Chirurgia del forame giugulare

Chirurgia del forame giugulare

 I – 46-020 Chirurgia del forame giugulare V. Darrouzet, V. Franco-Vidal, D. Liguoro, J.-P. Lavieille L’accesso chirurgico del forame giugulare è c...

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Chirurgia del forame giugulare V. Darrouzet, V. Franco-Vidal, D. Liguoro, J.-P. Lavieille L’accesso chirurgico del forame giugulare è complesso. La sua profondità e la sua vicinanza con il nervo faciale e l’arteria carotide interna sono critiche. La presenza, all’interno di questo orifizio, di nervi misti di alta importanza funzionale e di notevole fragilità complica molto il compito del chirurgo. Quella del bulbo giugulare, essenziale per il drenaggio venoso cerebrale e facilmente invaso, è al centro del rischio chirurgico. L’accesso al forame giugulare si può prendere in considerazione attraverso delle vie d’accesso otologiche, di cui la più utilizzata è la via infratemporale tipo A descritta da Ugo Fisch. Questa via ha dimostrato la sua efficacia nel corso del tempo. Il suo inconveniente principale è di sacrificare poco o molto l’udito e di richiedere una deviazione del nervo faciale. Altre vie d’accesso otologiche più rispettose della posizione del canale facciale e dell’orecchio medio sono state descritte più recentemente per la rimozione di tumori di dimensioni da piccole a medie. Tuttavia, il forame giugulare può essere controllato anche attraverso vie d’accesso puramente neurochirurgiche, rispettando la rocca, la posizione del nervo faciale e l’integrità dell’orecchio medio. Questi accessi, descritti per raggiungere il forame magno, sono in grado di portare il chirurgo a delle lesioni che dipendono dal forame giugulare. Lo scopo di questo lavoro è di fare una descrizione quanto più completa possibile di questi due tipi di accessi, precisando le rispettive indicazioni. Sono evocati i problemi posti dai diversi tumori che possono occupare questo spazio. I paragangliomi timpanogiugulari servono da base di descrizione, ma sono anche specificate le particolarità tecniche sollevate dai meningiomi e dai neurinomi. © 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Nervo faciale; Forame giugulare; Via infratemporale; Nervo vago; Paraganglioma

Struttura dell’articolo





Introduzione

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Richiami anatomici Faccia intracranica Faccia esocranica Nervi misti

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Ambiente umano e tecnico Protocollo anestesiologico Embolizzazione preoperatoria Informazione al paziente Ambiente tecnico

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Accessi chirurgici Accessi transpetrosi Accessi neurochirurgici al forame giugulare

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Indicazioni chirurgiche nei paragangliomi giugulari Tumore tipo B Tumore tipo C Tumore tipo D

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Complicanze postoperatorie Lesione degli ultimi nervi cranici Paralisi facciale Altre complicanze

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EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale Volume 18 > n◦ 1 > ottobre 2014 http://dx.doi.org/10.1016/S1292-3036(14)68292-4

Specificità degli altri tumori del forame giugulare Schwannomi Meningiomi

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 Introduzione La chirurgia del forame giugulare è da collocare tra quelle più difficili nella chirurgia della base del cranio. Due fattori vi concorrono: • la maggior parte dei tumori che vi si sviluppa è costituita da paragangliomi, tumori emorragici di dissecazione difficile e dai limiti complessi; • il forame giugulare consente il passaggio, in prossimità dell’arteria carotide interna (ACI), al drenaggio venoso cerebrale e ai nervi misti (IX, X e XI), di cui si sa la grande fragilità ai traumi chirurgici. Il chirurgo si trova, dunque, di regola, di fronte a una lesione in rapporto con l’ACI, raggiungendo un asse venoso essenziale che protegge dei nervi, ogni lesione dei quali conduce a gravi sequele funzionali. Questo contesto anatomico può, talvolta, portare a escludere un intervento e a preferire la radioterapia per ridurre i rischi, in particolare in pazienti fragilizzati dall’età, dalle tare biologiche o da una lesione controlaterale.

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Figura 1. A. Forame giugulare, faccia intracranica. 1. Meato uditivo interno; 2. sutura petro-occipitale e seno petroso inferiore; 3. seno sigmoideo; 4. processo intragiugulare dell’osso petroso; 5. pars nervosa; 6. pars venosa; 7. processo intragiugulare dell’osso occipitale; 8. canale del nervo ipoglosso. B. Forame giugulare, faccia esocranica. 1. Processo mastoideo; 2. forame stilomastoideo; 3. forame ovale; 4. forame spinoso; 5. forame carotideo; 6. bulbo giugulare; 7. forame lacero; 8. orifizio di uscita del canale ipoglosso; 9. condilo occipitale.

Queste nozioni sono essenziali al momento di prendere una decisione e dell’indicazione operatoria. Le vie d’accesso che noi descriviamo hanno in comune il fatto di accedere al forame stesso e ai suoi versanti extra- e intracranico ed extra- e intradurale permettendo, attraverso ciò, anche di trattare le estensioni «a clessidra» intracraniche e cervicali frequenti per quanto riguarda i tumori nervosi e meningei. Il lettore può riscontrare una descrizione precisa delle vie destinate a esporre i prolungamenti intradurali della parte bassa dell’angolo pontocerebellare nell’articolo sulle vie d’accesso del meato uditivo interno (articolo 46-010 dell’EMC).

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 Richiami anatomici Il forame giugulare era una volta chiamato «forame lacero posteriore». Si tratta di uno iato osseo situato tra il bordo posteriore della porzione petrosa dell’osso temporale e il bordo laterale delle parti laterali dell’osso occipitale. Il suo orientamento nello spazio (è rivolto in alto, in dentro e indietro) fa sì che le sue facce intracraniche ed extracraniche non abbiano la stessa forma (Figg. 1A, B). Esso presenta due regioni diverse per il loro aspetto e il loro contenuto: la parte ventrale e mediale, detta «nervosa» (pars nervosa), e la parte dorsale e laterale detta «venosa» (pars venosa). Esse sono divise dal processo intragiugulare dell’osso petroso detto anche spina giugulare.

Faccia intracranica Se si esamina la faccia intracranica della rocca (Fig. 1A), si nota che il forame giugulare è delimitato: • lateralmente dal bordo dorsale dell’osso petroso, su cui si riconoscono, da ventrale a dorsale e da laterale a mediale, l’incisura contenente il nervo glossofaringeo (IX nervo cranico), il processo intragiugulare dell’osso petroso, che divide il forame in due parti, e l’ampia incisura che delimita la fossa giugulare e che chiude medialmente il forame; • medialmente dalla parte laterale dell’osso occipitale. Si riscontra anche qui la prominenza del processo intragiugulare dell’occipitale, che forma il limite posteriore dell’incisura del seno petroso inferiore; • dorsalmente, dall’articolazione tra processo giugulare occipitale e faccia giugulare dell’osso petroso;

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B Figura 2. A. Contenuto del forame giugulare. 1. Seno petroso inferiore; 2. nervo glossofaringeo (IX); 3. nervo vago; 4. ramo dell’arteria faringea ascendente; 5. nervo spinale (XI) accessorio; 6. bulbo superiore della vena giugulare interna. B. Canale giugulare. 1. Bulbo della vena giugulare; 2. nervo spinale accessorio; 3. nervo vago e ganglio superiore; 4. nervo glossofaringeo e ganglio inferiore; 5. seno petroso inferiore.

• ventralmente, dall’articolazione tra bordo posteriore dell’osso petroso e bordo laterale della parte basilare dell’osso occipitale. Il forame giugulare è sepimentato da due fasci fibrosi (Figg. 2A, B): • un fascio ventrale e mediale. Esso unisce il processo intragiugulare occipitale e il processo intragiugulare dell’osso petroso; • un fascio più dorsale e laterale. Esso riunisce il margine posteriore del processo intragiugulare della rocca dell’osso petroso al bordo laterale della parte laterale dell’osso occipitale. Questi fasci delimitano tre logge: EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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Figura 3. Rapporti dei nervi misti a livello del forame giugulare. I nervi misti appaiono piegati come su un cavalletto tra la loro origine a livello del tronco cerebrale e il loro tragitto cervicale. A. 1. Nervo accessorio; 2. nervo vago; 3. nervo faciale; 4. nervo glossofaringeo; 5. nervo ipoglosso. B. 1. Nervo glossofaringeo; 2. nervo faciale; 3. nervo ipoglosso; 4. nervo accessorio; 5. nervo vago.

• una loggia per il nervo glossofaringeo e il seno petroso inferiore, la più ventrale e la più mediale; • una loggia per la vena giugulare interna (VGI), più dorsale e più laterale. Alla giunzione tra seno sigmoideo e VGI si situa il bulbo superiore della VGI, o bulbo giugulare (BG) (anticamente chiamato «golfo giugulare»), che fa da «sifone» tra i due e può risalire più o meno in alto nella base della rocca; • una loggia situata tra le prime due, delimitata dai due fasci fibrosi e che lascia passare il nervo vago (X nervo cranico o nervo pneumogastrico), il nervo accessorio (XI nervo cranico, una volta chiamato nervo spinale) e, infine, l’arteria meningea posteriore.

Faccia esocranica Su una vista esocranica della base del cranio, la parte più ventrale e più mediale del forame giugulare appare come un orifizio che si può distinguere. Questo orifizio è delimitato, in realtà, da un bordo mediale che è di pertinenza dell’osso occipitale e che è rettilineo e da un bordo laterale che dipende dall’osso petroso e formato dalla doccia del nervo glossofaringeo. Il segmento posteriore più ampio del forame giugulare non è visibile su una vista d’insieme dell’esocranio.

