacrimale decorre nel condotto lacrimonasale (le cui pareti anteriore e mediale appartengono all’osso mascellare superiore e le cui pareti posteriore e laterale appartengono all’osso lacrimale e, quindi, al turbinato inferiore), dal sacco lacrimale fino al meato inferiore. Essa è sezionata in maniera franca per ridurre i rischi di stenosi secondaria. Se l’estensione laterale del tumore è modesta, essa può anche essere conservata: il tratto anteriore della maxillectomia mediale è, allora, realizzato posteriormente alla via lacrimale. L’osso è deperiostato a minima e la sezione ossea è effettuata con la fresa fino a visualizzare la mucosa del seno mascellare. Il setto intersinusonasale è abbattuto verso l’interno e, quindi, è asportato. Figura 6. A. Risonanza magnetica in scansione assiale T1 con iniezione di gadolinio: fibroma nasofaringeo con invasione della fossa infratemporale sinistra. B. TC in scansione assiale con iniezione di mezzo di contrasto: aspetto postoperatorio dopo exeresi per via endonasale; accesso ampio alla fossa infratemporale dopo resezione del setto e maxillectomia mediale sinistra.
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Figura 7. Tecniche di esposizione nelle vie d’accesso endonasali, visualizzate su una TC in scansione assiale (A): resezione del setto (B), maxillectomia mediale (C), resezione delle parete posteriore e laterale del seno mascellare (D) e fresatura della radice delle pterigoidi (E). Il tempo di esposizione permette di aprire un accesso ampio alle zone di estensione del fibroma nasofaringeo (F). Regione retromaxillozigomatica (in blu), regione dei muscoli pterigoidei (in rosso) e spazi para- e retrofaringei (in verde).
A questo stadio, sono visibili i seguenti reperi anatomici: i rilievi dell’ACI, del nervo ottico, della sella turcica e del planum sfenoidale nel seno sfenoidale, la parete interna dell’orbita e il tetto dell’etmoide e la parete posteriore e laterale del seno mascellare e il nervo infraorbitario V2 sul tetto del seno mascellare.
Accesso alla fossa pterigopalatina La FPP è affrontata direttamente resecando la parete posteriore del seno mascellare, tramite fresatura o aiutandosi con una pinza di Kerisson (Fig. 9). La resezione è proseguita medialmente tramite fresatura della lama verticale del palatino, al fine di esporre il tumore dalla FPP fino al forame sfenopalatino e alla fossa nasale. Questa resezione ossea mediale porta a esporre e a sezionare l’arteria e il nervo grandi palatini. L’exeresi ossea a questo livello deve assolutamente essere completa; senza questo il tumore non può, in seguito, essere basculato dall’esterno all’interno. La fascia che inguaina il contenuto della FPP è incisa, per esporre la porzione anteriore della FPP. Ricordiamo che la porzione anteriore contiene del grasso e l’arteria mascellare interna e i suoi rami, mentre la porzione posteriore ospita gli elementi nervosi: V2 e ganglio sfenopalatino. L’arteria mascellare interna è individuata e, quindi, clippata e sezionata (Fig. 9). Senza eseguire resezioni ossee supplementari e se le dimensioni del tumore lo consentono, è, allora, possibile dissecare il contenuto della FPP e identificare: • verso l’interno, il nervo vidiano alla sua uscita dal canale pterigoideo; • posteriormente, la parete posteriore della FPP, formata dai processi pterigoidei;
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• in alto, seguendo il V2 dal tetto del seno mascellare e risalendo verso l’apice orbitario, la fessura orbitaria inferiore e, quindi, il forame rotondo; • all’esterno, il limite laterale della FPP, che è la fessura pterigomascellare. Essa comunica all’esterno con la regione retromaxillozigomatica.