Nervi misti Si raggruppano sotto questo termine i nervi IX, X e XI. Il loro tragitto li conduce dalla cisterna bulbocerebellare, dove si riuniscono per attraversare lo sbocco stretto della pars nervosa del forame giugulare prima di separarsi nella parte alta dello spazio retrostiloideo (Figg. 2B, 3), sulla faccia laterale della VGI e dell’ACI e tra le due strutture (nervo vago).

 Ambiente umano e tecnico La chirurgia del forame giugulare obbliga, il più delle volte, a un accesso intracranico intradurale della fossa posteriore. In linea EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

generale, non si può ipotizzare senza disporre da una parte di una competenza e di una formazione specialistiche, a cui è opportuno integrare un ambiente anestesiologico esperto, e, dall’altra, di una dotazione tecnica specifica relativamente pesante in termini di investimenti e di materiali consumabili.

Protocollo anestesiologico La chirurgia intracranica deve rispondere ai criteri di qualità della neuroanestesia. Qualsiasi chirurgia, detta «fredda» a dura madre aperta, sottintende la somministrazione di una profilassi antibiotica intraoperatoria (consensus conference di anestesiologia 1999, www.sfar.org/antibiofr.html). Le iniezioni antibiotiche sono iniziate all’induzione e rinnovate ogni tre ore. È opportuno astenersi da una terapia antibiotica che vada oltre l’atto chirurgico, per evitare eventuali selezioni di microrganismi. Essa non ha un’utilità dimostrata, poiché le cavità mastoidee sono sterili. Il risveglio anestetico si fa con dolcezza, se possibile in un ambiente addestrato al risveglio neurologico e alla valutazione di Glasgow. Alcuni autori privilegiano un ambiente di rianimazione neurochirurgica dedicato per almeno 24 ore. Il paziente resta in posizione clinostatica a 30◦ nella posizione operatoria per 2448 ore, tempo necessario per il ritorno della pressione del liquido cerebrospinale (LCS) della cavità cranica. È opportuno insistere su una prevenzione attenta dei rischi tromboembolici, elevati nel contesto neurochirurgico (calze elastiche, eparina a basso peso molecolare a dosi profilattiche).

Embolizzazione preoperatoria Essa è indispensabile nella gestione dei paragangliomi giugulari infiltranti il BG e il forame giugulare [1] . Fa ricorso a dei radiologi esperti in queste tecniche pesanti e potenzialmente pericolose. Il rischio di accidente vascolare postembolizzazione è debole ma presente e il paziente deve esserne informato. È, quindi, indispensabile una consulenza preoperatoria con il radiologo per segnalare la specificità e i rischi dell’embolizzazione. Ciò non dispensa il chirurgo otorinolaringoiatra (ORL) dall’avvisare, dal canto suo, il

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paziente della necessità di questo intervento e dei suoi eventuali rischi. L’embolizzazione permette di devascolarizzare il tumore e di facilitare la sua exeresi. Secondo l’esperienza dell’equipe, essa può avvenire per via selettiva endovascolare [2] o per puntura diretta e iniezione di un prodotto sclerotizzante [3] . Noi non preciseremo in questo articolo i vantaggi e gli svantaggi di queste tecniche, ma insistiamo sul loro ruolo essenziale per ridurre la morbilità chirurgica propriamente detta e migliorare la completezza dell’exeresi.

Informazione al paziente Prima di qualsiasi approccio al forame giugulare si impone un’informazione precisa e motivata sui rischi intraoperatori, potenzialmente gravi in questo ambiente anatomico, e sull’eventuale difficoltà dei postumi operatori sul piano funzionale. Al di là di questa informazione sui rischi vitali e funzionali in cui si incorre, a cui l’ORL è abituato, il paziente è informato sull’ambiente postoperatorio (sonda gastrica, eventuale tracheotomia).

Ambiente tecnico Nessun intervento otoneurochirurgico si può ipotizzare senza monitoraggio del nervo faciale. Può essere utile accoppiarlo a un controllo dell’attività del nervo vago mediante monitoraggio laringeo. Se il tumore deve essere seguito in sede intradurale, noi consigliamo l’utilizzo di colla di fibrina, per ridurre il rischio di perdita di LCS [4] . L’utilizzo di un quadro neurochirurgico (Mayfield o Gardner) facilita, in alcuni degli accessi studiati, il mantenimento della testa in rotazione ed evita le escare da decubito [5] .

 Accessi chirurgici Noi descriviamo questi accessi prendendo come descrizione tipo la resezione di un paraganglioma giugulare, che ne è, senza dubbio, la migliore indicazione. Le particolarità tecniche indotte dalle altre lesioni sono viste successivamente. Distinguiamo, per maggiore chiarezza, le vie d’accesso otologiche transpetrose, formattate fin dall’inizio per lavorare nell’orecchio medio e nel forame giugulare, e le vie neurochirurgiche extrapetrose, che mirano il forame giugulare insieme alla cerniera craniocervicale e alla giunzione bulbomidollare intradurale.

Figura 4. La timpanotomia posteriore permette di esporre il tumore nell’orecchio medio.

• l’accesso retroauricolare e cervicale con deviazione della porzione mastoidea del nervo faciale a minima secondo Glasscock et al. [9] e Jackson et al. [10] , a cui si avvicina la via infratemporale modificata di Farrior [11] ; • infine, la via retroauricolare e cervicale con deviazione anteriore del nervo faciale, che corrisponde alla classica via infratemporale di Fisch tipo A [12] . Le prime due, definite conservative, sono nate dal desiderio di evitare le sequele a volte associate alla deviazione anteriore delle porzioni timpaniche e mastoidee del nervo faciale utilizzato nella via infratemporale tipo A. Queste sequele sono legate all’ischemia nervosa. Esse possono essere evitate quando il nervo faciale è lasciato in sede o debolmente mobilizzato a livello della sua terza porzione o del suo tragitto parotideo. Evidenziamo, qui, che la deviazione posteriore del nervo faciale non è evocata in questo articolo. Essa è, infatti, per definizione, associata alla via transcocleare che non è, di regola, nel contesto dei tumori del forame giugulare.

Accessi transpetrosi Si tratta di accessi allo stesso tempo mastoidei e cervicali. Questa combinazione è indispensabile in caso di invasione del BG e/o dell’ACI, in quanto, nella maggior parte dei casi, è indispensabile un controllo degli assi vascolari nella regione cervicale. Sono state descritte numerose modalità operatorie, che si articolano tutte intorno all’atteggiamento chirurgico di conservazione o meno del canale facciale. Il nervo faciale è, infatti, al centro del problema, poiché la sua porzione mastoidea e la sua emergenza cervicale bloccano l’accesso al BG e, oltre e soprattutto, all’ACI. Lasciarlo nella sua posizione anatomica rende difficile il controllo del BG e delle estensioni verso la pars nervosa. Questa difficoltà è da bilanciare in funzione delle situazioni anatomiche, delle dimensioni della rocca, di quelle del BG e della sua altezza rispetto all’orecchio interno. È spesso l’infiltrazione dell’ACI che rende, a volte, necessaria la deviazione nervosa. È, quindi, il caso dei tumori tipo C e, più particolarmente, C2 della classificazione di Fisch [6] . Per quanto riguarda dei tumori più evoluti lungo il canale carotideo orizzontale, un accesso infratemporale che non risparmia il nervo è difficilmente evitabile. Si possono associare sotto il termine di «via combinata mastoidea e cervicale» tre grandi tipi di tecniche: • l’accesso retroauricolare e cervicale senza deviazione del nervo faciale sostenuto da Martin e Prades [7] e Pensak e Jackler [8] ;

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Via sotto- e retrofacciale e infralabirintica Questa via si definisce anatomicamente come una via intersinusofacciale, sottolabirintica. Essa è aperta tra il seno sigmoideo e il suo bulbo posteriormente e inferiormente e il nervo faciale lasciato in sede anteriormente. Il meato uditivo esterno osseo può essere conservato al prezzo di una timpanotomia posteriore molto estesa verso l’ipotimpano (Fig. 4). In caso di invasione estesa della mastoide, il condotto osseo è abbattuto ed è realizzato uno svuotamento petromastoideo allargato (Fig. 5). Incisione e piani superficiali L’incisione cutanea è allo stesso tempo retroauricolare e cervicale. Essa può assumere la forma di un’incisione cutanea classica di via infratemporale tipo A (Fig. 6). Un lembo a cerniera anteriore è, così, tagliato asportando tessuto sottocutaneo e periostio mastoideo. La porzione posterolaterale della cute del meato uditivo esterno è respinta nel divaricatore per aprire il condotto al momento dell’accesso posteriore. Un lembo timpanomeatale posteriore e inferiore è tagliato in maniera da esporre tutto l’ipotimpano. L’incisione inferiore parte molto in avanti verso le ore 3. Le incisioni radiali sono, quindi, eseguite a ore 12 e a ore 3. Questo lembo è sollevato e libera l’ipotimpano. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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Figura 5. Svuotamento petromastoideo allargato. Il meato uditivo esterno è stato abbattuto. Il tumore è visibile sotto il nervo faciale a contatto con il bulbo giugulare.

Figura 7. Via transmastoidea. La fresatura permette di scheletrizzare il seno sigmoideo e la dura madre pre- e retrosigmoidea e di reperire il nucleo labirintico e la porzione mastoidea del nervo faciale. 1. Spina di Henle; 2. nervo faciale; 3. canale semicircolare; 4. tegmen temporale; 5. seno petroso superiore; 6. angolo senodurale; 7. ventre posteriore del digastrico; 8. acquedotto cocleare; 9. dotto glossofaringeo; 10. doccia del digastrico; 11. bulbo giugulare; 12. sacco endolinfatico; 13. seno sigmoideo; 14. vena emissaria mastoidea.

attenzione a non ledere il canale semicircolare posteriore. La fresatura è continuata per esporre il BG e la sua faccia anteriore all’interno del nervo faciale. Il forame stilomastoideo è progressivamente isolato. I rapporti tra il BG, la porzione mastoidea del nervo faciale e la capsula otica variano notevolmente, creando delle situazioni molto diverse nella difficoltà chirurgica. La vicinanza o, anche, l’intreccio di queste diverse strutture possono rendere questo accesso complesso e stretto. Il seno sigmoideo è denudato con la fresa diamantata. Questo gesto prepara la sua legatura o il suo eventuale blocco in caso di embolo tumorale venoso. Esso è, così, dissecato su tutta la sua lunghezza, in continuità con il BG precedentemente identificato.

Figura 6.

Incisione della via infratemporale tipo A.

Piano osseo Si realizza un’antromastoidectomia allargata. Essa è associata a una scheletrizzazione del seno sigmoideo e a un reperimento della cresta digastrica (Fig. 7). La sezione dell’inserzione mastoidea dello sterno-cleidomastoideo (SCM), associata alla fresatura dell’apice dell’apofisi mastoidea fino al muscolo digastrico (notare che non vi è alcun rischio per il nervo faciale, in quanto esso è sempre mediale rispetto alla fascia della parte superiore del muscolo), libera l’apice della mastoide che può essere rimosso con la pinza ossivora o la fresa, gesto fondamentale per esporre la giunzione craniocervicale dove si trova il tumore. Il tempo successivo consiste nell’individuare la porzione mastoidea del nervo faciale con la fresa tagliente multipan di grosso diametro (4-5 mm), seguendo la sua direzione e partendo dalla fossa incudis, quindi nello scheletrizzarla con la fresa diamantata. A questo stadio, si presta EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

Tempo venoso e resezione tumorale Fin da questo stadio, è logico interrompere la circolazione residua nel seno sigmoideo. Sono possibili quattro tecniche, la prima delle quali appare la meno invasiva. • La realizzazione di un packing extraluminale del seno stipando del Surgicel® e/o della cera di Horsley tra la parete venosa del seno e l’osso che lo ricopre ancora (Fig. 8). Per Jackler, questa occlusione precoce della porzione prossimale del seno è preferibile, in quanto permette di ridurre il sanguinamento proveniente dal tumore. • Una legatura del seno: essa richiede di introdurre un passafili da una parte e dall’altra del seno, attraverso un’incisione puntiforme realizzata nella dura madre della fossa posteriore, da una parte e dall’altra del seno. Questa manovra cieca deve essere particolarmente prudente, in quanto rischia di provocare dei sanguinamenti incontrollati sulla superficie del cervelletto. Noi non raccomandiamo questa tecnica. Per Jackler, la legatura del seno può essere realizzata dopo l’apertura della dura madre. Essa è utilizzata soprattutto in caso di via transgiugulare, che associa una transezione del seno e della dura madre della fossa posteriore. • Le è spesso preferita l’occlusione intraluminale con Surgicel® . Essa richiede di incidere la parete venosa comprimendo al tempo stesso il suo lume a monte con un divaricatore autostatico per evitare un sanguinamento importante, poi, con un gesto rapido, di stipare nel lume venoso un pezzo compatto di Surgicel® in grado di occludere il lume a monte del vaso (Fig. 9). Questa obliterazione luminale deve essere realizzata a metà altezza tra l’angolo di Citelli e il bulbo, per non compromettere il drenaggio venoso vicariante attraverso il seno petroso

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Figura 8. Il blocco di Surgicel® stipato sotto la squama dopo lo scollamento della parete venosa comprime in sede extradurale la circolazione nel seno sigmoideo.

Figura 9. Il Surgicel® è impattato nel lume a monte del seno sigmoideo dopo l’incisione trasversale, evitando di bloccare lo sbocco del seno petroso superiore.

superiore. Essa presuppone che l’embolo tumorale sia resecato dalla zona di obliterazione, quando esso risale in alto nel tragitto venoso. La sua efficacia è verificata liberando progressivamente la pressione del divaricatore. Il lume a valle è più o meno produttivo in funzione dell’importanza dell’embolo venoso che può risalire molto in alto a monte. • La transezione del seno sigmoideo è propria degli accessi combinati che permettono di accedere ampiamente all’angolo pontocerebellare per praticarvi l’exeresi in un tempo delle lesioni sviluppate «a clessidra». È ciò che avviene nella variante descritta da Mazzoni e Sanna, definita «via petro-occipitale

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Figura 10. Via trans-sigmoidea di Sanna. L’esposizione della dura madre pre- e retrosigmoidea dietro al canale facciale (1) permette di realizzare un’ampia incisione orizzontale incrociando e dividendo il seno sigmoideo (2) dopo legatura della vena giugulare (4) e blocco extraluminale a monte. Due lembi meningei possono essere identificati e divaricati per offrire un ampio accesso all’angolo pontocerebellare. 3. Arteria carotide interna.

Figura 11.

Dissecazione di un embolo venoso.

trans-sigmoidea», dedicata maggiormente al trattamento degli schwannomi o dei meningiomi del forame giugulare (Fig. 10) [13] . Essa comporta un accesso retrolabirintico allargato alla squama occipitale nella regione retrosigmoidea, un controllo della regione cervicale alta in continuità e una transezione del seno sigmoideo. Viceversa, non è auspicabile legare la VGI nel collo prima di asportare il tumore dal suo lume, per evitare di creare una pressione di reflusso. La parete venosa del seno sigmoideo è, quindi, aperta lungo il suo asse, respingendo il tumore intraluminale verso il basso fino al BG (Fig. 11). EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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Figura 12. Legatura della vena giugulare interna nel collo e ascensione del moncone venoso che contiene la porzione distale dell’embolo tumorale. 1. Nervo faciale; 2. nervo glossofaringeo; 3. nervo vago; 4. nervo ipoglosso; 5. vena giugulare interna; 6. nervo accessorio.

La dissecazione del tumore obbliga spesso a una resezione della parete venosa del BG che è infiltrata. È uno dei punti sensibili dell’intervento. È preferibile preservare la parete mediale del BG ogni volta che sia possibile per evitare di ledere i nervi misti nella pars nervosa sottostante. Analogamente, si evita di realizzare a questo livello una coagulazione non giustificata da un sanguinamento focale importante, utilizzando una compressione dolce con delle garze emostatiche. L’exeresi dell’embolo tumorale che occupa il BG provoca un sanguinamento venoso profuso proveniente dallo sbocco del seno petroso inferiore e delle vene vertebrali. Questo sanguinamento è facilmente controllato con un packing di Surgicel® spinto nell’orifizio. Ci si porta, infine, nella regione cervicale per resecare l’estensione cervicale della lesione che si limita, di solito, a un embolo venoso. La VGI può essere, allora, legata e sezionata (Fig. 12). Essa è condotta dal basso in alto con l’embolo che la occupa fino al limite della mastoide e, quindi, è resecata, grazie alla sezione delle inserzioni del muscolo digastrico e alla fresatura della squama occipitale, che permettono l’esposizione della parte posteriore del forame giugulare. Chiusura La chiusura di questo accesso combinato richiede un drenaggio per sifonaggio; il drenaggio declive, situato a 10 cm dalla posizione dell’orecchio, permette di evitare gli ematomi cervicali senza aspirare l’aria dell’orecchio medio. È, quindi, necessario ricostruire bene i piani muscolari per evitare le comunicazioni tra il collo e la cavità mastoidea. Varianti Quando esiste un’estensione limitata nella VGI, la dissecazione cervicale dei grossi vasi non è necessaria, il che evita di porre in comunicazione la mastoide e il collo. L’accesso alla regione è realizzato per spostamento dei muscoli digastrici e stiloioidei, incidendo il periostio alla base del cranio. Vantaggi e svantaggi Questa tecnica, molto elegante e poco aggressiva, risparmia il nervo faciale. Tuttavia, essa si concepisce solo se il tumore invade l’ipotimpano e il BG senza aderire all’ACI. È, quindi, unicamente il caso dei tumori tipo B e C1 di Fisch. Si è, dunque, molto riservati di fronte a: • un’ampia invasione intraluminale; • un’estensione alla parete anteriore e mediale della carotide interna; • un’estensione laterale del tumore molto vicino o, anche, aderente al nervo faciale. Questi limiti si applicano anche per un secondo tipo di tecnica conservativa, la via retrofacciale e transgiugulare. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

Figura 13. L’incisione a Y può essere utilizzata solo se si rispettano il meato uditivo esterno e la sua vascolarizzazione, che perfonde il padiglione dell’orecchio.