Accesso alle altre regioni della fossa infratemporale La resezione della parete posteriore del seno mascellare può essere estesa alla parete laterale fino al recesso zigomatomalare. Realizzato dopo una maxillectomia mediale e una resezione del setto, questo gesto permette di esporre in endoscopia l’insieme della regione retromaxillozigomatica e di accedere ai prolungamenti laterali del FNF. Realizzando una fresatura della radice dei processi pterigoidi, si espongono (Fig. 7): • il muro laterale del seno sfenoidale, che può essere fresato dall’avanti all’indietro fino al seno cavernoso e all’arteria carotide interna; • la terza e ultima regione della fossa infratemporale: la regione dei muscoli pterigoidei. Questa regione contiene i muscoli pterigoidei mediale e laterale e i plessi venosi pterigoidei, la cui emostasi (essenzialmente assicurata da una compressione prolungata) può risultare difficile. Dissecando questa regione lateralmente, si può individuare il nervo mandibolare V3 e seguirlo a monte fino al forame ovale. La via transpterigoidea permette, infine, di accedere a eventuali prolungamenti del FNF nella regione del forame lacero: la fresatura è continuata lungo il decorso del nervo vidiano dalla EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
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Figura 8. A, B. Lesioni del clivus. L’arteria e il nervo vidiani sono seguiti dalla fossa pterigopalatina (in verde) fino al secondo ginocchio carotideo; il segmento verticale paraclivale dell’arteria carotide interna rappresenta il limite laterale nella fresatura del clivus. C, D. Estensioni alla lamina cribrosa o al planum sfenoidale. La zona di fresatura è delimitata lateralmente dalle pareti interne delle orbite e posteriormente dai canali ottici.
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Figura 9. Resezione della parete posteriore del seno mascellare sinistro (1), che offre un accesso alla fossa infratemporale (2) (A). Reperimento dell’arteria mascellare interna (freccia) (B).
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A radice del processo pterigoideo mediale fino al pavimento del seno sfenoidale, al fine di identificare il secondo ginocchio carotideo, alla giunzione del segmento orizzontale intrapetroso e del segmento verticale paraclivale [19] . L’apice petroso e l’orifizio fibrocartilagineo del forame lacero sono, infine, trattati attraverso la faccia inferiore, sotto il piano del segmento orizzontale dell’ACI intrapetrosa.
Accessi complementari, secondo l’invasione tumorale L’invasione tumorale può avvenire verso altre regioni della base del cranio (Fig. 8). Nelle lesioni del planum sfenoidale e della fessura olfattiva, i reperi anatomici intrasfenoidali (sella turcica e rilievi dell’ACI EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
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“ Punto importante La realizzazione di una maxillectomia mediale endoscopica, di una resezione del setto e, poi, di una via transmaxillare e transpterigoidea permette di esporre le principali sedi anatomiche interessate dalle estensioni del FNF.
e dei canali ottici) e le pareti interne dell’orbita devono essere chiaramente individuati prima di intraprendere la rimozione tumorale. La fresatura è limitata lateralmente dalle pareti interne
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delle orbite e dai canali ottici posteriormente. Il reperimento e la coagulazione preventiva delle arterie etmoidali anteriori e posteriori consentono di evitare le ferite arteriose accidentali: la retrazione del frammento prossimale può essere all’origine di drammatici ematomi retrobulbari. In caso di invasione del clivus, la sfenotomia allargata è proseguita verso il basso tramite fresatura del pavimento del seno sfenoidale e i limiti laterali sono le ACI nella loro porzione verticale paraclivale. Il nervo vidiano può, anche qui, essere seguito per individuare l’ACI alla giunzione del segmento orizzontale intrapetroso e del segmento verticale paraclivale.
Vie transorbitarie Le vie transorbitarie si rivolgono ai prolungamenti orbitari del FNF. Esse non mirano, pertanto, a creare un accesso per aggredire il contenuto orbitario propriamente detto, ma a seguire e, se necessario, ad allargare il tragitto seguito dal tumore, che invade la fessura orbitaria inferiore per colonizzare l’apice orbitario e, in alcuni casi, estendersi al seno cavernoso. Dopo una maxillectomia mediale e un’ampia esposizione transmaxillare, il prolungamento tumorale nella fessura orbitaria inferiore è seguito passo per passo, mentre il contenuto orbitario è spostato verso l’alto; è possibile, così, dissecare progressivamente e, quindi, mobilizzare la totalità del prolungamento tumorale fino nel seno cavernoso. È, ovviamente, importante che la capsula tumorale sia morbida e dissecabile: nella nostra esperienza, questo accesso non è, quindi, compatibile con le tecniche di embolizzazione tumorale tramite puntura diretta, dove la diffusione del materiale di embolizzazione rende il tumore duro e aderente.
Tecniche di chiusura Non vi è, in linea generale, un’apertura della dura madre nella chirurgia del FNF. Non è, allora, necessaria nessuna ricostruzione particolare, e un semplice tamponamento appoggiato, per esempio con un set di zaffi grassi, è lasciato in sede al termine dell’intervento, per una durata di tempo variabile da 2 a 5 giorni. In caso di breccia accidentale o di estensione tumorale verso la regione della lamina cribrosa, è necessario eseguire una ricostruzione in diversi strati del difetto: la presenza di una cavità aperta sottostante (la fossa nasale) e l’assenza di una contropressione, spesso coniugate a un’ampia erosione ossea da parte del FNF, fanno correre un rischio elevato di perdita persistente di liquido cerebrospinale, con le sue complicanze infettive intrinseche. La ricostruzione associa, se possibile, uno strato intradurale-intracranico, uno strato extradurale-intracranico e uno strato extradurale-extracranico. I materiali utilizzati possono essere autologhi (fascia lata, innesto adiposo, frammento di cartilagine o di osso) o eterologhi (protesi durale tipo DuraSealTM ). La contenzione del montaggio è assicurata da un semplice palloncino gonfiato nella fossa nasale. Quando l’ACI si trova esposta (per esempio, nelle sue porzioni orizzontale intrapetrosa e verticale paraclivale), è necessario realizzare una copertura con un piano di protezione: frammento di grasso autologo (Fig. 10), lembo nasosettale e così via. Sono, infatti, possibili delle arteriti reattive, con un rischio di accidente ischemico del territorio carotideo.
Vie d’accesso anteriori transmaxillari Via transfacciale tramite «degloving» e via paralateronasale Queste vie d’accesso consentono di esporre le principali regioni anatomiche interessate dall’estensione del FNF: sono, così, visualizzati la fossa infratemporale, il seno mascellare, la fossa nasale, lo sfenoide, il forame rotondo e il forame ovale [20] . Il degloving presenta, inoltre, il vantaggio di evitare qualsiasi incisione cutanea. Noi descriviamo pertanto qui questa via d’accesso, che è, in effetti, preferita alla via «paralateronasale» o di rinotomia laterale (Fig. 11).
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A
B Figura 10. Esposizione del segmento paraclivale e del ginocchio carotideo sinistro (frecce) (A). Copertura con un frammento di grasso addominale (B). 1: Seno sfenoidale.