Via retrofacciale e transgiugulare di Glasscock e Jackson Questa tecnica chirurgica è basata sui lavori di Glasscock, che descrisse, nel 1974, una serie di tecniche chirurgiche conservative per l’exeresi dei paragangliomi timpanogiugulari (basic infratemporal approach di Jackson) [10] . Essa è indicata per i tumori di dimensioni medie limitati al forame giugulare e alla regione infralabirintica con estensione all’ACI limitata al suo segmento timpanico. Incisione L’incisione classica è a Y, aggirando il padiglione dell’orecchio (Fig. 13). Essa permette un controllo contemporaneo dell’osso temporale, della doccia vascolare e della regione parotidea. È utile per questa via, quando si cerca di conservare le strutture dell’orecchio medio con il condotto osseo in sede. Il ramo anteriore dell’incisione è quello di una parotidectomia, girando intorno al trago e passando davanti e, poi, inferiormente al lobulo, per incurvarsi in avanti nelle pieghe del collo. Il ramo posteriore dell’incisione passa indietro, lungo il bordo posteriore della mastoide, per terminare superiormente e dietro al padiglione. Noi preferiamo un’incisione che assume la forma di una C allungata retrouricolare (Fig. 14). Essa permette una migliore conservazione della vascolarizzazione del lembo cutaneo, senza problemi di esposizione, e permette anche di combinare un accesso più facile al meato uditivo esterno o, anche, una transezione del meato, se necessario, per esporre meglio l’ipotimpano e l’osso timpanico. Dissecazione cervicale L’esposizione cervicale associa un’apertura della doccia vascolare, che permette di individuare e isolare i grossi vasi e i nervi misti, e una dissecazione parotidea, che reperisce il nervo faciale dal forame stilomastoideo fino alla sua biforcazione intraghiandolare. Tempo osseo Si realizza un’ampia mastoidectomia completata da una timpanotomia posteriore estesa che prende come guida il nervo faciale nella totalità della sua porzione mastoidea. La timpanotomia è proseguita in basso e in avanti nel timpanico, aggirando il più lontano possibile la faccia inferiore del meato uditivo esterno, che è conservato per aprire la parete esterna dell’ipotimpano. Questa timpanotomia allargata al timpanico è, per la sua importanza, la caratteristica peculiare dell’intervento. Il muscolo digastrico è sezionato e spostato in avanti. Con la fresa diamantata, si elimina l’osso della faccia inferoesterna della rocca, compreso tra l’apofisi stiloide e la VGI, fino al BG posteriormente e all’ACI

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aggressiva. Questa tecnica elegante si può concepire solo per i tumori che invadono l’ipotimpano e il BG, senza aderire alla carotide interna, cioè i tumori tipo C1 di Fisch. Ancora, occorre che lo spazio situato tra il forame stilomastoideo e il tubercolo laterale dell’atlante sia sufficiente perché questa via d’accesso non sia, alla fine, più pericolosa per il nervo faciale rispetto alla deviazione anteriore programmata della via infratemporale.

Via infratemporale di Farrior Essa è molto vicina alla precedente, in quanto è incentrata su una deviazione parziale della terza porzione intrapetrosa del nervo faciale che è, secondo Farrior, sufficiente per ottenere una buona esposizione. Farrior centra questa via d’accesso sul rispetto dell’udito. Essa può essere utilizzata per paragangliomi tipo C1 di Fisch, che invadono assai poco la cassa del timpano e che lasciano intatto l’udito. Farrior propone di limitare l’accesso esterno per rispettare la catena degli ossicini per conservare un udito di migliore qualità.

Figura 14. L’incisione arciforme permette allo stesso tempo il controllo della rocca e del collo. Essa può essere associata a una transezione del meato uditivo esterno.

anteriormente. La continuità dell’asse venoso è, così, totalmente esposta. È fondamentale abbassare la squama occipitale mediante fresatura fino al piano del tubercolo laterale di C1 per esporre bene il forame giugulare. Tempo venoso e mobilizzazione del nervo faciale Il tubercolo laterale di C1 è reperito e la VGI è sezionata dopo una doppia legatura al di sotto del nervo accessorio. Il seno sigmoideo può essere occluso (cfr. supra). A questo stadio, il nervo faciale mastoideo è scheletrizzato e lasciato in un sottile tubo osseo. In alcuni casi, la dissecazione prosegue tra il corpo dell’atlante e il nervo faciale lasciato in sede. Tuttavia, nella maggioranza delle situazioni, il nervo faciale deve essere mobilizzato in avanti dopo fresatura con la fresa diamantata dal canale estendendosi fino al gomito. Questa deviazione a minima permette un’esposizione ideale della regione del BG. Il reperimento cervicale degli assi carotidei ha già permesso una legatura dell’arteria faringea ascendente. Dei lacci sono posti sotto i vasi. Esposizione dell’arteria carotide interna Una volta spinto in avanti e in alto il nervo faciale contro la parete inferiore del meato, la fresatura dell’osso timpanico prosegue in basso e in avanti per aggirare verso il basso e l’avanti il meato uditivo esterno ed esporre la tuba uditiva e l’ACI all’inizio della sua porzione orizzontale. Se esiste un’invasione moderata di quest’ultima, il tumore è dissecato nel piano sottoavventiziale. Una volta liberata l’arteria, il tumore è rimosso dalla regione infralabirintica. Usando il moncone della VGI come trattore, il tumore è, infine, resecato nella sua totalità, asportando il seno sigmoideo e il BG. Terminata l’exeresi, il nervo faciale è ricollocato nella sua posizione iniziale. Vantaggi e svantaggi Malgrado l’invasione abituale della cassa del timpano da parte dei paragangliomi giugulari, il meato uditivo esterno può, così, spesso, essere conservato, poiché l’exeresi del tumore nell’orecchio medio risponde alle tecniche di timpanoplastica con conservazione o ricostruzione della membrana timpanica e della catena ossiculare. La parete inferiore del meato e l’ipotimpano sono ricostruiti con della cartilagine. Tuttavia, in caso di invasione intracranica, la conservazione della catena, dell’orecchio medio e della tuba diviene impossibile, e l’orecchio medio deve essere escluso e la tuba uditiva otturata per prevenire un’otoliquorrea. Le indicazioni di questa tecnica non sono semplici da stabilire nel preoperatorio. Il numero di casi dove questo atteggiamento conservativo è possibile diminuisce, ovviamente, con la dimensione dei tumori, a vantaggio di una via infratemporale più

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Incisioni L’incisione è esclusivamente retroauricolare, seguendo la radice dei capelli, e si prolunga sulla parte superiore del bordo anteriore dello SCM. Il lembo cutaneo è, quindi, ribaltato in avanti dopo l’incisione del meato uditivo esterno alla giunzione osteocartilaginea. I due terzi della cute meatale sono rimossi con l’obiettivo di essere riposizionati al termine dell’intervento. Le incisioni nel condotto sono realizzate a ore 2 e a ore 10 dalla membrana timpanica verso l’orifizio esterno, e queste due incisioni sono riunite da un’incisione circoscritta nella membrana timpanica intorno alla circonferenza anteriore. La membrana timpanica così liberata sui due terzi inferiori della sua circonferenza è, allora, lentamente ripiegata verso l’alto sul manico del martello. Tempi ossei La mastoidectomia allargata espone la porzione mastoidea del nervo faciale. I due terzi anteriori del timpanico e l’apice dell’apofisi mastoidea sono fresati. Lo SCM è ripiegato verso il basso e il muscolo digastrico è sezionato a livello del suo tendine intermedio, poi l’apofisi stiloide è sezionata, esponendo, così, la regione infratemporale. L’ipotimpano è liberato. Il tumore presente nella cassa è lentamente resecato rispettando la catena ossiculare. La fresatura delle cellule infralabirintiche permette di esporre il BG e il canale carotideo. Il seno sigmoideo è occluso come precedentemente descritto e la VGI è legata e sezionata. Il tumore è rimosso in massa con l’asse venoso. Il ventre posteriore del digastrico è basculato nella cute del condotto e riposizionato e calibrato con uno zaffaggio. In ogni momento, se il volume tumorale supera le previsioni, la via può essere allargata e trasformata in una vera e propria via infratemporale tipo A.

Via infratemporale tipo A La via infratemporale di Fisch permette di controllare le lesioni sviluppate intorno agli assi carotidei e giugulari nella loro porzione intrapetrosa e infratemporale. Essa permette un accesso laterale alla base del cranio, dal polo posteriore dell’orbita fino alla fossa cerebrale posteriore. Essa è stata ideata inizialmente per delle lesioni che interessano l’orecchio medio e l’orecchio interno. Questa tecnica unisce due nozioni preesistenti, che sono l’esclusione dell’orecchio medio descritta da Rambo nel 1958 [14] e la deviazione della seconda e della terza porzione del nervo faciale. Fisch propone una sottoclassificazione della via infratemporale in tipi A, B e C, in funzione del grado di dissecazione dell’ACI: • il tipo A offre un accesso infralabirintico al forame giugulare, alla fossa mandibolare e alla parte posteriore della fossa infratemporale; • il tipo B estende la dissecazione al clivus e offre il controllo della porzione orizzontale intrapetrosa dell’ACI. Utilizzata isolatamente, questa via non richiede la deviazione del nervo faciale; • il tipo C prosegue in avanti la dissecazione lungo l’ACI e permette un’esposizione della fossa infratemporale e pterigopalatina e della regione parasellare e del rinofaringe. Fra questi tre accessi, il tipo A è il più frequentemente utilizzato nella chirurgia dei paragangliomi giugulari, cioè, soprattutto, le classi C e D. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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Figura 15. Via di Fisch destra. Foto operatoria. 1. Meato uditivo esterno sezionato; 2. nervo faciale prima della sua biforcazione parotidea; 3. muscolo digastrico; 4. lacci posti sui grossi vasi.

Figura 17. Via di Fisch tipo A, tempo osseo. Svuotamento petromastoideo allargato. 1. Orecchio medio; 2. canale semicircolare laterale e posteriore; 3. canale semicircolare; 4. nervo faciale mastoideo e parotideo; 5. seno sigmoideo scheletrizzato.