L’intervento inizia con l’infiltrazione endorale dei solchi vestibolari, dei tessuti sottocutanei della piramide nasale e dei vestiboli narinari. Questi ultimi sono incisi seguendo un tragitto cilindrico per evitare qualsiasi stenosi secondaria. Dopo l’incisione endorale bivestibolare, lo scollamento effettuato con scollaperiostio per via sottoperiostea permette di liberare la faccia anteriore del seno mascellare fino all’uncino malare all’esterno, fino all’orifizio piriforme, alle ossa proprie del naso e alla spina nasale verso l’interno e, in alto, fino al bordo orbitario inferiore (prestando attenzione a rispettare il nervo sotto-orbitario e la doccia lacrimale). Nella fossa nasale, la lamina mucoperiostea intersinusonasale è reclinata verso l’interno con l’inserzione del turbinato inferiore. Il lembo osseo transfacciale è, in seguito, tagliato con fresa di Lindemann: la sezione ossea inizia sull’osso proprio del naso, passa davanti al canale lacrimale sotto il canto interno e, quindi, il bordo orbitario (e l’emergenza del nervo sottoorbitario), è proseguita orizzontalmente fino al corpo del malare, diviene obliqua verso il basso e diviene nuovamente orizzontale sulla faccia anteriore del seno mascellare (al di sopra dei germi dentari), per ritornare verso la porzione inferoesterna dell’orifizio piriforme. I fori pari e trapassanti che permettono la contenzione finale con microplacche sono realizzati prima di fratturare il setto intersinusonasale con l’osteotomo da una parte e dall’altra della radice di inserzione del turbinato inferiore, sezionando la via lacrimale in modo franco, e di abbattere il lembo. La lamina mucoperiostea intersinusonasale è resecata con il turbinato inferiore dall’avanti all’indietro fino a livello della FPP; solo una banda anteriore è conservata e reclinata con il lembo cutaneo facciale, per coprire il lembo osseo al termine dell’intervento. La parete posteriore del seno mascellare è resecata per esporre la FPP e identificare l’arteria mascellare interna, il V2 e il ganglio sfenopalatino. In caso di invasione retromaxillozigomatica, è resecata anche la parete laterale del seno mascellare. Il tumore è mobilizzato dall’esterno verso l’interno e l’arteria mascellare interna così messa in tensione è clippata EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
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C Figura 11. Via transfacciale tramite degloving. A. Incisione bivestibolare ed esposizione della parete anteriore del seno mascellare. B. Dopo l’incisione cilindrica del vestibolo narinario, i tessuti molli della piramide nasale sono reclinati verso l’alto. C. Tracciato del lembo osseo.
e sezionata. Gli eventuali prolungamenti nella fessura orbitaria inferiore sono cautamente abbassati. La fresatura della radice delle pterigoidi permette, se necessario, di esporre i prolungamenti posteriori nella regione dei muscoli pterigoidei, dell’apice petroso, dello sfenoide o del forame ovale. Il muscolo pterigoideo laterale può, se necessario, essere ribaltato o, anche, resecato. Il tumore è, infine, mobilizzato e basculato nella fossa nasale. Le inserzioni sfenoidali o vomeriane sono distaccate e il tumore è estratto attraverso la fossa nasale o fatto fuoriuscire dall’orofaringe. La cavità operatoria è esaminata con l’ottica alla ricerca di eventuali frammenti di tumore residui, spesso rivelati dalla presenza di un’emorragia persistente. Occorre anche verificare che il pezzo operatorio non presenti zone cruentate, testimonianza dell’avulsione di una digitazione tumorale. È realizzato un tamponamento minimo e il lembo è rimesso in sede. L’osteosintesi è eseguita con microplacche. Le incisioni mucose sono suturate con filo riassorbibile. I principali limiti di questa tecnica sono la scarsa altezza del corridoio laterale tra il pavimento dell’orbita e gli apici dentari e l’accesso limitato all’etmoide anteriore (di fatto raramente problematico nel FNF, in quanto le estensioni etmoidali anteriori sono poco frequenti). Questa via d’accesso lascia poche sequele. Malgrado il riposizionamento del lembo osseo al termine dell’intervento, può, tuttavia, esistere un difetto di crescita verticale del mascellare, in genere senza conseguenze importanti sull’articolato dentario.
Via transmaxillonasale bilaterale per osteotomia di Le Fort I Il principio di questa via d’accesso è di mobilizzare l’insieme del piatto palatino verso il basso [21] . Tuttavia, l’accesso ai prolungamenti superiori, posteriori e, soprattutto, laterali del FNF è mediocre: il piatto palatino liberato dalle sue inserzioni ossee non è realmente abbassato, ma, piuttosto, tende a basculare intorno a una cerniera posteriore, mascherando, così, l’accesso alla fossa infratemporale. Inoltre, il rischio di ledere i germi dentari in pazienti spesso giovani non è trascurabile.
Via di Rouge-Denker Questa via d’accesso con distruzione ossea offre una luce limitata rispetto alla via di degloving. Peraltro, il suo possibile effetto deleterio sulla crescita del massiccio facciale spinge a un utilizzo prudente nei pazienti giovani. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
Altre vie d’accesso Vie transmandibolari Esistono diverse varianti di questa tecnica; l’osteotomia mandibolare può essere: • mediana, associata a una lussazione dell’articolazione temporomandibolare e a un accesso cervicale (via di Biller [22] ); • parasagittale sul ramo montante (via descritta da Legent et al. [23] ); • orizzontale sul ramo montante, in questo caso con sacrificio del nervo alveolare inferiore (via di Dingman e Conley [24] ). Oltre alle sequele funzionali che possono provocare, queste vie d’accesso hanno lo svantaggio di non permettere l’accesso a tutte le regioni anatomiche interessate dal FNF.
Vie laterali transzigomatiche Storicamente, le vie laterali transzigomatiche (via preauricolare sottotemporale [25] , via infratemporale tipo C di Fish [26] ) erano usate per esporre la fossa temporale, la fossa infratemporale e il pavimento della fossa cerebrale media. È possibile, sotto alcune condizioni, accedere anche alla parete laterale del cavum e al seno sfenoidale. Questo accesso ampio era ottenuto al prezzo di una sezione dell’arcata zigomatica, della disinserzione dei muscoli massetere e temporale, di un’apertura dell’articolazione temporomandibolare e, nel caso della via di Fish, dell’esclusione dell’orecchio medio. Il ramo frontale del nervo faciale doveva essere deviato oppure, come minimo, retratto per tutta la durata dell’intervento. L’avvento delle vie d’accesso transfacciali e, soprattutto, delle tecniche endoscopiche ha notevolmente ridotto le indicazioni delle vie transzigomatiche. La via preauricolare sottotemporale rimane, tuttavia, utile nella gestione dei FNF che presentano un’estensione laterale estesa verso l’alto alla fossa temporale. L’incisione cutanea frontotemporale a «falcetto» è proseguita verso la regione cervicale secondo un tracciato di parotidectomia. Il tronco del faciale è dissecato e il ramo frontale è ripiegato verso il basso. Questa stessa via d’accesso può essere realizzata senza dissecazione del faciale, purché la dissecazione sia eseguita sotto il piano dell’aponeurosi temporale, con una deperiostazione della faccia profonda dell’apofisi zigomatica. L’arcata zigomatica è abbattuta sezionandola il più vicino possibile e reclinandola verso il basso con il massetere. La coronoide è sezionata alla sua base e il muscolo temporale è, allora, basculato verso l’alto. Infine, il condilo mandibolare è lussato dopo l’apertura dell’articolazione.
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Via pteriono-sotto-temporale
a fresatura ampia della radice delle pterigoidi, sono stati descritti dei tassi di recidiva dell’ordine del 30% [30] . Lo screening del tumore residuo può essere realizzato con una diagnostica per immagini precoce nelle 48 ore che seguono l’intervento. Con una sensibilità del 75% e una specificità dell’83%, la TC con contrasto appare un valido strumento per evidenziare i residui tumorali [32] . All’occorrenza, una ripresa chirurgica precoce può essere eseguita rapidamente per via endoscopica, evitando, così, i rischi di una nuova embolizzazione o, anche, le possibili incertezze di un ’irradiazione. Questa diagnostica per immagini precoce non dispensa, tuttavia, da un monitoraggio a lungo termine, il cui ritmo e le cui modalità sono in funzione delle abitudini del chirurgo. Noi proponiamo la realizzazione della prima RM di controllo a 6 mesi (a 3 mesi se esiste un dubbio su un residuo tumorale alla diagnostica per immagini di controllo postoperatorio immediato) e, quindi, un follow-up annuale. La constatazione di un residuo porta a un monitoraggio più ravvicinato, ogni 6 mesi; in assenza di evoluzione o in caso di involuzione, l’astensione terapeutica è la regola e il residuo è semplicemente controllato. Una ripresa evolutiva porta, al contrario, a riconsiderare l’opzione chirurgica e, quando quest’ultima non è ipotizzabile, a discutere un’irradiazione esterna. La diagnostica per immagini è ogni volta completata da un esame endoscopico durante la visita.