Dissecazione cervicale Essa è identica a quella descritta (cfr. supra) ed è mirata da una parte sul nervo faciale intraparotideo che è isolato per permettere la sua mobilizzazione e, dall’altra, sui grossi vasi e sui nervi misti. Tempo osseo Si tratta di una petrectomia parziale. Il ventre posteriore del muscolo digastrico è sezionato. Lo SCM è distaccato dall’apice della mastoide dopo incisione e scollamento delle sue inserzioni. Il muscolo temporale è scollato e retratto. È, quindi, realizzata un’antro-attico-mastoidectomia allargata, abbassando il muro del faciale, come in una tecnica aperta per un colesteatoma. Prima di arrivare nell’epitimpano, la cassa è aperta in alto e indietro. L’articolazione incudostapedia è disgiunta, l’incudine rimossa e il collo del martello è sezionato. Il timpano può essere asportato disinserendo l’annulus accompagnato dal residuo attinente della cute del meato. La porzione anteriore e inferiore del condotto osseo è alesata concentricamente. La seconda e la terza porzione del nervo faciale sono reperite, quindi scheletrizzate dal ganglio genicolato fino al forame stilomastoideo. L’apice della mastoide è, allora, resecato con la fresa diamantata, poi con la pinza ossivora (Figg. 17, 18). Figura 16.

Chiusura a «borsa» del meato uditivo esterno.

Incisione e chiusura del meato uditivo esterno L’incisione è sopra- e retroauricolare, 3 cm circa superiormente e posteriormente al solco retroauricolare. Essa scende nel collo per raggiungere il bordo anteriore dello SCM o, anche, il grande corno dell’osso ioide 6 cm al di sotto dell’apice della mastoide. Questa ampia incisione a concavità anteriore può essere continuata in alto con un’incisione più breve a concavità posteriore, formando, così, una S invertita e allungata e servendo alla mobilizzazione del muscolo temporale al momento della chiusura. La chiusura del meato uditivo esterno è preceduta, per alcuni, dalla realizzazione di un lembo muscoloperiosteo mastoideo, seguita dalla sezione del meato uditivo esterno a livello della giunzione osteocartilaginea (Fig. 15). La cute del condotto è, quindi, scollata dopo l’infiltrazione del suo supporto cartilagineo. La chiusura del meato uditivo esterno è realizzata in un piano con punti evertenti riassorbibili o meno (Fig. 16). Un lembo connettivo sottocutaneo peduncolato sul meato suturato permette, per alcuni, di perfezionare la chiusura. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

Deviazione anteriore del nervo faciale Si realizza una doccia ossea mediante fresatura lungo l’epitimpano anteriore, dal ganglio genicolato fino alla parotide. L’osso timpanico è sacrificato con la turbina. Il canale di Falloppio è affinato su più di metà della sua circonferenza a livello della sua porzione mastoidea. La porzione timpanica è, dal canto suo, denudata, in quanto la sua corticale è molto sottile. A livello del gomito, è opportuno evitare di fresare il canale semicircolare laterale sovrastante. La pellicola ossea che ricopre il nervo è rimossa con un microuncino e, quindi, con un microscollaperiostio. Con il microscollaperiostio, lavorando a contatto con il piano osseo, la porzione mastoidea del nervo faciale è progressivamente dislocata dal suo canale osseo dopo aver sezionato con microforbici i filamenti nervosi e vascolari che uniscono la guaina all’acquedotto (Fig. 19). Il tessuto fibroso del forame stilomastoideo è scollato in blocco, con il nervo, e separato con scalpello retto e inciso, fino al piano adiposo sottostante. Questo tessuto fibroso può essere afferrato con una pinza molto sottile per mobilizzare il nervo faciale e, quindi, sollevarlo. Il nervo destinato al ventre posteriore del digastrico è sezionato, poi l’arteria stilomastoidea è microcoagulata con pinza bipolare e, quindi, sezionata. Il nervo è

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Figura 18. Deviazione anteriore del nervo faciale. 1. Seno sigmoideo legato; 2. nervo glossofaringeo; 3. nervo ipoglosso; 4. carotide interna; 5. nervo vago; 6. tumore.

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Figura 19. Via di Fisch. Vista operatoria destra. La petrectomia laterale è stata completata e il nervo faciale è lasciato a ponte. Il tumore è stato resecato. 1. Nervo faciale mastoideo e parotideo; 2. Surgicel® nella regione che era occupata dal tumore; 3. seno sigmoideo.

spostato con microcompresse spinte con l’aspiratore. Il suo scollamento richiede la sezione di diversi vasi a livello del gomito e del nervo del muscolo della staffa, poi diviene più facile anteriormente. È necessario individuare la cresta ossea situata tra la prima e la seconda porzione del nervo faciale nell’angolo rientrante formato dal ganglio genicolato, per essere sicuri di aver liberato la totalità della seconda porzione. All’altra estremità, a livello della ghiandola parotide, è confezionata preventivamente una nicchia dal ramo superiore del nervo faciale fino alla doccia ossea epitimpanica anteriore, per permettere di alloggiare il nervo faciale trasposto in avanti. Questa nicchia parotidea è richiusa con alcuni fili riassorbibili o con della colla biologica. La porzione timpanica deve essere lasciata morbida, in quanto essa sarà leggermente tesa sotto l’effetto di un divaricatore che prenderà appoggio in avanti sulla parotide. Questa tensione deve essere controllata molto accuratamente per evitare di ledere il nervo faciale. Tempo venoso e carotideo L’accesso e l’obliterazione del seno sigmoideo non sono differenti da quelli delle tecniche precedenti. La tuba uditiva è seguita dal protimpano fino all’istmo che è ampiamente aperto. La sua

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parete interna è affinata con la fresa diamantata per identificare il canale carotideo in profondità. Questa parete ossea può, allora, essere spontaneamente deiscente e la carotide ricoperta unicamente da della mucosa. Dopo aver reperito l’arteria, le cellule situate davanti ad essa sono rimosse con la grande fresa diamantata. La ghiandola parotide è separata dall’osso timpanico, scoprendo l’apofisi stiloide, che è sezionata. Questi due gesti permettono di spostare la mandibola in avanti per offrire accesso alla porzione posteriore della fossa infratemporale. Questa manovra è aiutata dall’utilizzo di un divaricatore di via infratemporale di Fisch. L’esposizione di tutto il segmento verticale dell’ACI è realizzata proseguendo la fresatura in avanti. Essa permette di evidenziare e liberare il polo anteriore del tumore. Quando il tumore presenta un’estensione molto anteriore, può essere utile resecare il condilo mandibolare e fresare la cavità glenoidea del temporale. Il periostio del canale carotideo è, allora, individuato a livello del muro interno della tuba uditiva. Il canale carotideo è, quindi, esposto per intero fino al forame carotideo con una fresa diamantata sotto irrigazione, con un accesso che diviene tangenziale in avanti, medialmente all’articolazione temporomandibolare, all’arteria meningea media e al nervo mandibolare, e una visualizzazione mediocre dell’apice petroso. In caso di infiltrazione tumorale pericarotidea molto anteriore, è preferibile la trasformazione in via tipo B. Se l’arteria carotideotimpanica è reperita, essa è coagulata alla sua uscita dal canale carotideo. Essa è lasciata in sede se è presa nel tumore. Una piccola clamp curva e smussa è introdotta dal basso in alto nell’anello fibroperiosteo del forame carotideo tra il periostio e la parete vascolare carotidea. Il periostio è, allora, inciso sulla clamp, permettendo di liberare l’arteria la cui avventizia solo raramente è invasa nei paragangliomi timpanogiugulari, a differenza del periostio del canale carotideo, che è rimosso in blocco con il tumore. Exeresi del tumore Con l’ausilio della grande fresa diamantata, il BG è denudato e la VGI è legata nel collo tra due legature sotto il XI. Essa è respinta verso l’alto mentre si reperisce dal basso in alto la parte alta dei nervi misti IX, X e XI. La parte bassa del seno sigmoideo può, allora, essere aperta, quindi è aperto il BG posteriormente e lateralmente. La parete interna del seno sigmoideo e del BG, in genere sana, è lasciata in sede. Ciò è assolutamente essenziale per proteggere, quando è possibile, i nervi misti sottostanti. Il clivaggio del tumore all’interno del bulbo scopre i vari orifizi delle vene condiliche, poi del seno petroso inferiore, orifizi che sono otturati con Surgicel® , dopo aver verificato l’assenza di propagazione tumorale. La dissecazione termina a livello della pars nervosa del forame giugulare. È spesso necessario sezionare il IX infiltrato dal tumore fin dallo stadio C1. Analogamente, per i tumori più voluminosi, è opportuno cercare di conservare il nervo vago. Con la grande fresa diamantata, il tumore è seguito sotto la capsula labirintica. Se il labirinto è invaso, deve essere fresato badando a non aprire il meato uditivo interno. Se il tumore raggiunge la metà anteriore della porzione orizzontale dell’ACI, occorre completare l’accesso in via infratemporale tipo B. Il nervo faciale è ricollocato indietro e il muscolo temporale è spostato in avanti. La parte posteriore dell’arcata zigomatica e del pavimento della fossa temporale è fresata. I tessuti molli dell’articolazione temporomandibolare sono soppressi e il divaricatore infratemporale è situato verticalmente per abbassare il condilo. Tutta la difficoltà di questo approccio è legata all’aderenza del tumore all’ACI orizzontale, il che espone a un rischio importante di rottura vascolare. Ogni dissecazione della carotide intrapetrosa deve, d’altra parte, essere coperta con un accesso cervicale e il posizionamento di un laccio non traumatico sulla porzione verticale alta di questa arteria. Se è presente un’ampia lacerazione sull’ACI, la sola soluzione è, allora, di serrare il laccio e osservare il reflusso arterioso proveniente dall’estremità distale. Se questo è abbondante, indicando un buon poligono di Willis, è sufficiente realizzare una legatura dell’ACI da una parte e dall’altra della lacerazione. Se il reflusso è poco abbondante e nullo, occorre eseguire delle compressioni intermittenti con microtamponi montati e chiusi con un Surgicel® . In caso di lacerazione molto grande, un bypass con vena safena rappresenta la sola soluzione di salvataggio. Nel caso in cui la riparazione sia impossibile, con una lacerazione troppo distale vicina al forame EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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1 2 3 4 Figura 20. Via intradurale combinata. L’apertura della meninge della fossa posteriore offre accesso alla fossa posteriore e alla cisterna bulbocerebellare e all’emergenza dei nervi misti. 1. Nervo glossofaringeo; 2. nervo vago; 3. nervo accessorio; 4. nervo ipoglosso.