Questa via d’accesso neurochirurgica permette di controllare un’estensione laterocavernosa, derivante, di solito, da una distruzione massiva della grande ala dello sfenoide alla circonferenza e attraverso il forame ovale.
Indicazioni e limiti
È, in effetti, spesso necessario resecarlo. A questo stadio, è possibile resecare il prolungamento del FNF nella fossa temporale. Il tetto della regione infratemporale è fresato dopo essere stato deperiostato fino a esporre la dura madre: questo consiste nel fresare la radice dello zigomo e, quindi, la grande ala dello sfenoide fino alla radice delle pterigoidi. Dopo l’identificazione dell’arteria meningea media e del V3, la fresatura della radice delle pterigoidi conduce al forame rotondo e alla parete laterale del cavum. La chiusura comprende il riempimento della cavità operatoria con un lembo di temporale o del grasso, il riposizionamento del temporale con osteosintesi della coronoide e l’osteosintesi dello zigomo.
Via sottofrontale Questa via d’accesso è indicata nei tumori che invadono massivamente il piano anteriore o quando il tumore avvolge il nervo ottico. Essa permette il controllo della porzione superiore del tumore. Al contrario, l’estensione laterale deve essere affrontata con una via endoscopica associata o, eventualmente, per via transfacciale. La via sottofrontale provoca un’anosmia definitiva: il paziente deve esserne informato prima dell’ intervento.
Cure postoperatorie Terapia antibiotica In assenza di consenso sulla condotta da tenere in termini di profilassi antibiotica e di terapia antibiotica postoperatoria nella chirurgia del FNF, noi proponiamo di somministrare una terapia antibiotica perioperatoria endovenosa per 24 ore attiva sui cocchi Gram positivi, passando poi a una terapia antibiotica orale a largo spettro come l’associazione amoxicillina-acido clavulanico in caso di presenza prolungata di materiale estraneo (zaffi grassi, Silastic® , ecc.) nelle fosse nasali. Questo atteggiamento è stato validato nella chirurgia endoscopica della base del cranio con l’apertura della dura madre [27] : ci sembra adeguato anche alla chirurgia del FNF.
Tamponamento e cure endonasali Se sono stati posizionati al termine dell’intervento, si rimuovono gli zaffi in 1a giornata e le stecche di Silastic® in 10a giornata. Nel bambino, la rimozione degli zaffi è, se necessario, eseguita sotto protossido d’azoto o, anche, sotto anestesia generale. La cavità nasale è esaminata in visita in 10a giornata: la formazione di secrezioni aderenti al momento della cicatrizzazione può essere fonte di una sovrainfezione locale, all’origine di dolori, di disturbi respiratori nasali e, a volte, di segni generali (febbre, astenia). Tali sintomi hanno un impatto non trascurabile in termini di qualità della vita [28] . Lo sbrigliamento ripetuto della cavità nasale sotto anestesia locale permette di ridurre queste complicanze. Dei lavaggi nasali con soluzione fisiologica sono prescritti per facilitare la detersione delle secrezioni.