lacero, e se non è stata realizzata un’occlusione arteriosa con palloncino nel preoperatorio, occorre legare l’ACI nel collo, pungerla a livello del suo gomito e introdurre un catetere a palloncino che non è impegnato a più di 3 cm, per non raggiungere la nascita dell’arteria oftalmica. La lacerazione è suturata, se è possibile; in caso contrario, il palloncino è abbandonato in sede. L’angiografia preoperatoria avrà, ovviamente, mostrato precedentemente una buona pervietà del poligono di Willis, da cui l’importanza fondamentale di questo esame nel bilancio preoperatorio. Se il tumore si impegna nell’angolo pontocerebellare, può essere rimosso nello stesso tempo operatorio dopo l’incisione della dura madre davanti al seno sigmoideo (Fig. 20). Tuttavia, per Fisch, non occorre cercare di estirpare questo prolungamento, se esso è inferiore ai 2 cm. In caso contrario, è consigliato un secondo tempo neurochirurgico. Chiusura La tuba uditiva è obliterata con della cera e dell’aponeurosi. Un largo patch muscoloaponeurotico è posto al di sopra del condilo mandibolare e fissato con Vicryl® 4/0, e la colla biologica è utilizzata in caso di perdita di LCS. La cavità operatoria è riempita di grasso addominale. Alcuni propongono di confezionare un piano muscolare riunendo il muscolo temporale e lo SCM per mantenere il grasso in sede. La chiusura in tre piani è realizzata senza drenaggio o con un drenaggio cervicale in sifonaggio situato 10 cm al di sotto del piano auricolare. Vantaggi e svantaggi Questo approccio a geometria variabile è molto prezioso (la deviazione del nervo faciale può essere più o meno completa) e, a giusto titolo, molto utilizzato, in quanto permette di gestire la maggior parte dei paragangliomi giugulari. Esso apre una luce preziosa e ampia che offre una grande sicurezza nei confronti dei grossi vasi e, particolarmente, dell’ACI. Tuttavia, questa qualità di esposizione avviene a spese delle strutture dell’orecchio medio che sono spesso rispettate dal tumore o che ne sono separabili. La chiusura del meato acustico esterno a sacco deve essere accurata, in quanto espone alla comparsa di colesteatomi secondari in caso di chiusura di tessuto cutaneo nella cavità.

Accessi neurochirurgici al forame giugulare Il principio generale degli approcci neurochirurgici al forame giugulare è di arrivarci senza deviazione del nervo faciale, al prezzo di una dissecazione cervicale profonda transcondilica e transtubercolare, mirata sull’arteria vertebrale. L’asse di lavoro è, quindi, più sagittale. La via detta «estrema laterale transcondilica» è l’esempio tipo di questi episodi mirati sulla cerniera cervicocefalica, in grado, inoltre, di esporre il forame giugulare e il suo ambiente nervoso e venoso. Essa è alla base degli accessi descritti successivamente, più specifici dei tumori del forame giugulare. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

Figura 21.

Via estrema laterale. Incisione a U invertita.

Via estrema laterale transcondilica Questa via d’accesso neurochirurgica è stata descritta da Sen e Sekhar nel 1990 [15] per fornire accesso ai tumori intradurali extramidollari situati a livello del basso clivus, del forame magno e delle prime vertebre cervicali. Si deve comprendere che, per la loro posizione, il BG, i condili occipitali e l’arteria vertebrale sono degli elementi che bloccano la strada al forame magno e alla giunzione craniocervicale. Lo svantaggio principale di questo accesso è di obbligare ad almeno controllare e isolare l’arteria vertebrale di C2 alla sua penetrazione intradurale, il che costringe a un sacrificio del processo trasverso di C1. La sua mobilizzazione mediale permette di esporre, se necessario, le articolazioni occipite-C1 e C1-C2 e visualizza il tubercolo giugulare. Una resezione parziale o completa del condilo occipitale si rivela anch’essa spesso necessaria, esponendo il nervo ipoglosso nel suo canale. L’interesse per noi ORL è che essa offre accesso alla continuità venosa tra seno sigmoideo, BG e VGI e, quindi, ai tumori che si sviluppano nel forame giugulare. Essa sembra indicata quando il tumore invade il lume venoso. Questo accesso, più posteriore e meno laterale che nelle vie transpetrose, permette, inoltre, di affrancarsi da una dissecazione più vicina al nervo faciale intrapetroso. Sono state descritte delle varianti, che permettono di evitare una resezione del condilo occipitale e una dissecazione dell’arteria vertebrale. Posizione operatoria Secondo la descrizione principale, il paziente è posto in decubito laterale, con la testa fissata in un quadro neurochirurgico. Quando l’obiettivo è il forame giugulare, appare, in realtà, che possa essere scelta una posizione in decubito dorsale, se la rotazione cefalica è possibile, e alleviata, secondo noi, dal sollevamento della spalla omolaterale. Questa posizione, meno traumatica, è scelta da numerosi autori che utilizzano una variante di questo accesso [16] . Incisione L’incisione è realizzata 1 cm posteriormente al processo mastoideo. Essa decorre verso il basso verticalmente nel collo; verso l’alto, è estesa fino alla linea temporalis e ridiscende a U invertita nella regione occipitale (Fig. 21). Dissecazione muscolare e reperimento dell’arteria vertebrale Dopo la dissecazione del lembo cutaneo, si espongono i muscoli cervicocefalici, che sono in diversi strati. Il primo strato è rappresentato dallo SCM e dal muscolo splenio del capo, che devono essere disinseriti dalla loro inserzione cranica. Nello strato più profondo, il muscolo splenio del collo e le fibre più superiori dell’elevatore della scapola sono distaccati dalle loro inserzioni anteriori (Fig. 22).

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metà del condilo. Si utilizza, allora, un’osteosintesi con placca in titanio interposta tra la base del cranio e la parte posteriore di C1 e C2. Le cure postoperatorie sono completamente dipendenti, come negli altri accessi, dalla funzione degli ultimi nervi cranici, dal X al XII. 1

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Figura 22. Muscoli da disinserire nella via estrema laterale. Nel riquadro, posizione operatoria. Le rotazioni cervicale e cefalica sono alleviate dal posizionamento di un cuscino sotto la spalla omolaterale. 1. Processo trasverso di C1; 2. splenio del capo; 3. sterno-cleido-mastoideo; 4. grande retto; 5. obliquo inferiore; 6. obliquo superiore.

È opportuno, in seguito, reperire l’arteria vertebrale tra C1 e C2, seguendo il bordo caudale del muscolo obliquo inferiore del collo e il ramo ventrale della radice cervicale di C2. Si può anche utilizzare come repere la massa laterale di C1. L’arteria è facilmente palpata con il dito, dopo che lo SCM è stato distaccato dell’apofisi mastoidea. Per isolarla a livello del forame trasverso di C1, è necessario distaccare i muscoli obliqui inferiore e superiore dal processo trasverso di C1. L’arteria è, così, dissecata fino alla sua penetrazione attraverso la dura madre tra C1 e il condilo occipitale verso il forame magno. Essa segue un canale durale comune con il primo nervo cervicale e l’arteria spinale posteriore, che è imperativo rispettare, e, a volte, l’origine extradurale dell’arteria cerebellare posteroinferiore. Fresatura mastoidea, quindi occipitale La fresatura della rocca è limitata in avanti dal meato uditivo esterno. La mastoidectomia è realizzata fino a percepire la porzione mastoidea del nervo faciale. L’orecchio medio è rispettato. Il seno sigmoideo e il BG sono reperiti, completamente scheletrizzati e, quindi, separati da ogni copertura ossea. Acquisiti questi reperi venosi e nervosi, è facile resecare l’osso petroso e occipitale situato posteriormente fino all’apertura del forame magno. La metà posteriore del condilo occipitale è resecata con la fresa, il che permette di individuare la VGI che è immediatamente anteriore al condilo e al nervo faciale, esso stesso visualizzato alla sua uscita dal forame stilomastoideo. In funzione delle esigenze, la fresatura può proseguire medialmente al nervo faciale per esporre l’ACI nella sua porzione cervicale, poi nella sua porzione petrosa. L’esposizione è, quindi, completata e si ha, quindi, sotto gli occhi il tumore che accompagna l’asse venoso e invade il suo lume. Resezione tumorale La resezione è condotta secondo le stesse regole che nelle vie transpetrose. Questo accesso può restare strettamente extradurale, come avviene di solito nel caso di tumore del forame giugulare, oppure essere intradurale, se necessario, per seguire il tumore nell’angolo pontocerebellare, lungo gli ultimi nervi cranici. Si pone, a volte, la questione della stabilità cervicocefalica, particolarmente quando il condilo occipitale è completamente resecato. Si può stimare che essa sia compromessa se è sacrificata più della

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Vantaggi e svantaggi Il vantaggio di questo accesso è di affrancarsi da una fresatura massiva dell’orecchio, che può portare a un sacrificio funzionale importante. L’accesso è, infatti, molto più laterale e caudale che nelle vie rigorosamente transpetrose. Il limite anteriore del sacrificio osseo è, infatti, la porzione mastoidea del nervo faciale. Esso è particolarmente utile nei tumori a estensione cervicale, infiltranti la base del cranio verso l’occipite (lesione del XII nel canale ipoglosso), ma senza invasione dell’orecchio medio né dell’apice petroso. Obbliga, tuttavia, a una dissecazione cervicale importante, che può essere fonte di dolori da postumi. Analogamente, la dissecazione dell’arteria vertebrale è delicata e non è priva di rischi. Infine, questa via non permette di controllare le estensioni pericarotidee intrapetrose dei paragangliomi.