Diagnostica per immagini Le estensioni del FNF alla base del cranio espongono a un rischio elevato di tumore residuo e, quindi, di recidiva. I siti preferenziali di questi residui tumorali sono la radice delle pterigoidi, il clivus, il seno sfenoidale, il seno cavernoso, il forame lacero e la fossa cranica anteriore [29–31] . Malgrado la definizione di una cartografia precisa delle digitazioni tumorali alla diagnostica per immagini preoperatoria e l’utilizzo di un sistema di navigazione e
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Non esistono raccomandazioni consensuali sulla gestione chirurgica del FNF. Le vie transfacciali sono state a lungo quelle più praticate: esse offrono un campo visivo soddisfacente sui principali siti di localizzazione tumorale (fossa nasale, seno mascellare, fossa infratemporale, sfenoide, forame rotondo e forame ovale), evitando, al tempo stesso, nel caso del degloving, gli inconvenienti di un’incisione cutanea. Lo sviluppo della chirurgia endoscopica endonasale ha aperto nuove prospettive: sono stati dapprima operati dei FNF di piccole dimensioni e che presentavano delle invasioni limitate. I buoni risultati in termini di qualità di exeresi, associati alla scarsa morbilità di questi approcci, hanno permesso di allargare progressivamente le indicazioni a tumori più importanti (fino allo stadio IIB di Radkowski) [33] . Tuttavia, l’estensione alla regione retromaxillozigomatica, alla regione dei muscoli pterigoidei e al piano medio o la vicinanza con il seno cavernoso restavano delle controindicazioni alla via endoscopica. I progressi compiuti nel settore dell’esposizione (maxillectomia mediale, resezione del setto, vie transmaxillare e transpterigoidea) e della chirurgia a quattro mani, ma anche i progressi tecnici (matrici emostatiche, strumenti dedicati, sistemi di navigazione), hanno portato a riconsiderare questi limiti [18, 34] . L’exeresi endoscopica sembra oggi possibile fino allo stadio IIIA di Radkowski. Gli accessi esterni restano indispensabili in quattro situazioni: • in caso di inguainamento dell’ACI: è, allora, necessario controllare l’ACI attraverso un accesso esterno e possono essere lasciati in sede dei frammenti tumorali che invadono l’arteria; • in caso di invasione intracranica importante (stadio IIIB di Radkowski): una via d’accesso neurochirurgica è associata a una via endoscopica o transfacciale [35] ; • in caso di invasione laterale della regione retromaxillozigomatica estesa verso l’alto alla fossa temporale al di sopra dello zigomo: questo tipo di prolungamento, eccezionale, è aggredito attraverso una via laterale transzigomatica; • in caso di estensione tumorale posteriore o laterale al nervo ottico: è, allora, necessaria una via d’accesso mediante craniotomia. In linea generale, è prudente informare i pazienti del rischio di convertire un accesso endoscopico in un accesso esterno, se il gesto endoscopico non permette un’exeresi soddisfacente. In alcuni casi, l’invasione tumorale rende impossibile la resezione completa: l’invasione dell’ACI o l’invasione EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale
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completa del seno cavernoso giustificano, così, il fatto di lasciare in sede del tumore residuo. Secondo i casi, questi frammenti tumorali possono essere irradiati [36] o semplicemente sorvegliati: rimane, infatti, possibile un’involuzione spontanea.
“ Punti importanti • Il trattamento di elezione del FNF è l’exeresi chirurgica; in caso di controindicazione operatoria o di residuo tumorale non resecabile, le possibilità terapeutiche sono o un’irradiazione esterna o un atteggiamento di monitoraggio della progressione delle lesioni. • Prima di ogni gesto chirurgico, è indispensabile formulare una cartografia precisa delle digitazioni tumorali e conoscere bene le vie di progressione del FNF. • L’embolizzazione selettiva dei vasi nutritizi nel preoperatorio permette di ridurre le perdite ematiche e, quindi, il ricorso alla trasfusione; l’embolizzazione tramite puntura diretta, a causa del rischio embolico, deve essere riservata ad alcune situazioni particolari. • L’exeresi per via endonasale endoscopica è oggi possibile nella maggior parte dei casi; alcune estensioni tumorali richiedono, tuttavia, ancora un accesso esterno; l’astensione chirurgica è la regola quando la morbilità del gesto di exeresi apparirà inaccettabile. • Il follow-up postoperatorio passa per una diagnostica per immagini precoce nelle 48 ore che seguono l’intervento e, poi, per dei controlli clinici e radiologici regolari, alla ricerca di un residuo tumorale evolutivo.
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