Via iuxtacondilica Alcuni autori hanno contribuito a modificare questo accesso neurochirurgico per adattarlo alle esigenze del trattamento dei tumori del forame giugulare. George et al. hanno descritto, nel 1995, un accesso detto «iuxtacondilico» dedicato al forame giugulare, limitando la fresatura mastoidea alla regione retrosigmoidea, senza accesso al nervo faciale intrapetroso [16] . Il paziente è in decubito dorsale. L’incisione inizia 6 cm al di sotto dell’apice del processo mastoideo, prosegue risalendo lo SCM e, poi, piega verso l’indietro, seguendo la cresta occipitale. Si ritrovano i quattro tempi principali della via d’accesso: • controllo dell’arteria vertebrale (e, a volte, deviazione posteriore, se necessario) nel suo terzo segmento, dopo il sacrificio del processo trasverso di C1; • controllo della VGI e dei nervi misti (IX, X e XI), dopo il sacrificio del muscolo digastrico e dell’arteria occipitale. Questo tempo può essere associato, se necessario, a un reperimento dell’ACI cervicale, se il tumore prosegue nel collo; • fresatura posteriore della mastoide limitata al reperimento del seno sigmoideo, senza andare al di là del suo bordo anteriore; • scoperta progressiva con la fresa del BG e del tumore a partire da dalle parti craniche e cervicali dell’accesso.

Via combinata transpetrosa e transcondilica Essa associa in un tempo una via transpetrosa «otologica» e una via cervicale transcondilica «neurochirurgica». Liu et al. l’hanno descritta nel 2006; è, per questi autori, dedicata ai paragangliomi giugulari. Essi l’hanno definita «combinata retro- e infralabirintica, transgiugulare, transcondilica e cervicale alta» [17] . Essa associa, attraverso un’incisione singola retroauricolare e cervicale, un accesso allo stesso tempo transpetroso retrolabirintico con risparmio dell’orecchio medio e un accesso cervicale estremo laterale transcondilico. L’interesse fondamentale di questo accesso secondo questi autori è che esso non richiede una deviazione sistematica del nervo faciale (Fig. 23). L’accesso comporta sette fasi successive: • incisione retroauricolare a forma di C orizzontale, prolungata nella regione cervicale (testa girata e spalla sollevata); • fresatura retrolabirintica della rocca fino al nervo faciale e al BG; • dissecazione cervicale alta, che identifica la VGI, i nervi misti, il XII e l’ACI; • reperimento, scheletrizzazione e, se necessario, leggera deviazione anteriore della porzione mastoidea del nervo faciale; • craniotomia sotto-occipitale, reperimento dell’arteria vertebrale e fresatura transcondilica e transtubercolare; • sacrificio della VGI e del BG e occlusione del seno sigmoideo, asportando la parte extradurale del tumore; • esposizione intradurale in caso di prolungamento intradurale del tumore. Si tratta di una via pesante e sofisticata, di realizzazione lunga e che associa gli svantaggi delle vie transpetrose (lesione del nervo EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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• se la faccia interna dell’ACI è infiltrata o in caso di lesione della parte mediale della porzione orizzontale dell’ACI (tipo C3), diviene necessaria l’associazione con una via infratemporale tipo B, che permette spesso di rispettare la coclea. Le lesioni uditive neurosensoriali sono dovute essenzialmente alle estensioni tumorali che raggiungono la faccia inferiore del meato uditivo interno o del canale posteriore, più raramente quella della coclea. Gli autori concordano oggi nel non pianificare di principio il sacrificio dell’ACI, anche dopo una valutazione precisa del poligono di Willis, nel contesto del trattamento di un tumore benigno [1, 18] .

Tumore tipo D Figura 23. Via combinata di Liu. Combinazione di una via transpetrosa retro- e sottolabirintica e di una via transcondilica cervicale alta. Essa evita la deviazione del VII offrendo un accesso più sagittale. 1. Osso timpanico; 2. nervo faciale; 3. arteria carotide interna; 4. seno sigmoideo; 5. nervo glossofaringeo; 6. nervo vago; 7. nervo ipoglosso; 8. vena giugulare interna; 9. nervo accessorio; 10. arteria vertebrale; 11. canale ipoglosso; 12. forame giugulare.

faciale, lesione dell’orecchio interno) e delle vie transcondiliche (dolori muscolari o nevralgici cervicali, lesione dell’arteria vertebrale).

 Indicazioni chirurgiche nei paragangliomi giugulari Tumore tipo B È indispensabile un’incisione retroauricolare che apre la strada a una mastoidectomia e a una timpanotomia posteriore e inferiore. È l’importanza dell’invasione mastoidea e, soprattutto, dell’invasione del BG che decide della necessità o meno di realizzare una deviazione del nervo faciale. Nella maggior parte dei casi, è possibile lasciare in sede il nervo faciale utilizzando una via sottofacciale e infralabirintica. Questa via resta, tuttavia, limitata nelle sue possibilità di esposizione quando il tumore raggiunge la faccia posteriore della porzione verticale dell’ACI. In caso di invasione del BG, si può, comunque, consigliare la realizzazione di una via cervicale che permetta di controllare gli assi vascolari.

Tumore tipo C La lesione infralabirintica si estende, quindi, lungo l’ACI verso l’apice della rocca. Si impone un controllo cervicale dei grossi vasi e l’incisione deve essere allo stesso tempo retroauricolare e cervicale. È opportuno dire: • in caso di estensione di tipo C1, limitata al gomito dell’ACI, sono utilizzabili tre tecniche: ◦ una via senza deviazione del nervo faciale, come la via retrofacciale e infralabirintica, avendo coscienza dei suoi limiti ◦ la via retrofacciale e transgiugulare, utilizzando una deviazione e una mobilizzazione a minima della porzione mastoidea del nervo faciale. Essa può fare seguito alla prima in caso di ostacolo all’esposizione del tumore e in caso di anatomia poco favorevole ◦ la classica via infratemporale tipo A di Fisch, che permette di controllare in tutta sicurezza questi tumori tipo C1. Il suo inconveniente è, ovviamente, la lesione facciale secondaria alla deviazione e all’esclusione dell’orecchio medio, con una sordità di trasmissione da postumi; • in caso di estensione di tipo C2, la via infratemporale tipo A di Fisch è la scelta migliore, in quanto permette un controllo migliore dell’ACI; EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

I tumori classificati De (definiti per un’estensione intracranica extradurale) possono essere resecati attraverso una via infratemporale tipo A o B nello stesso tempo, poiché l’exeresi della lesione intraossea deve proseguire fino alla meninge, dal canale carotideo all’asse venoso. Un’attenzione particolare è prestata al rispetto del nervo abducente (VI) nel canale di Dorello. I tumori classificati Di (definiti per un’estensione intracranica intradurale) caratterizzati richiedono un’apertura della dura madre, associata a qualunque via transpetrosa. Una via retrosigmoidea o una via retrolabirintica permettono di controllare i tumori classificati Di1 associati a un’invasione di meno di 2 cm nell’angolo pontocerebellare. Secondo Fisch, i tumori classificati Di2 richiedono un secondo tempo neurochirurgico. Noi non riteniamo che questo sia il caso. Non è sicuro che il limite sia così preciso. Esso è soprattutto in funzione del carattere devascolarizzato o meno del tumore, ma ci è sembrato che, nella maggior parte delle situazioni, la parte intracranica del tumore fosse la più semplice da resecare, in quanto, abitualmente, la più facile da coagulare in massa, a differenza della parte del tumore situata nel massiccio petroso. La rimozione dell’inserzione durale dopo la coagulazione e l’abituale conservazione di un piano aracnoideo intorno ai peduncoli neurovascolari dell’angolo pontocerebellare ne consentono, generalmente, l’exeresi. Per Fisch, i tumori classificati Di3 sono, in genere, inestirpabili nella loro totalità. Una radioterapia, associata, eventualmente, a uno shunt ventricoloperitoneale, deve essere discussa per completare il trattamento chirurgico stesso.

 Complicanze postoperatorie Lesione degli ultimi nervi cranici È il principale problema nella gestione chirurgica dei paragangliomi giugulari. Questi tumori comprimono innanzitutto i nervi misti, prima di invaderli, il che lascia del posto, almeno all’inizio dell’evoluzione, a una conservazione funzionale al prezzo di una dissecazione delicata [1] . Lo stato neurologico postoperatorio deve, tuttavia, essere giudicato solo in funzione dello stato neurologico preoperatorio. Quando i tumori sono voluminosi, i nervi cranici IX, X, XI e, a volte, XII sono già deficitari [1] . È ciò che avviene in sette dei nove pazienti portatori di lesioni di stadio C e D nella serie di Chung et al. [19] . Lo studio di Woods et al., che riprende 126 paragangliomi giugulari e paragangliomi vagali trattati nel gruppo otologico di Jackson, è ricco di insegnamenti [20] . Il rischio di lesione dei nervi misti è importante (48% di deficit del IX, 46% del X e 36% dell’XI e del XII). Questo rischio globale merita di essere affinato in funzione dello stadio tumorale, il che è spesso difficile nella misura in cui le classificazioni differiscono secondo le casistiche, rendendo i confronti poco affidabili. Secondo questi stessi autori, la conservazione dei nervi misti è possibile in circa il 90% dei casi in caso di tumore di stadio I di Jackson (invasione del BG, dell’orecchio medio e della mastoide, che corrisponde a uno stadio A o B di Fisch). Questa conservazione è possibile solo nel 50-70% dei casi per i tumori di stadio II (invasione del meato uditivo interno, dell’ACI e/o dell’endocranio, corrispondente ai tipi C1 o D di Fisch) e solo nel 20-30% dei casi per i tumori di stadio III (invasione dell’apice petroso, tipo C2, C3 o D di Fisch). La conservazione di questi nervi è possibile molto raramente in

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caso di tumore di stadio IV (invasione del clivus e della fossa infratemporale). Tuttavia, in questa situazione, i nervi sono spesso già paretici. Questa lesione dei nervi misti può essere più o meno ben tollerata secondo l’età e il suo carattere completo o meno. La lesione associata del XII aggrava la tolleranza di questo deficit. È opportuno insistere sull’obiettivo di conservazione nervosa che deve guidare in ogni momento l’intervento chirurgico, anche se ciò può portare a lasciare un residuo lesionale a contatto con i nervi misti [1, 18] . In caso di lesione nervosa preesistente, la tolleranza funzionale del deficit è molto spesso migliore di quando la paralisi compare nel periodo postoperatorio. I disturbi della deglutizione postoperatori possono essere molto importanti e portare a posizionare una sonda di alimentazione enterale o a realizzare una gastrostomia transitoria (20% dei casi della serie di Oghalai). Essi sono tanto più difficili da compensare quanto più il paziente è fragile o anziano. È spesso in questo contesto che compaiono le complicanze e i postumi più gravi. È opportuno, per prudenza, scegliere dei metodi di gestione non aggressivi oltre i 65-70 anni o nei pazienti fragilizzati, se il tumore invade profondamente la pars nervosa del forame giugulare o, anche, l’endocranio e se non può essere ipotizzabile una chirurgia conservativa. I disturbi respiratori funzionali o in relazione con delle false strade salivari e una sovrainfezione polmonare possono richiedere una tracheotomia di scarico delle vie aeree inferiori (3,3% dei casi di tumori del forame giugulare [1] ). Sul piano vocale e per trattare le false strade, può essere proposta una medializzazione della corda vocale paralizzata [21] .

Paralisi facciale Il rischio di lesione facciale postoperatoria resta importante (16% della serie di Oghalai). Le possibilità di conservazione della funzione facciale sono anche proporzionali alla dimensione della lesione (83% negli stadi I, 100% negli stadi II, 71% negli stadi III e 60% negli stadi IV).

Altre complicanze La mortalità intraoperatoria è in funzione della dimensione tumorale. Nella serie di Woods, i decessi sono dovuti a un’embolia polmonare e a una rottura carotidea intraoperatoria [1] . La complicanza principale resta, tuttavia, la fistola di LCS che rappresenta il 12% dei casi. Il rischio di infezione meningea associato è del 2%. Il rischio vascolare legato alla necessaria dissecazione dell’asse carotideo è importante sulle lesioni di stadio IV o stadio C e D di Fisch. Il rischio di accidente vascolare cerebrale con sequela è del 2%.

 Specificità degli altri tumori del forame giugulare Schwannomi Essi si sviluppano a spese dei nervi misti. Pongono dei problemi diversi da quelli dei paragangliomi. La loro exeresi è più facile in quanto sono poco vascolarizzati e spesso delimitati meglio. Invadono in modo meno sistematico il lume del BG. Tuttavia, la loro exeresi porta costantemente a un deficit funzionale nervoso molto difficile da ipotizzare per dei pazienti che presentano, in più di un quarto dei casi, una funzione nervosa normale o subnormale nel preoperatorio [22, 23] . Da questo punto di vista, l’informazione preoperatoria deve essere molto precisa. Analogamente, l’indicazione chirurgica è pesantemente soppesata in caso di funzione del nervo vago risparmiata. Si è anche molto prudenti nei soggetti anziani e fragilizzati. L’udito e la funzione facciale sono, il più delle volte, normali e l’orecchio medio e l’ACI sono rispettati. La conservazione uditiva e quella facciale sono, quindi, da ricercare, anche in caso di componente molto voluminosa nell’angolo pontocerebellare. Il trattamento in un tempo per via otoneurochirurgica è da privilegiare. La via retrosigmoidea, che offre un buon controllo

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Figura 24. Foto operatoria. Via retrolabirintica destra allargata e meningioma del forame giugulare. Esposizione retro- e sottolabirintica del forame giugulare e del suo contenuto vascolonervoso. Il sacco endolinfatico è stato clippato e conservato e la parte mediale del meato uditivo interno è esposta. 1. Canale semicircolare posteriore; 2. bulbo giugulare; 3. nervo faciale; 4. nervo cocleovestibolare; 5. nervo glossofaringeo; 6. nervo vago; 7. arteria cerebellare anteroinferiore; 8. meningioma.

della fossa posteriore senza permettere di seguire il tumore nel BG e nella regione infratemporale e cervicale, non trova, qui, una buona indicazione. Si sceglie una via d’accesso che non espone l’orecchio medio e che non richiede una deviazione del nervo faciale. Il BG è sacrificato solo se è invaso, come nella chirurgia dei paragangliomi. Si privilegiano dunque: • le vie transpetrose potenzialmente transgiugulari senza deviazione del nervo faciale, ma che comportano un’esposizione retrocervicale. La «via petro-occipito-trans-sigmoidea» descritta da Mazzoni e Sanna in questa indicazione non è, in realtà, che una variante, la cui particolarità è di sacrificare di principio, dividendolo a mezza altezza, il seno sigmoideo per aprire la fossa posteriore e controllare la porzione del tumore sviluppato nell’angolo. Questa divisione non ci sembra necessaria. Una semplice occlusione del seno associata a una via retrolabirintica allargata è sufficiente per questa esposizione, senza che sia necessario incidere la dura madre retrosigmoidea; • le vie neurochirurgiche come la via estrema laterale e derivate: porre in continuità la regione cervicale e la fossa posteriore può, tuttavia, essere fonte di perdita di LCS sotto forma di sacche cervicali che si esauriscono con difficoltà. La dissecazione dell’arteria vertebrale può dare luogo a ferite vascolari potenzialmente gravi. Il carattere spesso limitato in volume dell’estensione cervicale di questi tumori non depone, tuttavia, a favore di un accesso cervicale molto ampio.

Meningiomi Si tratta di tumori infiltranti e di impianto largo, raramente limitati alla regione del forame giugulare. Essi si diffondono molto raramente nella regione cervicale e le vie d’accesso abituali della fossa posteriore (via retrosigmoidea e via translabirintica e retrolabirintica, descritte nell’articolo sulle vie d’accesso al meato uditivo interno [46-010 dell’EMC]) possono essere perfettamente adatte e motivate in funzione del livello uditivo e dell’estensione nella fossa posteriore. Tuttavia, in caso di infiltrazione del BG, può rivelarsi necessario utilizzare le stesse vie d’accesso che per gli schwannomi dei nervi misti [1] . Ci si deve, tuttavia, preparare a far fronte alla loro frequente ipervascolarizzazione e la coagulazione in prossimità dei nervi misti può essere fonte di problemi. La nostra preferenza va, chiaramente, alla via retrolabirintica, salvo in caso di sordità profonda (Fig. 24). EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale

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V. Darrouzet, Professeur des Universités, praticien hospitalier, chef de service ([email protected]). Service d’oto-rhino-laryngologie, Centre hospitalier universitaire de Bordeaux, Hôpital Pellegrin, place Amélie-Raba-léon, 33076 Bordeaux cedex, France. Fédération de chirurgie de la base du crâne, Centre hospitalier universitaire de Bordeaux, Hôpital Pellegrin, place Amélie-Raba-léon, 33076 Bordeaux cedex, France. V. Franco-Vidal, Professeur des Universités, praticien hospitalier. Service d’oto-rhino-laryngologie, Centre hospitalier universitaire de Bordeaux, Hôpital Pellegrin, place Amélie-Raba-léon, 33076 Bordeaux cedex, France. D. Liguoro, Professeur des Universités, praticien hospitalier, chef de service. Service de neurochirurgie A, Centre hospitalier universitaire de Bordeaux, Hôpital Pellegrin, place Amélie-Raba-léon, 33076 Bordeaux cedex, France. J.-P. Lavieille, Professeur des Universités, praticien hospitalier, chef de service. Service d’oto-rhino-laryngologie, Hôpital Nord, chemin des Bourrely, 13915 Marseille cedex 20, France. Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Darrouzet V, Franco-Vidal V, Liguoro D, Lavieille JP. Chirurgia del forame giugulare. EMC - Tecniche chirurgiche - Chirurgia ORL e cervico-facciale 2014;18(1):1-15 [Articolo I – 46-020].

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